Una volta stabilito il punto ‘zero Pesci’ ho voluto dedicare un po’ di spazio alla complicata questione dei ‘sette tempi’. Come lasciato intendere in precedenza, l’unità di misura valida per la scala guenoniana (in riferimento ai quattro ‘Yuga’ dell’ultimo Mantanvarah), non può essere applicata all’interpretazione del secondo sogno del re. In Dan 4, 20-21 , il profeta Daniele dice chiaramente che dopo aver legato le radici dell’albero abbattuto con catene di ferro e bronzo, costui, ovvero il re/albero
oramai deceduto, troverà ospitalità fra gli ‘animali della terra’ ( le costellazioni, per l’appunto) e verrà bagnato dalla rugiada del cielo. Crediamo che la decodificazione della forma poetica adottata sia abbastanza semplice: la rugiada infatti è rappresentata nel cielo dal fitto manto di stelle sotto il quale le costellazioni si muovono perché hanno velocità diversa. Il rapporto figurato dalla bella versione poetica parla così di una brina luminescente che passa sopra gli animali, le case zodiacali, fra le quali ora è presente anche quella dell’anima del re deceduto, che fa da capofila dei sub-cicli contenuti in un grande ciclo cosmico. L’anima del re dimora adesso nei cieli, facendosi ‘bagnare’ dal manto sovrastante di stelle (quelle più lontane) finché, in quella condizione beata non passeranno sette tempi. A questo punto non si può più negare che i sette tempi citati nella profezie siano quelli compresi fra la caduta/morte del re Nabuccodonosor e la fine dei tempi successiva alla venuta del Messia, qui chiamato, forse per la prima volta, ‘il più Umile fra gli umili’ (Dan 4, 14.). Non è difficile perciò concordare sul fatto che i sette tempi vadano contati a partire dall’abbattimento del grande albero ( o dalla testa d’oro della statua sognata dal re), alla fase terminale dell’Era dei Pesci, entro lo stesso arco di tempo che, nel Vangelo di Marco (Mc 6, 41) , verrà narrato con le seguenti parole:
“…ed egli prese i cinque pani e i due pesci e
alzando gli occhi al cielo
Gli occhi vengono
orientati in alto, dove effettivamente stavano i ‘pani’ e i pesci, nella misura
temporale di cinque ere successive alla casa della Vergine, detta anche e per
l’appunto, Casa del Pane (Geograficamente Betlemme, da bet=casa e lem=pane); le
due ere dominate casa dei Pesci, geograficamente Betsheida e astronomicamente
(le due ultime ere) l’Ariete e i Pesci, sono epoche corrispondenti al prima e
al dopo la nascita del Messia.
li benedì, spezzò i pani e li diede ai suoi discepoli affinché li
distribuissero.”
Nel Vangelo di Marco si parla di una platea di 5000 persone suddivise in gruppi di 50 + 100 individui, e ciò rimanda al significato numerico seguente rapporto 5000/150 = 33,3 = gli anni del Cristo. In pratica la moltitudine accorsa ad ascoltare la predicazione del Nazzareno potrebbe indicare il tempo trascorso entro il semi-ciclo precessionale compreso fra la Casa della Vergine e quella dei Pesci. Sono per l’esattezza sei mesi + uno del grande anno, quindi ‘mesi’ con durata di 2160 anni ciascuno , cioè 30 gradi d’arco del ciclo precessionale. Se questo passaggio dovesse suscitare giuste perplessità, si pensi al dipinto del Cenacolo di Leonardo da Vinci. Come ci viene spiegato egregiamente nel sito Profezie Evangeliche facendo attenzione alla disposizione del piatto dei pesci e di quello del pane sulla tavola dei Discepoli, non sarà difficile attribuire a ciascuno di loro una precisa corrispondenza astronomica. E dunque Pietro il pescatore che altro segno/casa zodiacale avrebbe potuto rappresentare se non quella dei Pesci? Forse Leonardo da Vinci era al corrente dei significati riposti nei testi sacri; i codici segreti, poi…erano il suo forte. Si sa.
Illustrazione tratta dal sito Profezie EvangelicheE se ancora persistessero dubbi sul significato messianico dei ‘sette tempi’ indicati dal profeta Daniele si vada a consultare il relativo passo tratto dall’Apocalisse di Giovanni, non meno criptico del precedente ma ancora una volta perfettamente in linea coi ragionamenti qui avviati. Così è scritto in Ap 17, 9-10 , con esplicito riferimento ai versetti precedenti: “Qui occorre la mente che ha sapienza: le sette teste sono sette colli su cui si è adagiata la donna ; ma sono anche sette re dei quali i primi cinque sono passati, uno c’è mentre l’altro non è venuto ancora, ma quando verrà rimarrà per poco tempo.”
L’allusione al 'settimo tempo' si riferisce all'Era dell’Acquario, unico segno con fattezze umane, forse collegato al periodo antecedente la figura onirica del Grande Vecchio, il marcatore del Nuovo tempo di pace e armonia. Ancora però, siamo nel campo delle pure congetture. Se nel caso del computo dell’evangelista ogni ‘re’, può essere riferito a un' età precessionale (detta anche mese precessionale = 2160 anni solari), nella scala indicata da Daniele profeta i sette tempi parrebbero indicare i sette intervalli che seguono l’Età dell’Oro. In base a quest’ultima interpretazione, un ‘tempo’ può essere considerato uno scarto di circa 6500 anni, pressapoco 1/4 di ciclo precessionale. Rispetto a quest'ultima scala (statua del primo sogno del re), dalla fine dell’Età dell’Argento alla fine dell’Era Pesci, corrono tuttavia soltanto sei tempi. Il successivo, il settimo, è presumibilmente quello destinato a ‘durare poco’ e a precedere la Nuova epoca di armonia.
Nella figura qui sopra, che rappresenta il tempo della 'tribolazione', si può osservare che la scala zodiacale comincia col segno del Leone, mentre l'epoca storica in cui vive Daniele appartiene al segno dell'Ariete. Il Leone si è già nutrito col tempo del Toro (notare i particolari del bassorilievo nella fotografia alla fine). In totale, gli anni della tribolazione sono 38000 (circa 540 gradi precessionali), ai quali si deve aggiungere l'Era dell'Acquario, destinata, secondo gli evangelisti, a terminare anticipatamente.
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Dopo il suo secondo sogno e la relativa spiegazione, il re Nabuccodonosor sente una voce che gli ricorda i suoi doveri verso il Dio ebraico. Sostanzialmente la voce lo trasporta in una realtà parallela dove vede avverarsi i vaticini rivelati da Daniele. I versetti a chiusura del quarto capitolo riprendono i motivi del secondo sogno e inducono il sovrano a prestar fede al Dio israelita, l’onnipotente Re di tutte le cose e dell’intero Cielo. Il libro di Daniele salta poi al quinto capitolo, dove compare la figura di Re Baldassar,
La Mano de
Dios.
Prima del famoso gesto del fuoriclasse argentino,
Diego Armando Maradona, l’unica Mano di Dio
rimasta impressa nella nostra memoria era stata quella descritta dal profeta Daniele,
nell’ omonimo libro.
Riprendiamo il racconto del quinto capitolo che si svolge nel tempo di Baldassar, indicato nel testo come figlio del deceduto Nabuccodonosor. Non vi sono passaggi intermedi a raccontare gli eventi e dunque l’autore parla subito di un regale banchetto, al termine del quale il re stesso vede comparire una mano intenta a scrivere sull’intonaco della parete. Profondamente colpito da quel fenomeno paranormale interpella la moglie che lo indirizza senza indugi alla figura del grande saggio ebreo già noto a suo padre. Naturalmente tutto il racconto non si svolge secondo una cronologia coerente; sembra invece che i testi siano stati ordinati in modo casuale. In realtà, come più volte ripetuto nei nostri articoli, il senso della trama, i riscontri storici e il filo narrativo da un capitolo all’altro lasciano spesso a desiderare, mentre il corpo degli scritti sembra più che altro voler fornire elementi utili alla decodificazione di qualche importante messaggio. Daniele, alla fine, esterna il suo rimprovero al re, prima di fornirgli la traduzione delle tre parole scritte dalla mano ‘ Mene, Teqel, Peres’. Il capitolo termina con la morte del re di Babilonia Baldassar, figlio di Nabuccodonosor . Ovviamente, gli storici non confermano minimamente questa linea di successione sul trono di Babilonia e neanche l’analisi della trama sembra filare liscia. Tante circostanze infatti, non seguono un filo narrativo coerente e lasciano il lettore interdetto, a dimostrazione che l’intento dell’autore non fosse quello di scrivere una bella storia, ma (semmai) di far passare determinate informazioni.
Nella
‘fossa’ del (segno del…) Leone
Nel sesto capitolo compare
sulla scena il re Dario, simbolo della corruzione dei costumi del suo popolo.
Egli è il monarca che dopo aver lodato e promosso il profeta ebreo, torna sui
propri passi, quindi, dietro consiglio di sapienti invidiosi, getta Daniele
nella fossa dei leoni. L’unico numero menzionato dall’autore è il trenta: sono
infatti 30 i giorni durante i quali il profeta ignora di omaggiare l’effigie
sacra del nuovo sovrano di Babilonia. Il reato contemplato nel codice reale,
gli garantirà la famosa punizione. L’ennesimo prodigio divino consentirà però a
Daniele di uscire illeso dalle fauci delle fiere, e tanto servirà a persuadere
il sovrano a concedergli la grazia.
In chiave astronomica i 30 giorni, come abbiamo sempre inteso in queste
nostre dissertazioni, potrebbero rappresentare trenta gradi del ciclo corrispondente all’Era del Leone (si tratta però della casa zodiacale che sorgeva all'equinozio di primavera appena dopo la fine dell' epoca aurea, dando inizio alla grande tribolazione). Il dio ebraico sembra infatti
dominare sul potere temporale del re-leone e mostrerà, col suo miracolo e con la grazia concessa al condannato, di sovrastare la potenza tutti le altre divinità babilonesi. Dario non appartiene al casato dei suoi due predecessori e, per
questo, potrebbe rientrare nel criterio di interpretazione del primo sogno di
Nabuccodonosor. Egli dovrebbe quindi appartenere al periodo corrispondente
alla porzione bronzea della statua. L'iconografia proveniente da antichi reperti conferma che Dario governerà ufficialmente Babilonia dal 522 a.C al 486 a.C. Egli è raffigurato come
un leone con le ali per il fatto che il segno dominante rispetto le successive dieci ere
precessionali è per l’appunto quello del Leone, come l’Agnello sarà capofila
del Nuovo (ed ultimo) regno della salvezza.
Sempre secondo la storia ufficiale, il suo
regno terreno sarebbe invece appartenuto all’Era precessionale dell’Ariete (2160
anni precedenti a ‘Zero Pesci’), ma perché in questo capitolo (Il sesto) viene
menzionato l’episodio della ‘fossa dei leoni’? La nostra interpretazione, in
base alle cifre riportate nel testo, indicherebbe che nei 30 giorni (gradi
precessionali di 2160 anni solari durante i quali Daniele insiste nel suo
‘reato’ di venerare il dio ebraico, blasfemo a Babilonia), in sostanza, sta
imponendo il suo potere a quello pagano che nella scala precessionale
corrisponderebbe alla prima Era del Leone. Il dio di Daniele quindi preserva il suo devoto dalla punizione e
impone al Leone la propria volontà che lo stesso Dario, di fronte all’evidenza
del prodigio appena veduto, non tarderà a riconoscere. Se proiettiamo la figura
della grande statua dai piedi d’argilla sui simboli appena descritti sembra
allora che questo episodio - in senso precessionale - appartenga alla porzione
bronzea della statua; ma per capire questo passaggio dobbiamo ipotizzare che
l’autore del Libro di Daniele operi sulla base di due livelli temporali: uno
effettivo (storico, contemporaneo), l’altro precessionale. L’Autore dunque, utilizza l’aggancio storico della propria epoca, per poi proiettarlo sulla scala precessionale corrispondente agli
ultimi 39000 anni solari, intervallo di
tempo compreso su scala minore, fra Leone e Pesci (+ Acquario; o 'Aquario'); ciò perché gli evangelisti chiamati in causa operano allo stesso modo rispetto a un periodo di 13000 anni solari. Per avere migliori ragguagli dell’operazione
intentata nei Vangeli, consiglierei la consultazione di un interessantissimo
lavoro sul sito Profezie Evangeliche .