venerdì 29 luglio 2022

Beata ignoranza

 

 

atzorifabio64@gmail.com

                                                 Il mullah dallo sguardo puro

    I  Testi cosiddetti ‘Sacri’ - non ci stancheremo mai di ripeterlo  - sono stati curati da numerosi autori quasi del tutto ignoti; secondo alcuni essi sono ancora e del tutto sconosciuti, mentre secondo altri studiosi, verosimilmente di estrazione religiosa, gli antichi redattori hanno/avrebbero attinto le loro informazioni da fonti precise; le religioni hanno così provveduto ad operare selezioni secondo una logica arbitraria, anche se le narrazioni hanno spesso riguardato protagonisti comuni. Sono stati dunque portati alla conoscenza dei  credenti, contributi e storie diverse, cosicché ciò che per taluni rappresenta, e ha rappresentato nei secoli, oggetto di devozione, per altri non è che materiale inutile e privo di valore, quando non del tutto fuorviante (apocrifo).   

   Nell’affrontare queste letture ho così cercato di liberarmi da ogni pregiudizio, da ogni suggerimento ricavato da conoscenze acquisite in precedenza.Robert Bauval , autore con Sandro Zicari del bel libro ‘Eresia Vaticana’, ci parla di un mullah ignorante* che, nell’osservare il logo di una compagnia aerea saudita aveva individuato un preciso riferimento alla cristianità ( The Saudia Arabia logo debacle.) La Croce dei cristiani era stata riprodotta e mescolata ad arte in mezzo ad altri tratti del disegno che riproduceva il simbolo identificativo sulla carlinga di ogni velivolo e su ogni singolo depliant informativo. 

Non appena il padrone della compagnia, di fede islamica, venne a conoscenza di questo fatto, non esitò a rimuovere il 'sacrilego segno' da tutti i supporti su cui era stato così abilmente mimetizzato. Anch’io mi sono rivolto alle sacre scritture ebraiche con lo stesso piglio del mullah ignorante, spogliandomi di ogni concezione, di ogni opinione qualificata, di ogni abito culturale che potesse indurmi ad una lettura orientata. Così facendo ho cercato di ridurre i condizionamenti che avevano ingannato milioni di sguardi e, così facendo, non ho potuto esimermi dal notare che questi testi tanto diffusi nel mondo, assieme a una consistente parte redatta in lingue più volte tradotte, modificate ed interpretate, hanno conservato inalterata la loro parte numerica. Ho cominciato allora a considerare  le scritture bibliche come un preciso codice alfa-numerico nel quale solo la parte cifrata si era mantenuta immutata nel tempo, a prescindere dalla versione proposta/imposta dagli esegeti di turno.

   Che gran parte dei testi biblici riportino sequenze di cifre è un dato incontestabile, un po’ meno scontato è invece il fatto che, tali codici e numeri, facciano riferimento a concetti e rappresentazioni astronomiche. Non si tratta tuttavia di rapporti dedotti a posteriori, ma di correlazioni esatte che, proprio  in  virtù della  loro precisione, fungono  da  riscontri assoluti. Si può dire infatti che l’esatta  corrispondenza di un numero possa essere dovuta al caso? Gli statistici sanno bene che, quando la probabilità che si verifichi un dato evento è infinitesimale, ci si deve razionalmente porre il dubbio che non si tratti di coincidenza ma, semmai, di inadeguatezza dei nostri procedimenti di stima. Alcuni in realtà hanno intuito la possibilità che vi siano relazioni importanti fra le numerose sequenze di numeri menzionati nei passi biblici, ma a  quanto mi risulta nessuno pare aver spinto le proprie indagini fino alle dimostrazioni. Il mio lavoro si è svolto nel segno di questa necessaria obiettività di giudizio.

    Nelle analisi raccolte in questo saggio ho cercato di innestare al corpo di testi alfa-numerico una chiave raziocinante, giungendo alla conclusione che, lungi dal rappresentare quantità casuali, i numeri riportati in alcuni libri (Genesi, Numeri), spesso attribuiti a età di individui (anziani) o a censimenti di persone, forniscano in realtà misure astronomiche di movimenti planetari significativi per la  cultura ebraica (come traiettoria  e durata di  particolari fenomeni lunari) e strettamente correlati al ciclo precessionale degli equinozi. Ho inizialmente concentrato ogni indagine intorno alla questione dell’età dei patriarchi antidiluviani individuando immediatamente una cifra precisa.

    Mi ha sorpreso soprattutto il fatto che tale calcolo, per quanto banale ed intuitivo, non sia  mai stato accennato  in opere di genere  analogo (e a quanto mi risulta nemmeno di genere diverso.)  Il numero di cui detto sopra, quello ricavato da una calcolo elementare, rappresenta la durata della trecentosessantesima  parte del ciclo della precessione degli equinozi (i1 grado), che per cultura ebraica, com’è risaputo, è un fenomeno cosmico di imprescindibile importanza. Per rispetto della matematica, devo tuttavia precisare che tale numero, la misura del grado precessionale, sia stato calcolato grazie alla misura del giorno solare differente di un solo  secondo rispetto a quella rilevata nella nostra epoca, attraverso cioè  criteri e strumenti moderni. Il fatto che gli sconosciuti autori dei testi biblici si siano premurati di criptare un valore numerico (per loro assai significativo) non è minimamente messo in dubbio, tant’é vero che esso ricorre con la stessa precisione anche nel libro dei Numeri. Su entrambi i testi, la medesima misura compare in forma criptata e somigliante al punto da risultare quasi sovrapponibile. Il vero mistero, allora, diventa quello di capire come sia stato possibile che nessuno se ne sia mai accorto prima. Su questa misteriosa  cifra (‘misteriosa’ poiché  gli  autori  dei testi  biblici  hanno  inteso nasconderla anziché riportarla esplicitamente) occorre chiarire i motivi per i quali non può essere il risultato di un’operazione casuale:

Primo motivo: la somiglianza del dato astronomico effettivo rilevato con strumenti moderni, col dato riportato nei testi, è sorprendente.

Secondo motivo: La cifra in questione ritorna puntualmente in altri testi (Numeri, Salmi, Seconda Lettera di Pietro). Nel libro dei Numeri, essa compare nel secondo dei due censimenti della popolazione israelita. Anche qui, l’espediente del ‘censimento’ sembra un pretesto per sigillare, entro formule criptate di matrice alfa-numerica, quantità precise da porre in relazione fra loro. Solo questo fatto mostra che, pur con reperti provenienti da fonti disgiunte, gli autori si rifacessero ad un unico metodo di rilevazione o avessero attinto informazioni tecniche da una fonte comune. Oggi sappiamo che  questo metodo  si  attiene  al criterio più  semplice adottato  per  l’osservazione  e  lo  studio  del  movimento ciclico  della precessione degli equinozi.

      Nelle precedenti pagine ho riportato alcune informazioni fondamentali per capire cosa effettivamente rappresentasse il fenomeno della precessione degli equinozi e attraverso quali criteri lo si rilevi al giorno d’oggi (Il paragrafo  è tratto dal sito dell’astronomo Adriano Gaspani).

Nella tabella conclusiva ho elencato quattro esempi di cifre estrapolate dalla Rete. Come vedremo, nessuna di esse corrisponde alla misura riportata nei testi biblici. 

 

 

                                                                   I dati della Rete

 

Sito              durata del ciclo precessionale (in anni solari)         1/360

 

www.centrometeo.com          25.800 anni (circa)           71, 666...(periodico)

www.astronomia.com          25.785 anni                     71,6275…

wikipedia                           25.765 anni                      71,569444      

www.oagenova.it (pdf. Pg.7)  25775  anni                      71,597222

 

 

  

    La prima delle domande che mi son venute in mente dopo aver preso visione dei dati pubblicati in Rete, è perché vi siano misure tanto diverse per la classificazione di uno stesso fenomeno, che, da perfetto ignorante, avrei creduto essere uguali, a prescindere dal sistema di rilevazione utilizzato. Oltretutto, i siti da me consultati, sono spazi gestiti da professionisti, non da dilettanti!

 

     Forse non sono stato il solo a pormi certe domande, o forse qualcosa mi sfugge rispetto all’efficacia e alla modalità di utilizzo degli strumenti di rilevazione moderni. Magari le mie perplessità non sono neppure pertinenti agli occhi di un astronomo. Nonostante ciò, ho comunque provato a formulare delle risposte, un po’ per colmare la mia ignoranza, un po’ per portare all’attenzione comune questioni che non sono solo personali ma che potrebbero riguardare molti, fra i non addetti ai lavori. Mi perdonino, dunque, gli specialisti per le mie approssimazioni, per il mio puerile interesse verso questioni legate alla conoscenza dei criteri operativi dell’astronomia. Devo dire subito che, nel valutare la scarsa corrispondenza di misurazioni che credevo coincidenti,  mi è balenato il dubbio fossero state rilevate in modo sì preciso, ma in un lasso di tempo alquanto ridotto. Mettiamo che, ad esempio, le misurazioni fossero state effettuate su un arco spaziale di pochi gradi. Ricordo che un solo grado del ciclo precessionale dura la bellezza di circa settantadue anni. Per capire i miei dubbi occorre sapere dunque se gli astronomi nel misurare la velocità, si sono serviti di un tempo relativamente breve, tuttavia sufficiente – coi mezzi a loro disposizione - per calcolare la velocità effettiva dello spostamento assiale della terra. Se, tanto per fare un esempio, essi avessero valutato questa velocità su una porzione uguale a un trentaseiesimo dell’intero ciclo precessionale, cioè sull’arco di  dieci gradi, potremmo supporre abbiano eseguito una semplice moltiplicazione per ottenere poi la velocità del moto assiale terrestre nel corso dell’intero ciclo. La velocità del ciclo completo della precessione degli equinozi, in questo caso, sarebbe stata calcolata ipotizzando che questo movimento fosse, per l’appunto, costante. Sempre a titolo di esempio, supponiamo adesso che in soli dieci gradi d’arco il rapporto spazio/tempo (velocità) fosse durato 712 anni solari, per calcolare la velocità corrispondente al ciclo completo della precessione degli equinozi basterebbe moltiplicare, quella velocità, per 36, essendo i dieci gradi presi in esame, un trentaseiesimo esatto dell’angolo giro. Di conseguenza , in virtù di quest’operazione,  per 712 anni otterremmo un ciclo di 25.632 anni; per 715 anni uno di 25740; o per 716 anni un ciclo di 25.776 anni. Ciò suggerisce in modo inequivocabile e per dar fede ai solerti astronomi che, ogni volta che si è applicata la suddetta  rilevazione, si sono ottenute stime diverse a fronte di un movimento che per il vero non è costante, ma che invece varia nel tempo. In base alle simulazioni la cosa appare perfettamente plausibile, considerando che il pianeta è sempre stato soggetto a una serie di influssi esterni, specialmente di natura gravitazionale e non sempre accertabili. Dato che, allora, l’intervallo temporale preso in esame da ogni osservatorio, sia stato  molto più breve dei dieci gradi e che ognuno avesse operato in autonomia dagli altri, possiamo immaginare che, una volta applicata la necessaria moltiplicazione, i risultati  ottenuti in scala precessionale abbiano fornito misure discrepanti, esattamente come rilevato dai dati della Rete. Il fatto non palesato, ma forse per gli esperti del tutto implicito, è dunque la variabilità del moto dell’asse terrestre. In pratica, il calcolo della durata di un ciclo precessionale (con la sua velocità) ci fornisce dati virtuali e non effettivi, mentre apparedel tutto reale la misura della velocità dell’asse, rilevata in una piccola porzione del ciclo.  


*..You Tube: Robert Bauval racconta l’episodio del mullah ignorante

https://www.youtube.com/watch?v=XBrcN2kJmeE  ( al punto 4:24, circa)

 

domenica 10 luglio 2022


                                          Confronto  fra criteri differenti

    -      Il criterio teologico-allegorico .                                                                                                                                               -     Il  criterio (della traduzione) letterale.                                                                                                                                           -     Il  criterio matematico        


 
     Di fronte ai testi dell’ Antico e del Nuovo Testamento, il comune lettore, l’intellettuale di spicco o anche il semplice credente, fino a poco tempo fa non si poneva alcun dubbio: il corpo degli Scritti Sacri, di qualsivoglia confessione lo si volesse considerare, raccoglieva un insieme di reperti di difficile comprensione e, come tale, da valutare solo in forma simbolica; nessuno tuttavia sospettava che i numeri presenti in gran quantità fra le righe del testo, potessero ricondurre a dati di carattere scientifico ed in pratica, benché il testo alfabetico raccontasse vicende di uomini e dèi, l’intero corpo di letture andasse visto e considerato anche in valenza allegorica con riferimento diretto al cosmo a noi più prossimo. Ad allontanare il sospetto che i Sacri Testi potessero nascondere informazioni astronomiche di una certa rilevanza, ci ha pensato il cattolicesimo. Spesso l’uomo di fede, ma con lui anche il laico, si è affidato alle indicazioni rilasciate dagli esegeti ‘qualificati’ senza mai scostarsi dalla loro visione d’insieme, dalla loro puntuale interpretazione degli eventi descritti. Dagli anni Cinquanta si è imposta però all’attenzione pubblica una nuova e differente procedura analitica, volta ad escludere le priorità metodologiche adottate nelle epoche precedenti e a dettare i criteri di una formula operativa del tutto originale. Seppur con enormi contraddizioni questo metodo, da noi definito ‘letterale’, ha promosso a criterio d’indagine, la traduzione realistica e il significato alla lettera delle Scritture, senza dire però che, vista la struttura altamente malleabile del testo originale, quella proposta era una fra le variabili possibili, e non la sola.  Così facendo questa categoria di traduttori, restii a definirsi interpreti, hanno sollevato una bufera di critiche anche se, a ben vedere, non gli si può negare l’indiscusso merito di aver posto per la prima volta, inamovibili paletti alla pretesa di autorità che la procedura teologica si era arrogata nei secoli precedenti. In sostanza, l’opera dei ‘traduttori letterali’ ha decretato con cognizione di causa, alcuni elementi sconcertanti, tenuti fino a quel momento prudentemente celati. Essi hanno affermato che, benché le interpretazioni rivendicassero valore di universalità, i testi biblici  in realtà non fossero costituiti da un corpo omogeneo  di narrazioni redatte  nello  stesso periodo  o  da  un medesimo autore, e che venissero dunque rivisitati e tradotti arbitrariamente secondo l’utilità del momento; d’altra parte l’ebraico antico, linguaggio sprovvisto di vocali, si prestava favorevolmente a questo scopo. Il risultato della vasta gamma di versioni proposte dalle specifiche confessioni religiose, ha privato i testi della necessaria attendibilità, cosicché ciò che per taluni era ed è oggetto di venerazione, per altri è stato considerato superficiale, quando non del tutto inutile e, per l’appunto, apocrifo.

   Le traduzioni letterali hanno quindi messo in chiaro questo fatto ed hanno scoperto il nervo sensibile dell’approccio teologico, anche se, rispetto ad alcune incognite, specialmente quelle di carattere numerico, anch’esse non sono state capaci di  fornire soluzioni soddisfacenti. Di fronte al dato aritmetico la traduzione letterale, anziché costruire una prospettiva e un indirizzo univoco, si è persa in descrizioni incoerenti quando non addirittura ridicole, mettendo a nudo l’iniquità dei propri criteri e una imbarazzante inadeguatezza analitica nel tentativo di rappresentare un contesto ambientale realisticamente possibile. 



                                                    Il criterio che sfugge

 Per meglio comprendere il nocciolo della questione è d’obbligo ricordare i termini di una vecchia diatriba rispetto il significato delle età dei patriarchi antidiluviani. Come tutti sanno, riguardo a questo enigma storico, gli esperti chiamati in causa non sono stati in grado di fornire risposte efficaci. Quando si parla di età dei patriarchi antidiluviani ci si riferisce solitamente a una serie di dieci cifre il cui significato è stato più volte interpretato in maniera vaga, quando non del tutto ignorato. In una nota del testo biblico divulgato dalla CEI, così come in altre edizioni, i traduttori affermano chiaramente che in riferimento alle età dei discendenti adamitici, quei valori sono da intendersi come attributi di ‘grande longevità’. La nota 5 a pag. 17 della - Bibbia versione CEI, Ediz. San Paolo 1989, riporta infatti le seguenti parole: “I numeri usati nella Bibbia, come questi, indicano la longevità straordinaria attribuita ai patriarchi  anteriori  al diluvio  e  non  sono da prendere nel loro valore reale”. E ancora dalla versione CEI - VII ediz a cura della UECI Edizioni Paoline 1980, nota 5 a pag 5 : “...Le cifre degli anni non hanno valore cronologico ma esprimono una grande longevità secondo un criterio che finora ci sfugge.” 

  A questo atteggiamento di rinuncia, alcuni traduttori letterali hanno contrapposto una decisa formula ultra-realistica in cui l’ipotesi che Adamo possa aver vissuto davvero per un tempo lungo la bellezza di novecentotrenta anni solari, è stata  ritenuta ‘altamente probabile’ e motivata con la bizzarra  idea che il suo codice genetico fosse stato mescolato con quello di una specie affine dalle potenzialità vitali amplificate (Mauro Biglino, Pietro Buffa et al.) Questi studiosi, nonostante tutto possiamo chiamarli così, per far passare una simile conclusione, sovente si sono appellati all’approssimazione di elementi scientifici in fase di  sperimentazione, o addirittura solamente teorizzati, ignorando che la Scienza, quella vera, non si esprime per ipotesi ma per verifiche, in virtù delle quali l’eventualità che un essere umano possa vivere in questo pianeta per più di centoventi, centoventicinque anni solari, non è stata mai comprovata da elementi registrati ufficialmente, o conseguiti, per l’appunto, in via sperimentale. In questi termini la soluzione proposta dai traduttori letterali è apparsa agli occhi dei critici più severi, del tutto carente.

   Di fronte a tanta inconsistenza, il metodo che si propone di analizzare il contenuto cifrato dei testi sulla base di un approccio logico-matematico, apre nuove prospettive d’indagine. Il punto di partenza del ragionamento si basa sul fatto che - a esempio - il numero 930 (o quello relativo ad una qualunque età degli altri discendenti adamitici) possa in realtà essere parte integrante di un calcolo nascosto che porterebbe, previo utilizzo di un’apposita chiave, alla conoscenza (scoperta) dei veri numeri criptati dagli sconosciuti autori biblici. L’affidabilità del metodo è ovviamente racchiusa in fattori non sindacabili che riguardano il significato dei numeri nascosti, significato che, nel caso delle Sacre Scritture, è stato correlato a misure di ordine astronomico, come la durata del ciclo di precessione  degli  equinozi, la  velocità  della  luna  intorno  alla  terra, o ancora la durata delle lunazioni o del ciclo di Saros.  Per quanto riguarda, perciò, le quantità indicate come età di patriarchi assai longevi, possiamo affermare che esse, cioè la loro sommatoria, una volta messa in relazione con un altro numero indicato nel testo canonico (il centoventi), abbia fornito una soluzione estremamente significativa che combacia perfettamente con la misura del grado precessionale. E’ quindi nella significatività della soluzione che andrebbe ricercato - secondo noi - il livello di attendibilità del criterio adottato. Il lettore può trovare ulteriori sviluppi su questo argomento e le relative operazioni, nel paragrafo dal titolo ‘La trecentosessantesima parte del ciclo precessionale degli equinozi’. Nel caso della figura  dell’Adam biblico, in  molti testi storici e perfino  nel Corano, la  si è posta  a confronto con quella del Cristo evangelico che nasce - ribadiamolo - in una comunità dove il culto della luna era tanto importante da dettare i tempi del calendario ufficiale, in uso ancora oggi. Questa associazione supportata stavolta da molte opinioni dotte, può esser ragionevolmente confermata dalla matematica, poiché il rapporto fra l’età dell’Adam e il ciclo lunare fornisce l’esatta misura dell’età del Cristo e avalla l’interpretazione che il dio-uomo sia stato, nel contesto cosmogonico sacro, l’esatta riproduzione di quello planetario ( Dio = sole; terra = uomo; semi-dio = luna, entità a metà strada fra i due sistemi). Pensare che davvero questa età trovi anche  una  sorta  di  riscontro  storico (che  infatti  non  c’è),  come vorrebbero i traduttori letterali, diventa così altamente improbabile. L’età di Gesù di Nazareth non è infatti storicamente, né scientificamente comprovata e ciò suggerisce che quella cifra, trentatré, abbia avuto un alto valore simbolico nel contesto culturale che l’ha espressa, ma una scarsa attendibilità storica. 

   Fin dal primo momento in cui abbiamo affrontato questo problema, ci è parso del tutto ovvio che tali numeri fossero da mettere in relazione con un coefficiente, un comune denominatore che bisognava individuare in via prioritaria se si voleva venire a capo dell’ enigmatica questione. La procedura del computo temporale adottata dagli antichi astronomi e trascritta dagli autori sconosciuti dei testi biblici, utilizzava dunque una rappresentazione dilatata dell’anno solare, nel senso che ogni anno propriamente detto era convenzionalmente suddiviso in una precisa quantità di porzioni da cui si poteva ricavare la durata di altri anni denominati ‘piccoli’. 

Età dei patriarchi antidiluviani (Genesi: 5)

Nome                  Età                 Età del concepimento del primo figlio

 Adamo                930      ……………130

Set                       912      …………... 105

Enos                    905      …………...   90

Kenan                  910      ……………  70

Malaleel               895      ……………  65

Iared                    962      ……………162

Enoch                  365      ……………  65

Matusalem           969      ……………187

Lamech               777      ……………182

Noè                     950      (all’inizio del DU Noè aveva 600 anni)

 In questo passaggio ho voluto semplicemente riproporre all’attenzione del lettore i termini di un argomento teologicamente rimasto in sospeso, in quanto ho ritenuto del tutto sconveniente, sotto il profilo scientifico-aritmetico, l’idea che tali cifre non volessero significare nulla .  E’ lecito allora, chiedersi quali ragioni abbiano spinto gli antichi astronomi a nascondere i dati sensibili delle loro conoscenze, anche se, possiamo ritenere che simili discorsi rientrino di diritto nelle competenze di altre categorie di studiosi. Un’ulteriore conferma di questo occultamento ci giunge comunque dalla decriptazione di misure temporali ancora più significative, come la durata dell’anno platonico e la sua trecentosessantesima parte. L’aver individuato cifre identiche fino all’ultimo numero decimale, con quelle provenienti dalle rilevazioni degli astronomi del Ventunesimo secolo, fornisce una garanzia incontestabile su alcuni riscontri: 

1)  Duemilacinquecento anni fa (epoca in cui si ritiene che gli ebrei abbiano attinto dai babilonesi le loro cognizioni astronomiche) il ciclo precessionale degli equinozi, era un  fenomeno noto alla classe erudita. 

2)  I dati relativi al Libro della Genesi e a quello dei Numeri, se posti a confronto con quelli dei libri di Esdra e di Neemia, confermano l’ipotesi che la conoscenza di determinate cognizioni astronomiche sia molto antica. I numeri dei rimpatriati babilonesi e quelli relativi alle offerte in preziosi (Esdra 8; 24-28) raccolte per il Tempio, indicano ancora una volta, seppure con minor precisione, la durata dell’anno platonico misurata in anni  (nel conteggio dei rimpatriati le persone rappresentano anni, mentre nel computo dei talenti delle offerte, sono i sicli – la misura del peso – a rappresentare indubitabilmente un multiplo (100 volte) della quantità di anni contenuti nell’Anno Platonico). La mancata corrispondenza delle cifre riportate nei libri di Esdra e Neemia, con quelle dei libri del Pentateuco (molto più precise) parrebbero inoltre dimostrare che i dati scientifici a disposizione delle caste sapienziali ebraiche provenissero  rispettivamente dagli astronomi egizi (andando a confermare che il Pentateuco fosse stato redatto nel periodo mosaico) da una parte e da quelli caldei dall’altra (Patrimonio degli assiri prima e successivamente dei babilonesi)*.    

 c)  Le misure da noi rilevate combaciano con quelle individuate in testi differenti dell’Antico e  del Nuovo Testamento; ciò  indica che, sebbene in gran segreto, il passaggio delle informazioni scientifiche da una generazione all’altra, funzionasse perfettamente all’interno delle caste sapienziali. Per promuovere questa ipotesi al rango di tesi è stato necessario rifarsi a quanto affermano gli studiosi moderni, i quali concordano unanimemente sulla eterogeneità del corpo di scritture. Essi  assicurano pertanto che i testi fossero stati redatti in epoche differenti e da autori verosimilmente diversi.

 Nelle prossime pagine (Seconda parte di questo saggio), sono stati  sviluppati tutti i passaggi dei calcoli aritmetici che delineano esattamente le cifre di cui si è detto; una volta analizzata la correttezza del computo e valutata con scrupolo la corrispondenza dei dati, ciascuno sarà in grado di esprimere le proprie idee su ciò che fosse, o non fosse, il corpo di testi biblico.

     

  * Consultare in questo saggio,  i codici del libro di Esdra e di Neemia,  elementi che

             riconducono alla durata dell’anno platonico