La prima parte si può consultare qui
Nel settimo capitolo del Libro di Daniele si trova la descrizione delle tre bestie che si susseguono dopo la visione del Leone. Essendo quest'ultimo una casa zodiacale, contrariamente alle altre tre che sono semplici costellazioni, potrebbe essere inteso dall’Autore del testo come il segno che sarebbe sorto dal mare all’alba dell’equinozio primaverile di una determinata epoca. Avendo già visto in altre circostanze che i capitoli del libro non seguono un solco coerente ne risulta che l’Autore (o gli autori?) a volte descrive vicende umane in uno scenario storico, o pseudo tale, a volte salta a contesti e raffigurazioni cosmiche. Quest’ultima modalità narrativa sembra esser stata applicata alla visione delle quattro bestie del settimo capitolo del Libro . Il segno del Leone entra in scena precessionalmente 10800 anni prima di Cristo, primo segno di quattro che si verticalizzano verso il nord celeste, fino alla stella polare dell’epoca.
La discesa sull’orizzonte locale di Deneb, la stella più luminosa del Cigno, segnava l’inizio della Grande Spaccatura della Via Lattea, quindi Deneb già nel 10000-11000 a.C. faceva da stella polare, ovvero la stella più vicina al polo celeste. Anche dopo che Deneb ha cessato di essere la stella polare, intorno al 9000 a.C., a causa degli effetti della precessione (lenta oscillazione dell’asse terrestre attraverso un ciclo di circa 26 mila anni), il suo posto non è stato occupato fisicamente da nessun'altra stella, pertanto, in virtù della sua luminosità, Deneb deve aver mantenuto il suo carisma per molti altri secoli successivi.
Dov'è finita la stella polare?
Al Louvre è conservata una statua mutilata di Tutankamon nella quale il busto del faraone è ricoperto da una pelle di pantera. Carlo Magno indossava paramenti sacerdotali ammantati di stelle. Nell’Apocalisse di Giovanni il termine viene usato metaforicamente per indicare la Bestia che sale dal mare, in quanto essere ibrido, dalle zampe di orso, dalla bocca di leone e dotata del potere del drago. Tale importante passo quindi non va interpretato banalmente quale indice di una demonicità infera della Pantera, ma al contrario l’immagine della Pantera, data la sua sacralità e importanza, viene usata quale segno dell’universalità della Bestia.
Giovanna
Belli approfondisce con sapienza i significati più nascosti della lingua
ebraica in relazione al nome e all’immaginario della Pantera. Ne deriva una
cabala fonetica spirituale dove si congiunge il senso dell’assopimento a quello
dello spirito divino vivificante. La studiosa ricorda poi come i sacerdoti di
Seth indossassero pelli di Pantera e il rito non era solo funerario e
imbalsamatorio, ma anche per i vivi, di tipo iniziatico. La Pantera appare
connessa quindi con la simbolica dell’Orsa maggiore e con l’apertura del
cammino di risalita e di trasfigurazione verso Osiride. Cristianamente,
l’immagine scritturale dell’alito di Cristo che uccide l’empio è tratta per
analogia anagogica dal soffio del drago, dal ruggito della Pantera
https://wsimag.com/it/cultura/23354-la-pantera
Gli
Evangelisti, pertanto, pongono una nuova unità temporale: l’ultimo emiciclo precessionale, di 12960
anni(10.800 + 2160), che fanno durare fino alla fine dell’Era dei Pesci. Con
Daniele, allora, si introducono quegli elementi temporali di riferimento che,
per la prima volta in ambiente ebraico, spostano l’attenzione sull’ultimo
emiciclo precessionale, quello cioè che rimarrà in voga nel periodo della prima
cristianità. Rispetto all’intervallo di 39.000 anni (Le età dell’Argento e del
Bronzo del Mantanvarah) , si applica la proporzione di un terzo, la stessa che
vale per i ‘sette tempi’ di cui abbiamo già scritto in precedenza. L’intervallo
significativo di un tempo= 6500 anni, diventa così 2160 anni (6500/3).
Di questa nuova proporzione se ne trova traccia alla fine del Vangelo di Giovanni, nella parabola della pesca miracolosa, quando nella rete dei sei pescatori/discepoli vengono trattenuti 153 pesci (153 x 3 = 459; 459 + 30 gradi corrispondenti a Pietro che sta fuori dalla barca = 489). Sembra allora che il Libro di Daniele introduca nuove categorie temporali in sostituzione di quelle adottate nei testi ebraici più antichi, e ad esse faranno costante riferimento gli evangelisti nei loro scritti.
Qui il simbolismo animale è utilizzato quale lingua di sovrascrittura nel senso di modulo per cercare di illustrare il senso cosmico, e quindi panterico, del mistero del male, ma non porta a identificare la pantera quale emblema del male. È piuttosto l’ibrido composto della bestia apocalittica che porta a un'apparenza di “similitudine alla pantera” (topos nell’Apocalisse questo della similitudine quale “metafora narrativa dell’Indicibile”) quale parodia demonica dell’integrità cosmico-panterica di Cristo. Controprova di ciò si ha nel ricorrere dell’emblema fra alcune fra le più nobili famiglie reali e nobiliari della Cristianità europea. Nel sigillo più antico del comune di Rouen domina una
pantera con una stella a sei punte. Plantageneti utilizzano il segno della
pantera, in particolare Enrico II che portava un anello, secondo il racconto
del contemporaneo Gèrald le Cambrien, sul quale erano incise le parole: una
pantera, allusione al motto greco: en to pan (uno, il tutto). Wolfram Von
Eschenbach nel suo Parzifal mostra Gahmuret l’angioino, padre di Parsifall, con
l’insegna della Pantera nera e paragona Lancillotto alla Pantera che farà
nascere il Leone: suo figlio Galaad, il cavaliere perfetto. Anche per il colore
nero va evitato il vizio interpretativo moralistico/ideologico. Si tratta di un
nero analogo a quello del vessillo dei Templari, descritti nello stesso poema
cavalleresco: è il colore dell’Abisso divino, di Dio quale Ombra (Salmo 90).
I Babilonesi
diedero un nome alle costellazioni e le collocarono in posizioni che avevano un
rapporto preciso l’una con l’altra. Molti nomi ci sono familiari: il Toro, i
Gemelli, lo Scorpione, il Sagittario. Ma al posto del Cigno, della Lira e dell’Auriga
essi avevano una Pantera, una Capra e un Vaso.
https://www.astronomia.com/2012/07/23/atlantide-e-lorigine-delle-costellazioni/
Tornando alla locuzione: “Essa calpestava gli altri animali” (Dan 7 : 6), pensiamo che l’Autore intendesse forse dire che la via ascendente rimase un importante riferimento astrale per tutto il tempo in cui il Leone ha occupato il posto degli altri quattro segni zodiacali ai cardini equinoziali e solstiziali, cioè per i successivi otto millenni dei 120 gradi precessionali che precedono la fine dei tempi: uno è il Leone, due il Cancro, tre i Gemelli e quattro il Toro; poi comincerà l’Ariete, l’inizio del riscatto. Secondo questa lettura ripresa anche nell’Apocalisse, che facciamo in tutto e per tutto nostra, negli anni successivi è ancora attivo l’influsso malefico della bestia. E qui, secondo il nostro punto di vista, si sta parlando di quei gradi precessionali amputati dal segno dell’Acquario, il quale appartiene a quella definizione che nel Libro dell'Apocalisse di Giovanni (Ap 17:9.10) viene descritta con le seguenti parole: “ il settimo (re) deve ancora venire e quando arriverà durerà poco”. Quindi l’Acquario durerà meno delle altre età che l’avevano preceduto (‘Cinque sono già passati, uno è quello attuale…’ ). Le dieci corna della bestia, infatti - secondo i versetti del testo ufficiale del relativo paragrafo nel Libro di Daniele - erano diventate sette alle quali se ne aggiunge un’altra, l’ottavo corno, che può essere intesa come la porzione amputata dell’Acquario, proprio perché è più piccolo degli altri (Dan 7:8. "Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo...")
A questo punto è bene chiarire che non pretendiamo di imporre la nostra lettura del testo, anche perché, come si può notare, non compaiono ancora contenuti cifrati. Dobbiamo pertanto ammettere il carattere di estrema volatilità di queste nostre chiose, che non hanno maggior valenza di pareri divergenti e non vanno intese - fintanto che non sopraggiunge una corrispondenza numerica - come definitive o più attendibili di altre.
Tornando al testo ufficiale, ci è parsa altresì degna di particolare attenzione la visione dell’ultima creatura dalle fattezze bestiali. All’inizio l’autore afferma che la quarta bestia viene dal mare e segue la pantera con quattro ali e quattro teste. Di questa creatura informe si descrivono le fauci piene zeppe di denti ferrosi. Essa calpestava gli altri animali e – in questo primo profilo - disponeva di dieci corna, poi diventate sette e poi otto; l’ultimo e ottavo corno aveva occhi e bocca assai screanzata con la quale proferiva ogni sorta di bestemmie: e siamo alla fine dell’epoca della tribolazione e dell’abominio, dopo la quale compare un vecchio dalla barba e i capelli bianchi che prenderà il potere per l’eternità.
Dal versetto 17 in avanti (Dan 7: 17-19), il profeta Daniele ripropone immagini già viste, in guisa di ripetizioni, ma stavolta egli sostiene che ‘i quattro esseri’ arrivavano tutti dalla terra e non più dal mare, se quindi quest’ultimo rappresentava l’est equinoziale, la ‘terra’ al suo estremo opposto poteva forse indicare l’ovest, l’equinozio autunnale.Sembra proprio che con questi versetti l’Autore stia riferendosi al moto precessionale che anno dopo anno, seguendo la traiettoria contraria (da ovest, verso est) a quella normale degli altre costellazioni, mostra nel cielo notturno il segno del Leone in transito da ovest .
L’apparente caoticità della narrazione biblica non deve stupire! Abbiamo già visto una modalità simile in altri passaggi del testo di Daniele, dove il racconto cambia repentinamente scenario, senza fornire preamboli o un qualche minimo orientamento temporale, lasciando all’intuito del lettore il compito di ricostruire la struttura e il palcoscenico celeste a cui ci si sta riferendo.
Quando il testo si sofferma sulla quarta bestia, la figura mostruosa dai denti di ferro, aggiunge un particolare emblematico: essa dispone anche di unghie bronzee. Col suo movimento, dopo aver stritolato e mangiato ‘ i rimanenti’ (i rimanenti animali, cioè, le altre costellazioni), la bestiale creatura li calpesta con i piedi. Il fatto che la bestia utilizzi denti di bronzo potrebbe essere un riferimento esplicito all’Età del Bronzo, epoca in cui il mito racconta che la terra veniva combusta dal fuoco; l’Età dell’Argento era appena terminata e perciò siamo a 19.000 anni circa dalla nostra epoca. Secondo quanto appreso finora, i verbi ‘calpestare’ o, ‘passare sopra’, indicherebbero un movimento temporale in avanti, cioè lo scorrere del tempo dominato da quelle particolari figure astrali che fanno da capofila ai quattro cardini colurali; il ‘divorare’ viene spesso inteso simbolicamente come divorare il tempo, far sì che trascorra, ma se questo tempo fa parte di un contesto ciclico misurato sulle oscillazioni dell’asse terrestre ecco che quella fantastica immagine può assumere significato di allegoria. E se allora gli intervalli chiamati ore, minuti o secondi, possono essere considerati figli del tempo, viene facile capire il ruolo dell’insaziabile fagocitatore assunto dal mitico Kronos. Sulle corna della bestia e sulla strana modalità della loro crescita, sostanzialmente non vengono aggiunti ulteriori dettagli e perciò vale quanto detto nella prima interpretazione, ma quando si parla di quest’ultima bestia (Dan 7: 24-25), la chiosa introdotta indica la rappresentazione di un regno diverso da tutti gli altri: “ Le sue dieci corna sono i dieci re che sorgeranno da quel primo regno. Dopo di loro ne sorgerà un altro che abbatterà ben tre dei precedenti.” .
Condivido il tuo intervento sull'altro post, Fabio. Quel che dici è chiaro, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Vayas con Dios, che stai andando alla grande.
RispondiEliminaAnch'io non comprendo le critiche che ti son mosse. E non intendo contribuire al dibattito se condotto quei termini. Non aggiungo altro, come da te consigliato, mentre aspetto altri articoli con i consueti approfondimenti.
RispondiEliminal'unica cosa che mi viene in mente è 'margaritas ante porcos'. Va per la tua strada, Blade, non ti curar di loro
RispondiEliminaVorrei ammonire tutti di non alzare i toni. @Daniele, @Giorgio e altri, tranquillizzatevi. IO penso che qualunque voce dissenziente, a prescindere dallo spirito e dalla cultura di chi la esprime ci fornisca occasione di ripetere concetti molto ripidi. Mi giungono e-mail di persone che leggono direttamente gli ultimi post,i quali, essendo a digiuno di concetti e meccanismi precessionali non capiscono strutture per noi ovvie. Per esempio, un giovane studente non capiva come il segno del tetramorfo del l'aquila/scorpione cadesse solstizio invernale, quando zodiacalmente lo scorpione si presenta in pieno autunno (Ottobre). Per noi è una domanda banale, ma per chi non conosce la precessione è un problema. Allora, cerchiamo con pazienza di ribadire che le Età precessionali non hanno nulla a che vedere con le scadenze stagionali e le corrispondenze poste dall'astrologia moderna. Ci vuole pazienza. Ma in quanto ai provocatori, qui sono sempre ben accetti, non dimentichiamolo.
RispondiEliminaIl prossimo post, che sto ultimando, richiederà una certa familiarizzazione con questi concetti. Pongo infatti una chiave interpretativa (sottoponendola poi al vaglio dei numeri) del testo che descrive le enigmatiche dinamiche del capro e del montone secondo due diverse prospettive: una che fa riferimento al moto rotatorio della terra e delle costellazioni zodiacali (quindi da est verso ovest); un secondo che descrive l'alternanza delle due figure zodiacali rappresentate da capro e montone, secondo il moto inverso della precessione. Ciò spiegherebbe le stranissime definizioni del testo ufficiale quando parla per esempio, di corno lungo e di corno corto, o di capro che muove contro il montone per prenderne il posto e il potere.
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