lunedì 1 novembre 2021

Il profeta Daniele alle prese con l'Axis Mundi (Quarta parte)

 La perpendicolarità dell'asse terrestre col piano dell'eclittica:                                               reale fenomeno planetario o abbaglio dei mitografi? 

                                                                                                                        Odilon Redon. La caduta di Fetonte

Introduzione

   Lo schema del grande fuoco, preceduto dall’equilibrio della fase aurea, secondo le analisi sviluppate nel sito Axis Mundi,  rappresenterebbe i grossi cambiamenti climatici conseguenti al  ciclo stagionale che a sua volta sarebbe stato provocato dallo spostamento dell’asse terrestre combinato ad altri minimi fenomeni orbitali, fenomeni tanto ridotti che gli esperti li hanno ignorati e ritenuto insignificanti per tanto tempo. Una  serie di fattori astronomici in stretta concomitanza fra loro,  avrebbe  provocato l’alternanza del caldo estivo (il fuoco del mito, per l’appunto) e del freddo invernale, fattori decisivi per lo sviluppo dell’agricoltura e della pastorizia. I ritmi delle attività umane si regoleranno e consolideranno successivamente intorno a questa importante caratteristica climatica: le stagioni, che forniranno all’uomo la possibilità di costruire, sull’accumulo delle risorse alimentari, le prerogative della propria sopravvivenza e del successivo incremento demografico.

Una catastrofe recente o un abbaglio collettivo?

   Ciò che però sembra sfuggire alla nostra perspicacia è il periodo effettivo durante il quale sarebbe realmente avvenuto questo importante stravolgimento climatico e si sarebbe verificato su tutto il pianeta il ben noto fenomeno dell’alternanza stagionale.  Andrea Casella e Marco Maculotti,   stabiliscono  come data di riferimento l’Era dei Gemelli (quando La vergine occupava il coluro soltiziale estivo), indicando pertanto la data (approssimativa) di 4500 anni a.C.  E qui i nostri conti, confermati dai  numeri riportati nel Libro di Daniele, non paiono in sintonia coi due Autori. Da tener presente, in questo caso, è il fatto che la fine dell’Età dell’Oro sarebbe astronomicamente determinata (secondo gli Autori citati) dallo spostamento della via ascendente che originariamente, cioè durante l’Età dell’Oro, era stata identificata con la Via Lattea. In sostanza, sempre secondo il parere degli Autori in questione, in questo periodo si sarebbe verificata l’inclinazione dell’asse terrestre, fenomeno  che l’astronomia ufficiale avrebbe anticipato di parecchio tempo. Secondo noi, invece, non si sarebbe trattato di un movimento rapido, ma casomai lento, corrispondente al fenomeno dell’obliquità dell’eclittica, la cui misura attuale, 23 gradi e 27 primi, si sarebbe potuta calcolare, con le dovute approssimazioni, già diversi secoli prima di Cristo (Enopide di Chio). A rafforzare questa nostra idea, sta il fatto incontestabile che a piccole variazioni dell’inclinazione dell’asse terrestre corrisponderebbero forti cambiamenti climatici.  Andiamo comunque, con ordine, andando a ripescare alcuni punti controversi del post su Axis Mundi dal titolo: ‘Il significato dell’Età dell’Oro. Astrea e la caduta di Fetonte’, a firma di Andrea Casella.

    L’Autore comincia la sua analisi ricordandoci che il mito dell’Età dell’Oro è stato menzionato nei testi sacri di molte tradizioni, per poi giungere alla nostra epoca per bocca e penna di poeti e antichi cantori.

PREMESSA.                                                                                                                                                                              Tutti i popoli del mondo – scrive il Casella – hanno raccontato come fosse una favola, il mitico Primo Tempo dell’umanità, un periodo di abbondanza  e armonia in cui gli déi camminavano sulla terra con gli uomini.” Ancor oggi, nel lessico popolare con questo appellativo si usa indicare un’epoca di fasti, glorie passate e di equilibrio sociale. Anche a nostro avviso, la celebre formula poetica nasconde ‘sotto il velame di versi strani’ ben più concreti contenuti astronomici. Così continua Andrea Casella: “La nostra era, quella dei Pesci, iniziata intorno all’anno zero (Zero Pesci), in precedenza era stata l’Era dell’Ariete e ancor prima, l’Era del Toro (4200 anni a.C.). Circa 6500 anni precedenti la venuta del Cristo, poco prima dell’alba dell’equinozio di primavera avremmo visto splendere nel cielo le stelle del segno dei Gemelli, mentre al solstizio d’estate avremmo potuto ammirare sorgere eliacamente il segno della Vergine (Astrea), all’equinozio autunnale la costellazione del Sagittario e al solstizio d’inverno quella dei Pesci. Erano dunque questi i quattro pilastri che reggevano il mondo quadrangolare degli antichi osservatori del cielo, alla fine dell’Età dell’Oro. Si dice infatti che la Vergine celeste, in quel tempo, camminasse fra gli uomini distribuendo pace e giustizia. Alla fine del penultimo Manvantarah, non a caso Vishnù appare sotto forma di pesce” e , aggiungo io , anche dalle catacombe romane e da scavi effettuati nei dintorni, ci giungono vari reperti  che raffigurano animali comuni dotati di coda di pesce.                                                                                                                                                                

   In genere, gli archeologi non hanno mostrato attenzione per queste lastre di pietra scolpite a mano, forse perché incapaci di fornire una qualche interpretazione. In questo senso, le successive parole del Casella paiono suggerire qualcosa di importante: “Vishnù-pesce annuncia a Satyavrata (Manu)  che presto il mondo sarebbe stato sommerso dalle acque (diluvio) e che, per salvarsi, egli avrebbe dovuto rifugiarsi in un’arca (legno di frassino per la mitologia nordica. E qui torna il motivo/simbolo del legno).                                                                                                                                                             


  Il dato davvero dirimente ce lo forniscono tuttavia De Santillana e la Dechend (paragrafo tratto da Il Mulino di Amleto): ‘Al tempo Zero (è la definizione indicante lo Zep Tepi egiziano) i due cardini equinoziali del mondo erano stati quelli dei Gemelli e del Saggitario, tra i quali si estendeva l’arco della Via Lattea’. L’immagine dell’arco sfavillante della Via Lattea teso fra i cardini equinoziali esprime chiaramente il concetto di via (ascendente e discendente) aperta: ecco perché uomini e dèi potevano incontrarsi! Viene dunque sottolineato come la virtù dell’Età dell’Oro fosse in senso cosmico la coincidenza del punto d’incrocio fra eclittica-equatore celeste e   eclittica-Galassia,  che raccordavano il nord e il sud del firmamento. “Come detto - prosegue il Casella – la Vergine celeste sorgeva eliacamente al solstizio d’estate portando in mano una spiga di grano (la stella detta Spica è infatti l’astro principale della costellazione) come nunzia della mietitura”. A suo giudizio, pertanto, questa epoca (circa 6000 a.C.) avrebbe visto nascere l’agricoltura; ma questa  datazione rimane per noi incerta, perché non risulta confermata da precisi studi di settore (Antropologia, Biologia), nei quali  si tende invece a collocare l’origine  di questa fondamentale tecnica di coltivazione, intorno a 10-12000 anni fa o , secondo studi più recenti, addirittura a 21000 anni prima di Cristo, e non perciò in corrispondenza dell’ultima Era dei Gemelli.                                                                                                 

                                               L'arco temporale dal segno del Leone (A) all'Acquario (B) si estende per quasi 39.000 anni    

Leggiamo ancora su Axis Mundi: “Scrive Robert Graves (nell’introduzione a I miti greci),  meno attento alla questione delle date: ‘In tutta l’Europa neolitica le credenze religiose erano piuttosto omogenee e tutte basate sul culto della dea madre dai molti appellativi: L’antichissima relazione fra la Vergine e il Sole, giunge attraverso i meandri del tempo fino a periodi relativamente recenti, riversandosi nella dottrina iniziatica dei Misteri Eleusini, con Demetra che partorisce Dioniso.  Ora, è fin troppo noto che l’Età dell’Oro vide come suo sovrano Kronos-Saturno (figlio di Gaia e di Urano stellato). I Saturnali potrebbero allora esser stati, più che una festa  antropaica in cui si sovvertivano i ruoli sociali, una commemorazione di quell’aureo tempo mitico in cui non c’erano distinzioni  tra dèi del firmamento,  uomini della terra e spiriti. Si potrebbe, a tal proposito, condurre uno studio comparato su tutte le festività arcaiche, il cui significato primordiale potrebbe essere soprattutto astronomico e astrologico; significato che in seguito si perse nell’apparenza di una ritualità dedicata alla vegetazione, all’agricoltura organizzata, al  grano e alla fertilità (Frazer). Risulta alquanto significativa anche la ritualità degli indiani (d’America)  Cherokee ( J. Frazer . Il ramo d’oro. Pag 585) i quali raccontano di un’antica disperazione umana per la perdita dei punti cardinali del ‘campo celeste’.  Andrea Casella commenta così : “Come si sa, quella condizione  aurea venne meno intorno al 4500 a.C. . Di questa tragedia è rimasto un pallido ricordo che narra di un incendio della terra.”  E di quello sconquasso parla anche la vicenda di Fetonte. Fetonte convinse un giorno suo padre, Helios, a lasciargli condurre il suo carro. Sfortunatamente, durante il tragitto i cavalli si imbizzarrirono, spaventati dagli animali dello zodiaco e Fetonte finì la sua corsa andando incontro alla morte, mentre il carro si rovesciava e incendiava tutta la terra.Così Manilio in Astronomica I° ( pg. 748-749): “ Il mondo prese fuoco e in nuove stelle accese chiaro ricordo di suo fato reca”. Che le peripezie di Fetonte non fossero solo il pretesto per una storiella moraleggiante lo dimostra anche Platone per bocca di un sacerdote egizio (Timeo 22c-d) che conversando con Solone rivela: “Ci sono state molte catastrofi per l’umanità e molte   ancora ve ne saranno, le più grandi dovute al fuoco e all’acqua, altre meno gravi provocate da infinite cause. Ciò che si racconta per esempio anche da voi  e che una volta Fetonte, figlio del Sole, dopo aver aggiogato il carro del padre  ed essendo incapace di guidarlo lungo il percorso stabilito dal genitore, fece bruciare tutto ciò che si trovava sulla terra e morì lui stesso fulminato”.     Giustamente Andrea Casella ricorda che la vicenda di Fetonte si tramanda  sotto forma di mito, mentre la verità è che si dà una deviazione dei corpi che si muovono nel cielo intorno alla terra e una distruzione di ciò che si trova sulla terra, per un eccesso di fuoco. Ma cos’è, più precisamente, questo fuoco ? Sembra qualcosa che abbia a che fare direttamente col cielo. “Questo fuoco , conclude il Casella, non è altro che il coluro equinoziale di cui abbiamo parlato, corrispondente al cerchio massimo passante per i poli celesti e i punti equinoziali, e che , nell’Età Dell’Oro, coincideva con la via Lattea, tenendo uniti saldamente l’Equatore celeste e l’eclittica. Gli Aztechi consideravano Castore e Polluce, le due stelle principali della costellazione dei Gemelli, i primi bastoncini da fuoco, quelli da cui l’umanità aveva imparato come produrre la combustione  per sfregamento”. Per Andrea Casella insomma,  tutto sembra abbastanza chiaro, a patto di considerare che nell’Età dell’Oro, il primo termine dell’arco equinoziale della via Lattea era posto nei Gemelli.   

Tornando al pezzo su Axis Mundi (Approfondimenti su Il fuoco celeste, Kronos, Fetonte e Prometeo   si è dunque visto che nell’Età dell’Oro  le tre grandi linee celesti erano unite a costituire l’armatura-asse del mondo. La via che collegava, la terra dei vivi, il cielo e il regno dei morti, era aperta e non vi era distinzione fra uomini in carne ed ossa e immortali. Il problema rimasto insoluto riguarda perciò l’esatta cronologia in cui questa epocale separazione cosmica sarebbe avvenuta, poiché il segno dei Gemelli, quello a noi più prossimo, al quale in tutta evidenza si riferisce il Casella, (cioè al tempo di circa 8000 anni fa o, 6000 anni prima di Cristo.) non sembra trovare conferme nelle soluzioni delle moderne discipline scientifiche.

Continua qui

                                         


20 commenti:

  1. Anonimo20:22:00

    Forse occorrerebbe illustrare uno schema dell Obliquità dell'eclittica. Non tutti hanno idea di cosa sia.

    RispondiElimina
  2. Forse sì. Ma oggi la rete offre ampie spiegazioni. Per il resto le è sembrato comprensibile ciò che volevo dire?

    RispondiElimina
  3. Anonimo18:57:00

    Il dato che ponete come oggettivo mi sembra che sia quello di negare la possibilità di eventi catastrofici. Tutto si sarebbe verificato nella misura ordinaria di moti dell'asse terrestre ben conosciuti e documentati dalla scienza. Il fuoco non sarebbe stato altro che il lento formarsi delle stagioni, in seguito alla lenta oscillazione dell'asse terrestre secondo il millenario movimento dell'Obliquità dell'eclittica. Questo è tutto ciò che ho capito

    RispondiElimina
  4. Sì, hai capito bene. Ma non è solo l'OE a determinare glaciazione e 'combustione'. Entra in gioco anche un altro fattore. Consiglierei come introduzione al prox post, la consultazione di questo articolo :
    https://www.meteoaquilano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=195&Itemid=157

    RispondiElimina
  5. Daniel16:25:00

    interessante spiegazione

    RispondiElimina
  6. Bastian C04:59:00

    molto interessante anche per me. ma se l'età del fuoco non corrisponde coi gemelli dovrebbe cominciare dopo la glaciazione al punto zero astronomico del primo schema. fra scorpione e bilancia. però i miti non parlano di scorpione e bilancia

    RispondiElimina
  7. Questo è uno di quei problemi irrisolti. Per questa ragione ho allestito questo luogo di confronto.Il problema tuttavia è concreto: un' inclinazione dell'Oe di venti gradi ad appena seimila anni da noi, non è compatibile con evidenze geologiche! ma ciò a cui voglio arrivare è che non è compatibile neppure con la narrazione mitica! Non è messa in dubbio l'interpretazione del Casella, ne della coppia de Santillana Dechend. Costoro parlano del mito così come lo raccontano i mitografi. Ma in questa ricostruzione i conti non tornano.

    RispondiElimina
  8. La loro ricostruzione viene confermata soltanto sotto un profilo antropologico, per ciò che concerne vecchie ricerche sull'origine dell'Agricoltura. Tuttavia, studi più recenti arretrano questa datazione (quella dell'origine dell'attività agricola), a ventimila anni, in corrispondenza dei 19000 della scala guenoniana e persino reperti sulla produzione del primo pane riconducono a una data di 14000 anni (fonte wikipedia). E per fare il pane occorreva il grano, come si sa. E in fin dei conti le condizioni climatiche successive alla deglaciazione indicano che potenzialmente l'agricoltura avrebbe potuto trovare terreno favorevole per le colture molto prima del 4500 a.C.

    RispondiElimina
  9. Daniel20:01:00

    L'evento catastrofico, se mai ci fosse stato e semmai avesse ispirato i racconti sul diluvio universale, è datato secondo wiki, 7000 anni c.C. Ma di recente molti studiosi negano la possibilità di un fenomeno d'inondazione rapido, cioè di un cataclisma. Wikipedia non aiuta! dunque le leggende , senza escludere fenomeni catastrofici localizzati, si riferisce ad altro. Io avevo pensato all'innalzamento del livello dei mari e all'allagamento di vasti territorio, un tempo abitati e magari coltivati, successivo alla deglaciazione. In rete vi sono varie carte col le terre emerse durante la glaciazione di Wurm. Se si apprezza un deciso scioglimento dei ghiacciai intorno a 13-14000 anni fa penso che ci si avvicini al vero e che qualche risposta al problema si possa azzardare. ma l'era dei Gemelli sembra comunque troppo vicina.

    RispondiElimina
  10. Il mito della terra combusta, e del fuoco di Fetonte può esser stato ispirato da fonti precedenti ma messo per iscritto inizialmente durante l'Era dei Gemelli. Per me è possibile che il mito abbia attinto dal fenomeno della discrepanza stagionale dovuto alla variazione dell'Oe. Gli ingredienti cosmici dunque c'erano già tutti ben prima del 6000 a,C. E' possibile però che per cercare un aggancio storico le fonti arcaiche abbiano valutato anche i racconti di catastrofi locali, come dici tu.

    RispondiElimina
  11. Anonimo18:17:00

    Buon giorno Fabio. In linea di massima i miti di Fetonte e di Prometeo avrebbero attinto da fonti più antiche. E’ verosimile, ma la storia dei Gemelli ritrovata nelle favole degli indiani d’America e, come ho letto, nella ‘zangola’ (principio dell’archetto per accendere il fuoco, affine ai bastoncelli) degli Asura e dei Deva indù (Bhāgavata Purāṇa VIII, 7), mostrano un richiamo molto più recente nel confronto con le date che proponete voi.

    RispondiElimina
  12. Siamo d’accordo. IL mito dei bastoncelli si riferisce al segno dei Gemelli (alla levata eliaca dell’equinozio di primavera di circa 6000 anni prima di Cristo) . Questo dato lo accettiamo come tradizione mitologica orale e scritta, attenzione però: valutiamo prima la questione delle grandi glaciazioni in rapporto all’inclinazione dell’Obliq dell’eclitt, e stabiliamo in seguito, quali evidenze climatiche e geologiche questi fattori avrebbero potuto provocare. I primi redattori del mito sacro li hanno poi tramandati ai posteri fin dalla notte dei tempi , finché qualcuno non li ha messi su pergamena o papiro. Questo è il nostro approccio alla questione!

    RispondiElimina
  13. precisazione. E’ indubbio, a meno di non sconfessare personalità del calibro di Santillana, che i redattori del mito abbiano collocato questi famosi racconti nell’era dei Gemelli per rimarcare il simbolo degli elementi fisici necessari a produrre il fuoco artificiale. Però il concetto allegorico di terra combusta avrebbe potuto verosimilmente prender corpo in seguito al fenomeno della deglaciazione che, come abbiamo rilevato su fonte Wiki, a parte la Siberia, in tutti gli altri luoghi, dal Nord America, all’Europa, dalle Ande a Taiwan, hanno terminato il loro decorso intorno a 13-14.000 anni avanti Cristo.
    Sul piano della variazione dell’OE le datazioni relative alla scala guenoniana sembrano conciliarsi con questi fattori geologici ed è a questi che probabilmente il mito del Fuoco, correlato alla nascita delle stagioni, si ricollega in senso tardivo ma palese. Il mito scritto riguarda perciò, a mio modo di vedere, una narrazione postuma degli eventi astronomici (inclinazione assiale) e geologici (glaciazioni e allagamento di terre emerse).

    RispondiElimina
  14. Rudolf B20:03:00

    Vi seguo con attenzione ma sarebbe utile uno schema riassuntivo

    RispondiElimina
  15. Sto ultimando il post in cui cercherò di relazionare in un unico grafico lineare le correlazioni che , giustamente, mi chiede. Per il momento propongo alla sua/vostra attenzione un elenco delle glaciazioni verificatesi a diverse latitudini del globo.

    La glaciazione Würm in realtà rappresenta l'effetto prodotto dall'ultima glaciazione su una zona specifica come le Alpi o la Sierra Nevada, ma per convenzione essa viene estesa anche a livello globale come l'equivalente di ultimo periodo glaciale, il più recente periodo glaciale compreso nell'attuale era glaciale, avvenuto nel Pleistocene, incominciato circa 110.000 anni fa e terminato all'incirca 11.700 anni fa.

    In altre regioni Major Glacial 4 del Pleistocene riceve un nome locale. Nella regione alpina è la glaciazione del Würm , in Gran Bretagna la glaciazione del Devensian , in Irlanda la glaciazione del Midland e in Nord America, la glaciazione del Wisconsin .

    La massima estensione della glaciazione della Siberia occidentale avvenne approssimativamente da 18.000 a 17.000 anni. Poi comincia il degrado della calotta ghiacciata

    La glaciazione Pinedale (Montagne Rocciose centrali) o glaciazione Fraser (ghiacciaio continentale della Cordillera) fu l'ultima delle maggiori glaciazioni ad apparire sulle Montagne Rocciose negli Stati Uniti. La Pinedale durò approssimativamente da 30.000 a 10.000 anni fa

    La Tioga fu la meno intensa e l'ultima dell'Episodio del Wisconsin. Essa ebbe inizio circa 30.000 anni fa, pervenne al suo massimo avanzamento 21.000 anni fa, e terminò circa 10.000 anni fa. Al culmine della glaciazione, il ponte di terra sullo stretto di Bering permise la migrazione di mammiferi così come di uomini dalla Siberia verso il Nord America.

    Le glaciazioni nell'emisfero antartico furono meno estese a causa dell'attuale configurazione dei continenti. C'erano calotte ghiacciate nel ghiacciaio patagonico delle Ande e ci sono tracce di sei successivi avanzamenti glaciali tra 33.500 e 13.900 anni fa nelle Ande cilene.
    Alcune aree di Taiwan si ghiacciarono ripetutamente tra 44.250 e 10.680 anni fa[13] e lo stesso fenomeno si ripeté nelle catene montuose giapponesi. In entrambe le aree, la massima estensione dei ghiacciai si ebbe tra 60.000 e 30.000 anni fa.

    Il nome glaciazione del Mérida viene proposto per designare la glaciazione alpina che interessò la Ande venezuelane centrali durante il tardo Pleistocene. La datazione con il radiocarbonio indica che le morene risalgono a più di 10.000 anni fa, o forse anche a più di 13.000 anni fa. Il livello della morena più bassa probabilmente corrisponde al picco dell'avanzata glaciale del Winsconsin. Il livello più elevato probabilmente rappresenta l'ultima avanzata glaciale (Tardo Wisconsin).

    Il ghiacciaio della Cordillera produsse caratteristiche come il lago glaciale Missoula, che rompeva il suo sbarramento di ghiaccio causando le massicce inondazioni di Missoula. I geologi stimano che il ciclo di inondazione e ri-formazione del lago durava circa 55 anni e che le inondazioni si ripeterono approssimativamente 40 volte nell'arco di tempo di 2.000 anni che va da 15.000 a 13.000 anni fa.

    RispondiElimina
  16. Daniel21:04:00

    : In Rete ho trovato alcune ricerche che parlano della catastrofe dell’inondazione rapida del Mar Nero , che prima era un lago, attraverso lo stretto del Bosforo; ma ho trovato anche ricerche che negano questa possibilità, cioè non condividono i criteri di ricerca adottati dai sostenitori della tesi catastrofica. Altre attestano addirittura la possibilità del processo contrario, dunque di acque che passano lentamente dal bacino del lago al mare per effetto di esondazioni fluviali (evidentemente si parla di fiumi che sfociavano sul lago sottoposti forse a un abnorme immissione di acqua per effetto di abbondanti piogge).

    RispondiElimina
  17. Anonimo21:05:00

    . Quindi possiamo dire che da 13.000 anni prima di Cristo la terra cominciasse a presentare territori interamente liberi dai ghiacci. Condivido il concetto di narrazione tardiva.

    RispondiElimina
  18. Repetita iuvant. Credo che se si tratta di catastrofi locali, non su scala globale, si può farle rientrare nel nostro ragionamento. Di globale vi è dunque, in senso assoluto, la variazione dell’OE, l’aumento progressivo della differenza fra giorno e notte e il conseguente fenomeno dell’alternanza stagionale. Gli effetti però, in termini di glaciazioni non hanno avuto un effetto costante su tutto il pianeta, nel senso che la formazione e lo scioglimento del manto di ghiaccio ha riguardato latitudini diverse in tempi diversi. Vedere la precedente bozza dello schema tratto dalle informazioni di Wikipedia.

    RispondiElimina
  19. Ho trovato lo schema su Wikipedia. Interessante il fatto che dopo il 13000 avanti Cristo si noti una chiara riduzione dei ghiacci su scala pressappoco globale. Comunque la de-glaciazione interessa le zone in cui sono nate le leggende. Come si spiega questa mancanza di regolarità, cioè certe glaciazioni sembrano esser durate tanti anni, centinaia di migliaia anche se poi finiscono per terminare tute pressappoco intorno a quella data così importante : 13.000 o 10.000 anni prima di Cristo.

    RispondiElimina
  20. provo a risponderti con un occhio alla spiegazione dell’astronomo serbo Milutin Milankovitch. Effettivamente la glaciazione che va da 110.000 anni a 13.000 anni AC , andrebbe a sovrapporsi all’Età dell’Oro che per definizione non poteva contemplare una tal estremità climatica. Bisogna allora considerare le aree del Globo interessate dal fenomeno. Da 110000 anni a 38000 anni fa queste aree evidentemente non potevano ospitare vaste comunità di individui che invece avrebbero potuto proliferare più a sud. Ciò che però conta, secondo me dev’essere l’inclinazione dell’asse terrestre , ancora non sufficiente a formare stagioni e dunque a consolidare a ogni latitudine lo stato climatico. Col formarsi delle stagioni , quindi da 38000 a 19000 anni fa la glaciazione di Wurm si è estesa fino al culmine, evidentemente ciò fu dovuto al verificarsi delle condizioni opposte a quelle che, dopo i 19000 anni fa, determinarono l’incremento del calore. In entrambi i casi l’aumento prima del freddo e poi del caldo è forse dovuto all’effetto delle stagioni sommato alle diverse distanze del pianeta dal sole secondo lo schema concepito dal serbo Milankovitch. Ciò non toglie tuttavia che in certe zone, localmente e limitatamente, il fenomeno della glaciazione e della deglaciazione può esser stato più rapido o più lento, come in Siberia. Il contesto generale però mi sembra possa essersi svolto così come detto.

    RispondiElimina