sabato 18 dicembre 2021

Le tre bestie …E la quarta vien da sé. (Settima parte)

 La prima parte si può consultare qui


      Nel settimo capitolo del Libro di Daniele si trova la descrizione delle tre bestie che si susseguono dopo la visione del Leone. Essendo quest'ultimo una casa zodiacale, contrariamente alle altre tre che sono semplici costellazioni, potrebbe essere inteso dall’Autore del testo come il segno che sarebbe sorto dal mare all’alba dell’equinozio primaverile di una determinata epoca. Avendo già visto in altre circostanze che i capitoli del libro non seguono un solco coerente ne risulta che l’Autore (o gli autori?) a volte descrive vicende umane in uno scenario storico, o pseudo tale, a volte salta a contesti e raffigurazioni cosmiche. Quest’ultima modalità narrativa sembra esser stata applicata alla visione delle quattro bestie del settimo capitolo del Libro . Il segno del Leone entra in scena precessionalmente 10800 anni prima di Cristo, primo segno di quattro che si verticalizzano verso il nord celeste, fino alla stella polare dell’epoca.                                                                                                                                                            


Secondo la versione più diffusa del Testo, la figura con parvenza di leone compare a Daniele quando ancora vigeva  l’amministrazione regale di Baldassar, nel primo anno del suo regno. Poniamo perciò che nel passo in questione l’alba dell’equinozio primaverile  fosse dominata/preceduta dal segno del Leone. Il testo  non si riferisce in questo caso a un momento storico che, come sappiamo, ai tempi di Daniele, cioè cinquecentocinquant’anni  anni prima di Cristo, era rappresentato precessionalmente dall’Ariete. Ma il ‘leone che viene dal mare’, viene dopo un, non meglio precisato, ‘scompiglio’ provocato dai quattro venti. E già questi pochi versi rivelano sottilmente una prima fase di un epocale fenomeno in cui i vecchi riferimenti astrali vengono, per così dire, smarriti. Annoto per gli interessati, alcune fra le teorie catastrofiste più gettonate del momento, premettendo che le nostre analisi non si conciliano con nessuna di esse. C'è infatti chi sostiene la possibilità che la terra abbia subito l'impatto con un meteorite, mentre altri studiosi si attengono alla più plausibile tesi dello sbalzo dell'asse terrestre, con temporanea perdita della regolarità del moto assiale.  In entrambi i casi si fa riferimento a effetti cataclismatici ai quali tuttavia mancano prove decisive di carattere geologico . A noi sembra invece evidente che la terra e il proprio asse abbiano continuato a girare regolarmente, mentre ciò che ha destato lo stupore e lo sconforto degli antichi osservatori del cielo può esser stato , verosimilmente, la mancanza di una percezione visiva della polare, un fenomeno dovuto proprio allo spostamento regolare e continuo dell'asse terrestre sulle traiettorie che conosciamo perfettamente e che vengono ben spiegate e illustrate  in questo dettagliato articolo.
Come precisato poc’anzi, l’autore non si riferisce ai tempi degli uomini ma, semmai, a quelli degli déi. Per azzardare un termine cronologico, o una datazione , potremmo dire che il lettore viene catapultato all’inizio di un ciclo molto particolare, caratterizzato dallo ‘smarrimento dei riferimenti astrali’. Per capire cosa intendesse dire il testo, con questa singolare espressione, abbiamo ritenuto utile riportare l’idea di Andrew Collins, autore di Gobekli Tepe: Genesis of the Gods: The Temple of the Watchers and the Discovery of Eden.  Nel suo libro Collins sostiene che intorno all’ 11000 a.C. Vega si era spostata fuori dalla portata del polo celeste e che non fu sostituita da nessuna stella luminosa per diverse migliaia di anni. Questo significa che quando Göbekli Tepe è stato costruito, tra il 9500 e il 9000 a.C., non c’era Stella Polare, o meglio, la stella polare non sarebbe stata un astro luminoso ed facilmente visibile, come nelle epoche precedenti. E’ per questo motivo che Deneb, e la Grande Spaccatura della Via Lattea, hanno conservato, per gli sciamani di Göbekli Tepe, la loro importanza come il principale punto di ingresso nel mondo del cielo. I menhir eretti nelle sezioni nord-nord-ovest delle mura in due recinti chiave a Göbekli Tepe portavano grandi buchi che incorniciavano la posizione di Deneb ogni notte, mettendo in evidenza il significato della stella per i costruttori di Gobekli, e mostrando la direzione precisa in cui lo sciamano doveva accedere al mondo del cielo. Se pertanto per i sacri sciamani la stella di riferimento polare rimase per tanti anni Deneb, in sostituzione della stella polare smarrita (cioè, come dice il Collins, non più evidente e luminosa come le altre) possiamo credere che lo fosse anche per altri popoli che attribuirono a quell’astro un carisma tale da rappresentarlo nelle loro narrazioni mitiche. E sotto quella forma dev’essere giunto all’autore del Libro di Daniele che probabilmente con la descrizione delle quattro bestie (che sono costellazioni allineate sulla via di accesso al cielo) intendeva fornire una demarcazione temporale ben precisa, quella di 10800 anni prima di Cristo.

Abstract dal libro di Andrew Collins

La discesa sull’orizzonte locale di Deneb, la stella più luminosa del Cigno, che segnava l’inizio della Grande Spaccatura della Via Lattea, un ruolo interpretato da Deneb già nel 16500 14000 a.C. In quel momento Deneb faceva da stella polare, la stella più vicina al polo celeste durante una particolare epoca. Anche dopo che Deneb ha cessato di essere la stella polare intorno al 14000 a.C., a causa degli effetti della precessione (lenta oscillazione dell’asse terrestre attraverso un ciclo di circa 26 mila anni), il suo posto è stato preso da un’altra stella del Cigno, Delta Cygni, che ha tenuto la posizione fino al 13000 a.C.
L'illustrazione è tratta dal sito di Adriano Gaspani Due passi nel mistero

In seguito il ruolo di Stella Polare è andato a Vega nella costellazione della Lyra, la lira celeste. Quando intorno al 11000 a.C. Vega si era spostata fuori dalla portata del polo celeste, non fu sostituita da nessuna stella luminosa per diverse migliaia di anni. Questo significa che quando Göbekli Tepe è stato costruito, tra il 9500 e il 9000 a.C., non c’era Stella Polare. E’ per questo motivo che Deneb, e la Grande Spaccatura della Via Lattea, hanno conservato la loro importanza come il principale punto di ingresso nel mondo del cielo
                                                                       

                                                                                                                                                                                                                                              fig 2  Il cielo dell'emisfero nord il 22 settembre 2021 

   Dov'è finita la stella polare? 

   Nella mitologia Babilonese (ma anche presso gli egiziani) la linea immaginaria Leone-Orsa-Pantera ( Fig 2)  indicava  la via ascendente seguita dalle anime nella loro risalita al cielo. Forse per questo al leone vengono ‘strappate le ali e dato un cuore di uomo’. 

   La simbologia potrebbe indicare che la via ascendente privilegiata durante l’Età del Leone (10.800 anni a.C.) ad un certo punto risulta sbarrata (). E qui , a nostro avviso, si tratterebbe di capire a quale evento astrale/astronomico si faccia riferimento. Noi proponiamo la medesima soluzione adottata dal Collins, ovvero, quella dell’improvviso ‘smarrimento’ della polare (La posizione polare era cioè occupata da costellazioni poco luminose, le quali non rappresentavano degnamente l’importanza del riferimento polare. Deneb, stella alfa del Cigno/Pantera, si prestava assai meglio a sostituire l’astro ‘mancante’ nel periodo successivo all’11.000 a.C., tanto più che alloggiava comodamente entro il fascio scintillante della Via Lattea) . Secondo questa linea, quella puntata verso il nord celeste, si incontra la costellazione della Grande Orsa divoratrice di carne. L’orsa ha tre costole in bocca e il fatto che divorasse carne indica forse che essa si cibava di tempo. Segue la figura del Drago e dopo ancora la Pantera, in altre culture conosciuta come Cigno, all’estremo nord. Nei passaggi successivi, quelli che descrivono la quarta bestia,  non si può ignorare l’analogia con la bestia  dell’Apocalisse di Giovanni che disponeva di zampe di orso, bocca di leone e potere del drago. La costellazione del Drago, a ben vedere,  è posta esattamente sulla direttiva sud-nord, prima di quella  del Cigno-Pantera e ci fa pensare – dietro imbeccata di vari autori - che l’immagine della Pantera fosse  usata quale segno bipolare dell’universalità della bestia. L’introduzione della figura della Pantera, che abbiamo visto connessa al Drago, ci fornisce forse la data dell’orologio temporale e l’epoca esatta di cui parla il Libro di Daniele.  Nella descrizione della pantera con quattro ali e quattro teste, si richiama forse il momento/tempo in cui la via ascendente era caratterizzata nei coluri equinoziali e solstiziali dalle quattro costellazioni: Leone all’equinozio primaverile, Toro al solstizio estivo, Acquario all’equinozio autunnale e Scorpione/Aquila al solstizio invernale.                                     
uomo/Acquario=Matteo; Leone = Marco; Bue/Toro = Luca; Aquila/Scorpione= Giovanni       

Al Louvre è conservata una statua mutilata di Tutankamon nella quale il busto del faraone è ricoperto da una pelle di pantera. Carlo Magno indossava paramenti sacerdotali ammantati di stelle. Nell’Apocalisse di Giovanni il termine viene usato metaforicamente per indicare la Bestia che sale dal mare, in quanto essere ibrido, dalle zampe di orso, dalla bocca di leone e dotata del potere del drago. Tale importante passo quindi non va interpretato banalmente quale indice di una demonicità infera della Pantera, ma al contrario l’immagine della Pantera, data la sua sacralità e importanza, viene usata quale segno dell’universalità della Bestia.                                   

   Giovanna Belli approfondisce con sapienza i significati più nascosti della lingua ebraica in relazione al nome e all’immaginario della Pantera. Ne deriva una cabala fonetica spirituale dove si congiunge il senso dell’assopimento a quello dello spirito divino vivificante. La studiosa ricorda poi come i sacerdoti di Seth indossassero pelli di Pantera e il rito non era solo funerario e imbalsamatorio, ma anche per i vivi, di tipo iniziatico. La Pantera appare connessa quindi con la simbolica dell’Orsa maggiore e con l’apertura del cammino di risalita e di trasfigurazione verso Osiride. Cristianamente, l’immagine scritturale dell’alito di Cristo che uccide l’empio è tratta per analogia anagogica dal soffio del drago, dal ruggito della Pantera

https://wsimag.com/it/cultura/23354-la-pantera

 


Gli Evangelisti, pertanto, pongono una nuova unità temporale:  l’ultimo emiciclo precessionale, di 12960 anni(10.800 + 2160), che fanno durare fino alla fine dell’Era dei Pesci. Con Daniele, allora, si introducono quegli elementi temporali di riferimento che, per la prima volta in ambiente ebraico, spostano l’attenzione sull’ultimo emiciclo precessionale, quello cioè che rimarrà in voga nel periodo della prima cristianità. Rispetto all’intervallo di 39.000 anni (Le età dell’Argento e del Bronzo del Mantanvarah) , si applica la proporzione di un terzo, la stessa che vale per i ‘sette tempi’ di cui abbiamo già scritto in precedenza. L’intervallo significativo di un tempo= 6500 anni, diventa così 2160 anni (6500/3).

Di questa nuova proporzione se ne trova traccia alla fine del Vangelo di Giovanni, nella parabola della pesca miracolosa, quando nella rete dei  sei pescatori/discepoli vengono trattenuti   153 pesci (153 x 3 = 459; 459 + 30 gradi corrispondenti a Pietro che sta fuori dalla barca =  489). Sembra allora che il Libro di Daniele introduca nuove categorie temporali  in sostituzione di quelle adottate nei testi ebraici più antichi, e ad esse faranno costante riferimento gli evangelisti nei loro scritti.

Qui il simbolismo animale è utilizzato quale lingua di sovrascrittura nel senso di modulo per cercare di illustrare il senso cosmico, e quindi panterico, del mistero del male, ma non porta a identificare la pantera quale emblema del male. È piuttosto l’ibrido composto della bestia apocalittica che porta a un'apparenza di “similitudine alla pantera” (topos nell’Apocalisse questo della similitudine quale “metafora narrativa dell’Indicibile”) quale parodia demonica dell’integrità cosmico-panterica di Cristo. Controprova di ciò si ha nel ricorrere dell’emblema fra alcune fra le più nobili famiglie reali e nobiliari della Cristianità europea.  Nel sigillo più antico del comune di Rouen domina una pantera con una stella a sei punte. Plantageneti utilizzano il segno della pantera, in particolare Enrico II che portava un anello, secondo il racconto del contemporaneo Gèrald le Cambrien, sul quale erano incise le parole: una pantera, allusione al motto greco: en to pan (uno, il tutto). Wolfram Von Eschenbach nel suo Parzifal mostra Gahmuret l’angioino, padre di Parsifall, con l’insegna della Pantera nera e paragona Lancillotto alla Pantera che farà nascere il Leone: suo figlio Galaad, il cavaliere perfetto. Anche per il colore nero va evitato il vizio interpretativo moralistico/ideologico. Si tratta di un nero analogo a quello del vessillo dei Templari, descritti nello stesso poema cavalleresco: è il colore dell’Abisso divino, di Dio quale Ombra (Salmo 90).  

   I Babilonesi diedero un nome alle costellazioni e le collocarono in posizioni che avevano un rapporto preciso l’una con l’altra. Molti nomi ci sono familiari: il Toro, i Gemelli, lo Scorpione, il Sagittario. Ma al posto del Cigno, della Lira e dell’Auriga essi avevano una Pantera, una Capra e un Vaso.

https://www.astronomia.com/2012/07/23/atlantide-e-lorigine-delle-costellazioni/

 

  Tornando alla locuzione: “Essa calpestava gli altri animali” (Dan 7 : 6), pensiamo che l’Autore intendesse forse dire che la via ascendente rimase un importante riferimento astrale per tutto il tempo in cui il Leone ha occupato il posto degli altri quattro segni zodiacali ai cardini equinoziali e solstiziali, cioè per i successivi otto millenni dei 120 gradi  precessionali che precedono la fine dei tempi: uno è il Leone, due il Cancro, tre i Gemelli e quattro il Toro; poi comincerà l’Ariete, l’inizio del riscatto. Secondo questa lettura ripresa anche nell’Apocalisse, che facciamo in tutto e per tutto nostra, negli anni successivi è ancora attivo l’influsso malefico della bestia. E qui, secondo il nostro punto di vista, si sta parlando di quei gradi precessionali amputati dal segno dell’Acquario, il quale appartiene a quella definizione che nel Libro dell'Apocalisse di Giovanni (Ap 17:9.10) viene descritta con le seguenti parole: “ il settimo (re) deve ancora venire e quando arriverà durerà poco”. Quindi l’Acquario durerà meno delle altre età che l’avevano preceduto (‘Cinque sono già passati, uno è quello attuale…’ ). Le dieci corna della bestia, infatti - secondo i versetti del testo ufficiale del relativo paragrafo nel Libro di Daniele - erano diventate sette  alle quali se ne aggiunge un’altra, l’ottavo corno, che può essere intesa come la porzione amputata dell’Acquario, proprio perché è più piccolo degli altri (Dan 7:8. "Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo...")

Illustrazione di Hans Holbein il Giovane

 A questo punto è bene chiarire  che non pretendiamo di imporre la nostra lettura del testo, anche perché, come si può notare, non compaiono ancora contenuti cifrati. Dobbiamo pertanto ammettere il carattere di estrema volatilità di queste nostre chiose, che non hanno maggior valenza di pareri divergenti  e non vanno intese - fintanto che non sopraggiunge una corrispondenza numerica - come definitive o più attendibili di altre. 

  Tornando al testo ufficiale, ci è parsa altresì degna di particolare attenzione  la visione dell’ultima creatura dalle fattezze bestiali. All’inizio l’autore afferma che la quarta bestia viene dal mare e segue la pantera con quattro ali e quattro teste. Di questa  creatura informe si descrivono le fauci piene zeppe di denti ferrosi. Essa calpestava gli altri animali e – in questo primo profilo - disponeva di dieci corna, poi diventate sette e poi otto; l’ultimo e ottavo corno aveva occhi e bocca assai screanzata con la quale proferiva ogni sorta di bestemmie: e siamo alla fine dell’epoca della tribolazione e dell’abominio,  dopo la quale compare un vecchio dalla barba e i capelli bianchi che prenderà il potere per l’eternità.       

Dal versetto 17 in avanti (Dan 7: 17-19), il profeta Daniele ripropone immagini già viste, in guisa di ripetizioni, ma stavolta egli sostiene che  ‘i quattro esseri’  arrivavano tutti dalla terra e non più dal mare, se quindi quest’ultimo rappresentava l’est equinoziale, la ‘terra’ al suo estremo opposto poteva forse indicare l’ovest, l’equinozio autunnale.Sembra proprio che con questi versetti l’Autore stia riferendosi al moto precessionale che anno dopo anno, seguendo la traiettoria contraria (da ovest, verso est) a quella normale degli altre costellazioni, mostra nel cielo notturno il segno del Leone in transito da ovest .

 L’apparente caoticità della narrazione biblica non deve stupire! Abbiamo già visto una modalità simile in altri passaggi del testo di Daniele, dove  il racconto cambia repentinamente scenario, senza fornire preamboli o un qualche minimo orientamento temporale, lasciando all’intuito del lettore il compito di ricostruire la struttura e il palcoscenico celeste a cui ci si sta riferendo. 

 Quando il testo  si sofferma sulla quarta bestia, la figura mostruosa dai denti di ferro, aggiunge un particolare emblematico: essa dispone  anche di unghie bronzee. Col suo movimento, dopo aver stritolato e mangiato ‘ i rimanenti’ (i rimanenti animali, cioè, le altre costellazioni), la bestiale creatura li calpesta con i piedi.  Il fatto che la bestia utilizzi denti di bronzo potrebbe essere un riferimento esplicito all’Età del Bronzo, epoca in cui il mito racconta che la terra veniva combusta dal fuoco; l’Età dell’Argento era appena terminata e perciò siamo a 19.000 anni circa dalla nostra epoca. Secondo quanto appreso finora, i verbi ‘calpestare’ o, ‘passare sopra’, indicherebbero un movimento temporale in avanti, cioè lo scorrere del tempo dominato da quelle particolari  figure astrali che fanno da capofila ai quattro cardini colurali; il ‘divorare’ viene spesso inteso simbolicamente come divorare il tempo, far sì che trascorra, ma se questo tempo fa parte di un contesto ciclico misurato sulle oscillazioni dell’asse terrestre ecco che quella fantastica immagine può assumere significato di allegoria. E se allora gli intervalli chiamati ore, minuti o secondi, possono essere considerati figli del tempo, viene facile capire il ruolo dell’insaziabile fagocitatore assunto dal mitico  Kronos. Sulle corna della bestia e sulla strana modalità della loro crescita, sostanzialmente non vengono aggiunti ulteriori dettagli e perciò vale quanto detto nella prima interpretazione, ma quando si parla di quest’ultima bestia (Dan 7: 24-25), la chiosa introdotta  indica la rappresentazione di un regno diverso da tutti gli altri Le sue dieci corna sono i dieci re che sorgeranno da quel primo regno. Dopo di loro ne sorgerà un altro che abbatterà ben tre dei precedenti.” .   

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