mercoledì 6 dicembre 2023

Controcorrente: Il re della foresta o no?

 Fra il serio e il (poi mica tanto) faceto.                                                                                                                                                                             
   Abbiamo visto nel precedente post  , che Aristotele non prendeva in considerazione descrizioni di fenomeni e leggi fisiche che fondassero il loro significato su condizioni ideali e completamente astratte, il che vuol dire anche : estrapolate da una realtà che si presentava con caratteristiche peculiari  e perfettamente osservabili (Ad esempio il movimento di un corpo privato dall'attrito naturale dell'aria, non si può osservare nella realtà, quindi il concetto è astratto). Ciò che intendeva chiaramente affermare il filosofo di Stagira, oggi tutt'altro che recepito a livello accademico, e che determinate astrazioni fossero del tutto improponibili nel contesto fisico reale. La nostra cultura tecnologica è invece fondata su leggi che propongono condizioni puramente astratte, condizioni cioè meno che improbabili sul nostro pianeta e ciò, quando non intervengono verifiche di carattere sperimentale, rende tali criteri talvolta indistinguibili dalle macchinazioni dell'ideologia di potere. Anch'essa, infatti, costruisce i suoi 'postulati'  su condizioni immaginate che non trovano riscontro nel mondo fisico. Il mito del 're della foresta', rappresenta una fra le tante astrazioni del pensiero ideologico, dove un modello (extra-biologico, quindi metafisico) non-reale viene imposto sulla base di una correlazione fittizia col dato empirico, che tuttavia fa comodo a una certa logica opportunistica . Pensiamo al modello di potere monarchico, al suo carattere essenzialmente verticistico che poggia sull'autorità indiscussa del sovrano. Per conferire attendibilità assoluta a questa astrazione, farla cioè apparire come determinazione naturale, ecco allora che occorre ideare un analogo modello, sostenuto da leggi naturali (in realtà si tratta di leggi non-empiriche perché, come vedremo più avanti, l'osservazione diretta propone altri e più significativi dati), fino ad un certo periodo considerate di esclusiva pertinenza divina. Allora è possibile che la natura venisse descritta con specifiche caratteristiche di comodo, affinché valesse un principio valido tanto nelle società degli uomini che in quelle degli animali .  Almeno gli antichi eruditi, cercavano questa analogia (Il:  'così sopra, così sotto) attraverso l'osservazione, quella sì meticolosa e scientifica, delle sempiterne dinamiche astrali. Chi dunque avrebbe mai dubitato dell'autorità del tiranno se il suo governo fosse posto sullo stesso piano dell'ordine naturale voluto da Dio (In tempi moderni voluto dalla scienza) ? Quale miglior modello si poteva dunque scegliere se non quello biologico predefinito dall'imperscrutabile autorità divina? 

 
Nullius in verba, ovvero, la scienza prima di tutto

    Prendiamo in considerazione  il mito del 're della foresta'. Questo concetto è dovuto soprattutto alla interpretazione ideologica promossa dalla  Royal Scientific Society, un' istituzione fondata  e sovvenzionata dalla corona britannica nel 1660 , proprio col fine di sostenere l’idea di una regalità, (quella del sovrano) perfettamente contemplata dalla natura e , ufficialmente proposta sulla traccia della filosofia baconiana. Proveremo a dimostrare che certe analogie appaiono fuorvianti ed oltretutto, alquanto superate. Per farlo cercheremo di capire se davvero il leone, re indiscusso della brughiera africana, goda degli stessi diritti e privilegi di un monarca.  Osserveremo quindi in chiave umoristica, ma non per questo meno attendibile, a quale destino andrebbe incontro il povero tiranno del bush africano se, anziché dare per scontata la prospettiva dominante, provassimo ad osservare nel tempo quanto durano i suoi 'privilegi di corte' e a quale carissimo prezzo esso deve guadagnarseli assieme all'agognato scettro del potere. Il quadro, ben chiaro agli etologi moderni, mette in evidenza la transitorietà del suo ipotetico dominio, le inaudite difficoltà a cui deve far fronte una povera bestia per garantirsi il primato per la discendenza e il sostentamento alimentare; cosa ben diversa dall'agevole regalità degli umani che poco ha da spartire – ribadiamolo - con quella decisa dalla natura. (La natura infatti, non prevede l'abdicazione, o la tranquilla uscita di scena per limiti d'età, del sovrano. La natura definisce l'alternanza di potere  in modo esclusivamente cruento. )


Il re della Foresta, figura ideologica costruita a tavolino, o rappresentazione  di un modello d'ordine naturale? (Di Fabio Painnet Blade)

 Il mito del Re della foresta? Ah ah. Frottole, datemi retta! Solo fandonie messe in giro per convenienza!

 A badarci bene questo altisonante titolo, al leone, glielo dovrebbe aver appioppato un biologo al servizio della corona britannica, spacciandolo com'è ovvio,  per insindacabile tesi scientifica. A conti fatti, però, l’equazione non torna. L’idea di fondo della supposta regalità leonina sarebbe dunque una costruzione immaginaria (Un'astrazione direbbe Aristotele) edificata su uno zoccolo di inaudite falsità. Non occorre grande arguzia per capire il vero ruolo del povero leone, sottomesso ai doveri di una nobiltà imposta dalla scienza degli uomini. Insomma, dopo averci convinto che la società degli umani sia simile, e talvolta perfino sovrapponibile, a quella delle bestie, tesi già dimostratasi poco attendibile, questo turpe inganno ha edificato la sua propaganda su congetture infondate, ammantandole a posteriori di spuria solennità accademica: s’è sempre detto con inaudita malafede che l’uomo, come il suo alter-ego della savana africana, avesse da soddisfare brame di virilità e potere sulla moltitudine diversificata delle femmine del branco, attraverso una promiscuità sessuale legata ad ineludibili finalità riproduttive. Ma ciò non si è rivelato corretto, in quanto s’è omesso di ricordare che la femmina della specie sfrutta meglio e a fondo tale opportunità, infatti essa può profittare di numerose occasioni da accoppiamento molto comodamente e per un tempo ben più lungo di quello del maschio, il quale oltretutto se lo deve guadagnare a suon di artigliate, o rinunciarvi del tutto.

 Per la femmina, il privilegio della promiscuità sessuale è una condizione conseguente ad ogni cambio di scettro che comporta delle buone opportunità,  come quella di accaparrarsi le attenzioni dell’esemplare più in forma del clan, e di farlo nel rispetto di quella legge dell’alternanza a cui son soggetti con troppa frequenza i capobranco di ogni specie; in realtà, dunque, la posizione di favore di una o più femmine durerebbe per tutta la vita e non solo per il breve periodo di una stagione che ad ogni anno solare correrebbe il rischio di concludersi violentemente e definitivamente. In sostanza, la parentesi riproduttiva nella vita di un singolo maschio (quella della dominanza e dei sollazzi) una volta espletati gli impegni più immediati (conflitti, alimentazione, malattie e quant’altro) si ridurrebbe ad un intervallo estremamente limitato nell’arco della propria esistenza. Pertanto sembra scontato che nel mondo delle bestie a  spassarsela  fino  in fondo   non  sia affatto il  maschio  adulto, bensì la femmina. In seno ad una comunità di mammiferi evoluti, come di uomini, la dominanza sarebbe dunque da intendersi come la peggiore delle fregature! Sono pronto a scommettere che le cose non vadano poi tanto bene neppure nell’habitat di specie meno nobili ... Per due o tre accoppiamenti  di un maschio, le femmine stanno in fregola per tutto il resto della vita: questo è il punto! E non c’è legge darwiniana che possa negarlo: esser ‘capo’, in sostanza, si riduce ad un gran brutto impiccio! Tornando al nocciolo della questione direi allora che i grattacapi annessi ad una tale, misera condizione, li dobbiamo essenzialmente al vezzo di voler servire contemporaneamente due padroni che si gongolano  nei guai che il povero uomo trae dai suoi romanticismi sentimentali. Ma per farlo, l’ho detto e ridetto, tali despoti debbono servirsi della donna! Entrambi i tiranni, possessori della nostra anima carnale, sembrano ben attaccati al loro scettro, irrinunciabile appendice di un’indole portata al comando ed al capriccio per il quale l' XY biologico è indotto a soddisfare contemporaneamente le brame della propria indomabile voluttà o i dettami dei più immediati istinti riproduttivi. Essi vivono un antagonismo latente e si affannano allo spasmo per prevalere sulla corruttibile volontà umana.                                                                          
Nelle figure  sopra e sotto:  ecco come il concetto si insinua nella cultura: libri illustrati per bambini, giocattoli e gioielli. 

              

 
















 

  


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