I Testi cosiddetti ‘Sacri’ - com’è noto – sono stati curati da numerosi autori quasi del tutto sconosciuti, infatti solo ad alcuni è stata attribuita una fonte (non verificabile); le religioni, è bene dirlo, hanno provveduto nel tempo a selezionare a proprio arbitrio i reperti più svariati sebbene riguardanti protagonisti comuni, portando alla conoscenza dei propri credenti, contributi e storie diverse; in questo modo, ciò che per taluni rappresenta, e ha rappresentato nei secoli, oggetto di devozione, per altri non è, e non è stato, che materiale inutile e privo di valore, quando non del tutto fuorviante (apocrifo). Nell’affrontare queste letture ho così cercato di liberarmi da ogni pregiudizio, da ogni suggerimento che provenisse da conoscenze acquisite. Robert Bauval, autore con Sandro Zicari del bel libro Eresia Vaticana, ci parla di un mullah ‘ignorante’(qui il video )* che, nell’osservare il logo di una compagnia aerea saudita aveva individuato un preciso riferimento alla cristianità. La Croce dei cristiani era stata riprodotta e mescolata in mezzo ad altri tratti del disegno che riproduceva il simbolo identificativo sulla carlinga di ogni velivolo e su ogni singolo depliant informativo. Non appena il padrone della compagnia, di fede islamica, venne a conoscenza del fatto non esitò a rimuovere quel segno sacrilego da tutti i supporti su cui era stato così abilmente mimetizzato.
Robert BauvalAnch’io mi sono rivolto alle sacre scritture ebraiche con lo stesso piglio del mullah ‘ignorante’, spogliandomi di ogni concezione, di ogni opinione qualificata, di ogni abito culturale che potesse indurmi ad una lettura orientata. Così facendo ho ridotto i condizionamenti che avevano forse ingannato milioni di sguardi distratti, e così facendo non ho potuto esimermi dal notare che questi Testi tanto diffusi nel mondo, assieme a una consistente parte redatta in lingue più volte tradotte, modificate ed interpretate, hanno conservato inalterata la loro parte numerica. Ho cominciato allora a considerare le scritture bibliche come un preciso codice alfa-numerico nel quale solo la parte cifrata si era mantenuta immutata nel tempo, a prescindere dalla versione proposta/imposta dagli esegeti di turno. Che gran parte dei testi biblici riportino sequenze di cifre è un dato incontestabile, un po’ meno scontato è invece il fatto che , tali codici e numeri,facciano riferimento a concetti e rappresentazioni astronomiche. Non si tratta tuttavia di rapporti dedotti a posteriori, ma di correlazioni esatte che, proprio in virtù della loro precisione, fungono da riscontri assoluti. Si può dire infatti che l’esatta corrispondenza di un numero con una misura astronomica possa essere dovuta al caso? Gli statistici sanno bene che, quando la probabilità che si verifichi un dato evento è infinitesimale, ci si deve razionalmente porre il dubbio che non si tratti di coincidenza ma, semmai, di inadeguatezza dei nostri procedimenti di stima. Alcuni in realtà hanno intuito la possibilità che vi siano relazioni importanti fra le numerose sequenze di cifre riportate nei passi biblici, ma a quanto mi risulta nessuno pare aver spinto le proprie indagini fino alle dimostrazioni. Il mio lavoro si è svolto nel segno di questa necessaria obiettività di giudizio.
Nelle analisi raccolte in questo saggio ho cercato di innestare al corpo di testi alfa-numerico una chiave logica, giungendo alla conclusione che, lungi dal rappresentare quantità casuali, le cifre riportate in alcuni libri (Genesi, Numeri), spesso attribuite a età di individui (anziani) o a censimenti di persone, forniscano in realtà codici astronomici di movimenti planetari significativi per la cultura ebraica (come traiettoria e durata di particolari fenomeni lunari) e strettamente correlati al ciclo precessionale degli equinozi. Ho inizialmente concentrato ogni indagine intorno alla questione dell’età dei patriarchi antidiluviani* (vedi successivo paragrafo: La trecentosessantesima parte del ciclo precessionale degli equinozi), individuando immediatamente una cifra precisa. Mi ha sorpreso soprattutto il fatto che tale calcolo, per quanto banale ed intuitivo, non sia mai stato menzionato in opere di genere analogo (e a quanto mi risulta nemmeno di genere diverso.) Il numero di cui detto sopra, quello ricavato da una calcolo elementare, rappresenta la durata della trecentosessantesima parte del ciclo precessionale degli equinozi (i1 grado), che per cultura ebraica, com’è risaputo, è un fenomeno cosmico di imprescindibile importanza. Per rispetto alla matematica, devo tuttavia precisare che, tale numero è stato calcolato successivamente (nel paragrafo dedicato al Salmo 90), in rapporto alla misura del giorno solare differente di soli trentasette secondi rispetto a quella rilevata nella nostra epoca. Il fatto che gli sconosciuti autori dei testi biblici, si siano premurati di criptare un valore numerico (per loro assai significativo) non può esser messo in dubbio, tant’é che esso ricorre con la stessa precisione anche nel libro dei Numeri. Su entrambi i testi, la medesima misura compare quindi in forma criptata e somigliante al punto da risultare pressoché sovrapponibile. Il vero mistero, allora, diventa quello di capire come sia stato possibile che nessuno studioso se ne sia mai accorto prima. Su questa misteriosa cifra (‘misteriosa’ poiché gli autori dei testi biblici hanno inteso nasconderla anziché riportarla esplicitamente) occorre chiarire i motivi per i quali non può essere il risultato di un’operazione casuale:
Primo motivo: la somiglianza del dato astronomico effettivo
rilevato con strumenti moderni, col dato riportato nei testi è sorprendentemente
precisa.
Secondo motivo: La cifra in questione ritorna puntualmente in altri testi (Numeri, Salmi, Seconda Lettera di Pietro). Nel libro dei Numeri, ad esempio, essa compare nel secondo dei due censimenti della popolazione israelita. Anche qui, l’espediente del ‘censimento’ sembra solo un pretesto per sigillare, entro formule criptate di matrice alfa-numerica, quantità esatte da porre in relazione fra loro. Solo questo fatto mostra che, pur con reperti provenienti da fonti disgiunte, gli autori si rifacessero ad un unico metodo di rilevazione. Oggi sappiamo che questo metodo si attiene al criterio più semplice adottato per l’osservazione e lo studio del movimento ciclico della precessione degli equinozi. Nelle pagine del sito di Adriano Gaspani ho riportato alcune informazioni fondamentali per capire cosa effettivamente sia il fenomeno astronomico della precessione degli equinozi e attraverso quali criteri lo si rilevi al giorno d’oggi .
Nella tabella successiva ho
elencato quattro esempi di cifre estrapolate dalla rete. Come vedremo, nessuna
di esse corrisponde alla misura riportata nei testi biblici.
I dati della rete
Sito durata del ciclo precessionale
(in anni solari) 1/360
www.centrometeo.com 25.800 anni (circa) 71, 666...(periodico)
www.astronomia.com 25.785
anni 71,6275…
wikipedia 25.765
anni 71,569444
www.oagenova.it
(pdf. Pg.7) 25775 anni 71,597222
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Gli anni dei patriarchi antidiluviani
Quando si parla di età dei patriarchi antidiluviani ci si
riferisce solitamente a una serie di dieci cifre al cui significato è stato più
volte conferito un senso razionale ma de tutto vago. I traduttori del testo biblico della
CEI, così come in altre edizioni, affermano chiaramente che quei valori sono da
intendersi soltanto come attributi di ‘grande longevità’.
La nota 5 a pag.
17 della - Bibbia versione CEI, Ediz. San Paolo 1989, riporta le seguenti
parole: “I numeri usati nella Bibbia, come questi, indicano la longevità straordinaria
attribuita ai patriarchi anteriori al diluvio e non sono da prendere nel loro
valore reale.”
- E ancora dalla
versione CEI - VII ediz a cura della UECI Edizioni Paoline 1980, nota 5 a pag 5
: “...Le cifre degli anni non hanno valore cronologico ma esprimono una grande
longevità secondo un criterio che finora ci sfugge.”
Fin dal primo
momento mi sembrò del tutto ovvio che tali numeri fossero da mettere in
relazione con un coefficiente, un comune denominatore che bisognava individuare
in via prioritaria se si voleva venire a capo della questione. La procedura del
computo temporale adottata dagli antichi astronomi e trascritta dagli autori
sconosciuti dei testi biblici, utilizzava dunque una rappresentazione dilatata
dell’anno solare, nel senso che ogni anno propriamente detto era
convenzionalmente suddiviso in una precisa quantità parti da cui si poteva
ricavare la durata di altri anni denominati ‘piccoli’.
In questo passaggio ho voluto semplicemente riproporre
all’attenzione del lettore i termini di una questione teologicamente rimasta in
sospeso, in quanto ho ritenuto del tutto sconveniente, sotto il profilo
scientifico-aritmetico, l’idea che tali cifre non volessero significare nulla
.
Età dei
patriarchi antidiluviani (Genesi:
5)
Nome
Età Età del concepimento ……………………………… del primo figlio
Adamo
930 ……………130
Set 912 …………... 105
Enos 905 …………...
90
Kenan 910 ……………
70
Malaleel 895 ……………
65
Iared 962 ……………162
Enoch 365 …………… 65
Matusalem 969 ……………187
Lamech 777 ……………182
Noè 950 (all’inizio del DU Noè aveva 600 anni)
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Tempo totale dalla nascita di Adamo alla morte di Noè = 8575 anni
Gli antichi autori della Bibbia, osservatori e attenti relatori di quanto accadesse nel cielo, dati alla mano conoscevano bene il fenomeno della precessione degli equinozi. Che conoscessero il fenomeno della precessione degli equinozi e che lo misurassero con precisione nella quantità di 25725 è dimostrato dalla relazione 8575 / 120 , tratta da Genesi 5 ( Sommatoria età patriarchi = 8575 e Genesi 6; 3-4 = 120) che abbiamo inteso indicare la durata esatta (anni 71,45833333…) della trecentosessantesima parte del ciclo precessionale, lungo - come detto - 25725 anni.
La relazione a cui ho fatto cenno, ben
delineata nei numeri riportati in Genesi 5 e Genesi 6, ci induce a considerare, come misura
conosciuta dagli antichi, la quantità di 25725 anni solari. Questo numero, basato
sul principio dell’immobilità del polo dell’Eclittica (e non quello della sua
variazione, scoperto in tempi recenti e di cui non risulta traccia nelle Sacre
Scritture) indica che il criterio è frutto dell’ingegnosità umana e non di
intelligenze aliene, le quali, muovendosi nello spazio, non avrebbero
certo potuto ignorare la dinamica esatta
dei sopra citati movimenti astrali.
Che piaccia o no, dobbiamo quindi accettare l’idea che il calcolo degli antichi astronomi fosse frutto della loro competenza e non di entità venute da chissà dove. Ben più difficile è di sicuro sostenere l’idea che la scoperta e il calcolo di simili cicli temporali si siano potuti realizzare grazie alla competenza di solerti osservatori che si sono anzitutto preoccupati di tenere archivi dettagliati di una minuziosa documentazione tecnica. Per l’uomo moderno risulta difficile, se non impossibile, immaginare che in epoche tanto remote gli uomini sapessero seguire lo spostamento impercettibile di una costellazione, o di un pianeta. Se pensiamo al fenomeno della precessione degli equinozi e alla sua durata (stimata nella misura di quasi ventiseimila anni solari), in molti, fra studiosi e astronomi, danno per scontato che nessuno avrebbe avuto i mezzi per scoprirlo in una data antecedente a quella ufficiale (127 AC.)
In sostanza, gli ‘esperti’ del nostro secolo, quasi all’unanimità, concordano fra loro nell’affermare che, per registrare con precisione un movimento così lento, ed oltretutto nel corso di poche decine di anni, sarebbero necessari strumenti estremamente sofisticati, e che questi non fossero noti agli antichi astronomi. Tale idea, spesso sostenuta da esimi cattedratici, ha dato adito alle ipotesi più svariate riguardo la possibilità di vita aliena sul nostro pianeta poiché - secondo molti - soltanto attraverso la trasmissione diretta di informazioni, le antiche civiltà terrestri avrebbero potuto registrare con precisione simili misurazioni astronomiche. Sappiamo che oggi, questa convinzione, con tutti i suoi limiti scientifici, fertilizza e incentiva un commercio editoriale redditizio, quindi non deve stupire la messa al bando dei testi e delle idee di Giorgio de Santillana, uno dei primi ad affermare la possibilità che calcoli e misure scoperte dagli antichi studiosi dei cieli siano da attribuirsi alla semplice capacità di osservare i moti delle stelle, a patto che, gli osservatori in questione, fossero stati in grado, non solo di tenere dati e misure in memoria, ma anche di preservare le documentazioni da possibili tentativi di occultamento. La vera abilità andrebbe, a mio avviso, cercata proprio nelle tecniche di criptazione adottate e non tanto nella tecnica di osservazione, la quale in realtà, non sembra affatto complicata. Essa si fondava anzitutto sul sorgere eliaco delle stelle, elemento fondamentale dell’astronomia babilonese, e necessitava del riferimento fisso rappresentato dalla linea dell’orizzonte (il telescopio degli antichi); se quindi ci si accorgeva che una certa stella, solitamente presente all’alba equinoziale, non era più visibile in quel dato giorno dell’anno, significava che gli ‘ingranaggi’ del cielo si erano spostati, ovvero, che la terra non compiesse solo un movimento di rotazione attorno al proprio asse ma anche qualcos’altro. Se, quindi, questa stella apparteneva ad una configurazione zodiacale voleva dire che il sole equinoziale stava lentamente entrando in un’altra figura. Ciò suggerisce che nell’antichità erano ben consapevoli dello spostamento della stella polare e che, quelle civiltà, erano già perfettamente capaci di mettere in relazione i diversi movimenti del nostro pianeta. Su questo punto gli specialisti moderni sono entrati in gran confusione. Anche Giorgio de Santillana sembra sostenere
l’incapacità da parte degli antichi di comprendere cose simili, più
probabile, semmai, che essi potessero soltanto descrivere ciò che vedevano
adoperando un linguaggio specifico. Fermo restando ciò, dobbiamo solo
ipotizzare che in un arco di tempo di 1000 anni, gli antichi osservatori del
cielo fossero riusciti a distinguere un moto che copre un angolo di circa quattordici
gradi, individuando, nel quotidiano ruotare del cielo intorno al polo, una
serie di fenomeni e soprattutto una zona contrassegnata dal cono giroscopico descritto dal lentissimo
movimento precessionale, che non fa riferimento ad alcuna stella, come avviene
per l’asse di rotazione terrestre ma, rispetto a quest’ultimo moto, considerato
assai più stabile. Nella loro mente presero forma allora le simmetrie
meccaniche, la ‘macchina del tempo’ o, come diceva Platone l’ ‘immagine mobile
dell’eternità’.
Questa macchina del tempo poteva quindi essere contrassegnata da stazioni importanti per effetto dello spostamento continuo dell’equatore celeste causato dal moto giroscopico. Le due circonferenze delimitate dallo spostamento dell’equatore celeste, si intersecano dunque in due punti opposti, detti equinoziali, i punti cioè in cui sorge il sole nei due equinozi dell’anno. Il sole pertanto, percorrendo l’eclittica nel corso dell’anno, incontra l’equatore celeste in un punto che col passare degli anni si sposta lungo la fascia dei segni zodiacali. Il fenomeno così descritto da Giorgio de Santillana ( Il mulino di Amleto – Adelphi Editore) è chiamato quindi ‘precessione’, perché i segni zodiacali si muovono in senso contrario a quello stabilito dal sole nel percorso annuale. La moderna concezione scientifica in seguito, ha spogliato il fenomeno della precessione dai suoi grandiosi e antichi significati, riducendola a una questione di poco conto. E’ bene ribadire tuttavia, che in passato le cosa erano viste in maniera diversa, non solo questi moti delle stelle (in realtà dell’asse terrestre) erano importanti, ma ci si poneva anche lo scrupolo di tramandarli alle generazioni successive, per questo motivo li si concepì, non come incomprensibili strutture astronomiche (come si fa oggi, dove occorrono specialisti del ramo per capire certe formule), ma nella forma di poemi che, attraverso un linguaggio perfettamente accessibile alla gente comune, narrassero cicli di regni e di sovrani , storie di uomini e di dèi impegnati in una sempiterna lotta per la successione.
Ma veniamo al calcolo aritmetico propriamente detto. Nella Bibbia masoretica (ma anche nelle altre), la somma delle età dei discendenti adamitici, Noè incluso, è uguale a 8575 anni. Se però andassimo a leggere un po’ più avanti, Genesi 6; 3-4 , troveremmo immediatamente l’altra cifra della relazione che ci riporta al numero indicato nei Testi. Genesi 6, 3: “Allora il Signore disse: il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni.” Il numero da dividere alla somma delle età dei patriarchi antidiluviani è allora il centoventi (8575:120=71,458333…) e il risultato di questo rapporto moltiplicato per 360 (gradi) ci fornirà con estrema precisione il valore di 25725 anni (e non 25784 anni). Ciò basta, e avanza, per dimostrare quanto affermato in precedenza.
Charles Percy Snow, nel sul libello Le due culture, denunciava un grave handicap della cultura occidentale. Egli sottolineava in senso critico l’antagonismo fra intellettuali umanisti e ‘scientisti’, ciascuno dei quali riteneva (sbagliando) che il proprio indirizzo costituisse la ‘totalità’ della cultura. Egli racconta del saccente sarcasmo degli intellettuali di formazione umanista verso quegli scienziati che non avevano mai letto opere fondamentali della letteratura inglese. Essi venivano liquidati come ‘perfetti ignoranti’. Charles Snow , sentendo forse di far parte di questi ultimi, sosteneva invece che l’ignoranza dei letterati di stampo umanista non fosse meno sorprendente. Così scrive ne Le due culture ( C. P.Snow, Marsilio editore 2005) : “ ...un paio di volte mi sono indignato e ho chiesto alla compagnia (di letterati umanisti) quanti di loro se la sentivano di spiegare cosa fosse la seconda legge della termodinamica. La risposta era fredda ed altresì, negativa. Eppure chiedevo qualcosa che è l’equivalente di ‘avete mai letto un’opera di Shakespeare ?’. Credo che se avessi fatto una domanda ancor più semplice – per esempio: ‘che cosa sapete della massa e dell’accelerazione?’ Che è l’equivalente scientifico di : ‘Sapete leggere?’ non più di una su dieci, di quelle persone (che si reputava) di elevata cultura mi avrebbe saputo rispondere. Compresi che la maggioranza delle persone (che si reputano) più intelligenti del mondo occidentale capiscono di scienza quanto un loro antenato dell’età neolitica.” Charles Snow in pratica riteneva un intellettuale che non conosce Shakespeare al pari di uno che non conosce il secondo principio della termodinamica.
In virtù di quanto affermato in precedenza, in senso fortemente provocatorio, mi domando io: agli albori del terzo millennio può ritenersi colto un letterato che non ha mai sentito parlare del fenomeno della precessione degli equinozi può ritenersi credibile ? Oppure deve esser posto alla stregua di un intellettuale che non ha mai letto un solo capitolo della Bibbia? La luna e la terra, col suo ciclo precessionale o con quello di rivoluzione intorno al proprio asse e intorno al Sole, rappresentavano fenomeni molto importanti per le antiche civiltà. Nulla di strano che i nostri antenati intendessero studiarne e descriverne i moti; non deve sorprendere pertanto che avessero imparato a suddividere e calcolare i loro movimenti in virtù dello spostamento (angolare) degli astri. Dobbiamo credere allora che essi conoscessero bene la corrispondenza temporale di un grado rispetto al ciclo precessionale, al moto di rivoluzione della terra intorno al sole o persino a quello della luna intorno alla terra, la durata cioè di un trecentosessantesimo di un anno o di una lunazione (tab 01).
*..You Tube: Robert Bauval racconta l’episodio del mullah 'ignorante'
https://www.youtube.com/watch?v=XBrcN2kJmeE ( al punto 4:24, circa)
Siete sicuri che la parte cifrata è identica nella versione masoretica, così come nella versione dei settanta? e in tutte le altre?
RispondiEliminaDalla versione masoretica a quella dei septuaginta rispetto i brani da noi esaminati (quelli cioè di cui scriviamo in questo sito) non vi sono differenze eccezione fatta, mi sembra di ricordare, per l'età di Enoch. Per il resto, sempre in relazione a quanto da noi esaminato, abbiamo comparato oltre alle due versioni che ha gentilmente citato lei, la vulgata latina e il pentateuco samaritano, nelle loro scritture originali, visto che a noi interessavano esclusivamente i numeri e non occorrevano i significati della porzione alfabetica.
RispondiEliminaVi sono inoltre delle modificazioni nelle ultime versioni della traduzioni Cei, di cui ho notizia ma che non ho ancora preso in visione. Queste modifiche sui numeri sarebbero giustificate con l'esigenza di correggere errori evidenti in senso matematico. Secondo noi, ciò è scorretto.
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