lunedì 4 aprile 2022

Le settanta settimane lunghe più di 35.000 anni (Decima parte)

                   

                                          Profezia delle settanta settimane

E’ con la profezia delle settanta settimane che l’Autore del Libro di Daniele esalta  le sue migliori qualità di sapiente. E qui entriamo dritti dritti nel contesto cifrato dei testi, ovvero nel merito di una serie di numeri che si ripetono con grande frequenza in altri libri della tradizione giudaica, e non solo. 



              " L’accumulo di parole e testi non significa distanziarsi dalla

                     Verità  ma  dipanarla,  aggiungere  significato,  arricchirla. 

                    Le  fonti  originarie  servono  allora come punto di partenza 

                    per una ri-narrazione. Ma proprio questa ri-narrazione deve

                    esser vista come un  atto  di fedeltà  ai modi della tradizione , 

                   un’operazione quasi filologica  di innesto in una trasmissione 

                   testuale in continuo divenire "


                                                                                Elena Loewenthal


 Vorrei cominciare quest’ultimo capitolo - il decimo oramai, sui contenuti cifrati della/e profezia/e di Daniele –  sollecitando l’interesse dei più su alcune riflessioni di Elena Loewenthal rispetto all’uso che la tradizione ebraica ha fatto del materiale raccolto intorno ai testi sacri; tale considerevole bagaglio narrativo non è sempre approdato alla versione ufficiale della Bibbia ebraica,  è invece spesso stato rielaborato in chiave apocrifa rimanendo nei secoli a completa disposizione di una ristretta cerchia di iniziati. Vorrei ricordare che la Bibbia cattolica ha selezionato nel tempo una serie di libri rifiutati dalla Bibbia ebraica, o in contrasto coi suoi principali dogmatismi. Se pertanto prestassimo fede alle ponderate parole della Loewenthal e cominciassimo a comprendere che il patrimonio letterario proveniente dal passato fosse stato conservato e preservato senza censure come un continuo arricchimento nozionistico, potremmo forse , in conformità alla tradizione cabalistica,  attribuire  un senso compiuto al corpo di testi giunto fino a noi  senza amputazioni di sorta. Ci piace pensare che la progressiva stratificazione dei racconti e dei miti si sia accumulata nella memoria scritta ed ancor più in quella orale, come viva roccia magmatica e che, con un mantello sopra l’altro, abbia strutturato un disegno d'insieme molto simile alle fasi dell’evoluzione geologica del nostro pianeta, il quale per essere ben compreso  dagli studiosi, non deve trascurare nulla. In questa precisa ottica abbiamo così analizzato i numerosi testi del  Libro di Daniele, ricavandone nozioni astronomiche e conoscenze di assoluto rilievo. O così almeno ci è parso di fare ogniqualvolta ci siamo trovati di fronte a precise corrispondenze numeriche contemplate – si badi bene -  entro differenti ambiti letterari. Valutando con attenzione quanto appena premesso, ecco allora che il libro di Daniele ha cominciato ad apparirci come un coacervo di racconti in veste mitica, concepiti in periodi probabilmente diversi e redatti autonomamente da Autori (spesso?) sconosciuti. Ciò vale anche per il vasto apporto numerico inserito nel testo. Abbiamo difatti più volte visto ripetute le stesse cifre, qualche volta con valenza di anni solari, qualche altra volta con valenza di ore; in entrambi i casi, tuttavia, le grandezze temporali sembravano riferite allo stesso oggetto, cioè al moto assiale della terra denominato Obliquità dell’eclittica, o tutt'al più al ciclo precessionale ( Sembrerà strano, ma in alcuni casi, certe cifre apparentemente campate per aria, riportavano nella quantità di ore solari, l'esatta durata dell'anno platonico, nella stessa misura rilevata al giorno d'oggi e perciò ottenuta attraverso una misurazione assai precisa.) Non deve perciò sorprendere la mancata precisione di determinate misure riferite alla durata di medesimi fenomeni e moti planetari; frequentemente, rispetto alle cifre,  si sono osservati risultati molto simili fra loro, piuttosto che uguali, ma non per questo diversamente interpretabili in rapporto alle dinamiche astronomiche. A noi è sembrato perfino scontato che i 575 gradi delle 2300 ‘sere e mattine ’, raccontassero in realtà lo stesso fenomeno di cui parlava la Genesi, nella vicenda di Lamech con i suoi ‘77’ volte sette, cioè con i suoi 539 gradi precessionali. I 36 gradi di scarto (575-539) fra una misura e l’altra indicano, in tutta probabilità, una discrepanza fra calcoli eseguiti in epoche diverse. I 539 delle ’77 volte 7’ ci forniscono ad esempio l’entità di un intervallo che andava, quasi sicuramente, a suggellare la stessa ‘fine dei tempi’ dell’epoca conclusiva dell’Acquario, ma che forse anticipavano di 36 gradi la data dell’inizio che nel Libro di Daniele (con riferimento ai 575 gradi) sarebbe stata quella della Vergine, ovvero prima dell’età del Leone/Lamech citato in Genesi. Essendo il Libro di Daniele , quasi certamente successivo al corpo di testi del Pentateuco (dal quale è stato tratto l’episodio di Lamech), e dunque più recente, lo riteniamo a ragion veduta, più preciso. Ed infatti, dal punto 19 gradi Acquario a ritroso andrebbero contati 41.400 anni solari, quantità, come si è visto, assai vicina alla scadenza astronomica corrispondente al ciclo dell’Obliquità dell’eclittica. Né crediamo di aver fornito differenti scenari nel rilevare che in fondo, i 490 gradi citati  nella profezia delle Settanta settimane, fossero gli stessi di cui parla il Vangelo di Matteo riguardo al tema del perdono cristiano (70 volte sette). Punizione e perdono venivano così ingegnosamente equiparati  a quantità temporali molto simili fra loro. Ciò che pertanto appare degno di essere valutato è che i diversi amanuensi e curatori dell’opera (o delle opere), abbiano registrato i risultati dei loro studi senza stabilire un criterio di attendibilità che  discriminasse ed escludesse  il bagaglio dei resoconti antecedenti. La tradizione, insomma, ha preferito operare in senso inclusivo, mantenendo dignità e merito anche per i racconti, e i numeri, elaborati in precedenza, e dunque, se tutto ciò che abbiamo scritto fino a questo punto corrisponde a una corretta interpretazione del metodo, dovremmo alfine accettare senza riserve la parziale difformità fra una soluzione e l’altra.                                                                                                                                        

    In pratica,  quando nel libro di Daniele viene riportata per l’ennesima volta, la durata del momento in cui ‘cesserà il sacrificio quotidiano (che abbiamo detto essere, astronomicamente parlando, il fatidico momento in cui l’idolo della devastazione verrà innalzato, in quella porzione di tempo amputata dall’Età dell’Acquario), il testo pone come marker la fine dei tempi, definendo la durata totale di tutte le epoche in cui l’umanità ha vissuto ed è proliferata (Età dell’Oro, dell’Argento, del Bronzo, più l’epoca moderna); implicitamente, usando il verbo coniugato al futuro, l’Autore ha lasciato intendere che l’ultimo periodo apocalittico, rispetto a Daniele profeta, sarebbe dovuto ancora arrivare. Ciò può voler dire che il tempo complessivo di 1290 giorni/gradi potrebbe esser stato conteggiato all’indietro. Se prendessimo come marker futuro il primo periodo della Nuova Era, il periodo cioè della convivenza travagliata fra idolo dell’abominio e forze del bene, potremmo valutare meglio il tempo finale posto a chiusura del precedente ciclo. Affermare che quel periodo futuro  rappresenta la scadenza di un’ epoca lunga 1290 giorni è come dire, ad esempio, che dal prossimo capodanno (futuro) dovremmo calcolare un  tempo (precedente) di 365 giorni. Da quel punto all’indietro, quindi prima del capodanno, saranno contati 365 intervalli di 24 ore. Rifacendoci  pertanto alle parole del 12° capitolo del libro di Daniele, possiamo anche dire che  dal punto in cui sarà eretto il simbolo dell’abominio passeranno (= saranno trascorsi) 1290 giorni/gradi, estendibili a 1335 (Dan 12: 11-12). 

  Per la prima volta in questo testo si introduce – a nostro avviso -  il criterio del computo a ritroso, che vedremo replicato più avanti nelle famosa profezia delle Settanta settimane. Ancora una volta, crediamo che attraverso i numeri non sia stato fatto altro che trascrivere il risultato di una ulteriore ‘misurazione’ del  ciclo dell’Obliquità dell’eclittica e del lentissimo movimento oscillatorio dell’asse terrestre che ha determinato la fine dell’Età dell’Oro e il successivo periodo di ‘squilibrio’ cosmico che ha dato origine all’alternanza stagionale.  
    In  merito ai numeri menzionati nell’ultimo capitolo ( Il dodicesimo) del  libro di Daniele, bisogna però spiegare che l’ipotesi riguardo la possibilità che l’Autore biblico si riferisse all’Obliquità dell’eclittica, è dovuto principalmente al risultato ottenuto con la scomposizione degli addendi della  somma dei ‘giorni’:1290. I giorni complessivi riportati dall’Autore, 1335, possono dunque riguardare la somma aritmetica di tre quantità distinte da un importante significato cosmico: 1080 giorni + 210 giorni +45 giorni, in valenza di gradi precessionali. I  210 potrebbero essere allora, la durata esatta degli ultimi sette tempi di cui abbiamo scritto  in precedenza (link), con i restanti 45 gradi (quelli necessari a giustificare la cifra 1335) che, a questo punto, sembrerebbero proprio quelli riguardante l’Età dell’Acquario e dei Pesci, ovvero 30 gradi/giorni + 15gradi/giorni.       
   Per coloro che non sono riusciti  a riconoscere il numero 1080, riportiamo uno schema pubblicato nelle pagine precedenti, dal quale appare evidente che 540 gradi rappresentano mezzo ciclo dell’Obliquità dell’eclittica, che - nella sua escursione completa - risulterebbe, a ragion di logica matematica, uguale a 1080 gradi, o anche, 77760 anni (77.760+15.120+ 3.240= 96120).   
   L’escursione completa del ciclo dell’Obliquità dell’eclittica include tutte le età e pare cominciare, in virtù di questo computo, nel punto di inclinazione massima dell’asse terrestre, quindi a circa     22, 5° . 
Pare a questo punto evidente, a meno di non dover esprimere una confutazione per partito preso,  che i milleduecentonovanta giorni/gradi precessionali facciano riferimento diretto, ancora una volta, allo stesso ed ampio ciclo cosmico dopo il quale le stelle sarebbero tornate al punto di partenza delle prime origini.

                                         Invocazione del perdono

     Nel capitolo delle ‘’ sere e mattine con l'oro in bocca , il nono, oltre venti versetti - dall’ottavo al decimo -  sono dedicati alla richiesta di perdono del Profeta. Le sue parole, cariche di rammarico e sconforto, mettono in chiaro una questione spinosa: il popolo d’Israele ha commesso gravi colpe di cui dovrà farsi carico. “… a noi il disonore sul volto, come pure ai nostri re e ai nostri padri che hanno peccato contro di te. Al Signore nostro Dio [chiediamo] il perdono e la misericordia, perché ci siamo ribellati a lui.” [ Dan 9: 8-10]

      Ho riportato il precedente passo del Libro di Daniele per sottolineare la richiesta del perdono come prima presa di consapevolezza del futuro riscatto. In senso astronomico – sembrerà questa una ulteriore esasperazione di significati – il peccato commesso dall’umanità altro non è che la perdita della divina armonia dell’Età dell’Oro. L’Autore allude pertanto, e sempre in maniera celata, alla fase in cui il clima invernale ed estivo si differenziarono provocando prima il grande freddo dell’Età argentea, poi il grande calore secondo lo schema di cui abbiamo già scritto qui.   Con l’inizio delle variazioni stagionali, sconosciute nel periodo aureo, l’uomo trova il modo di alimentarsi e procacciarsi i mezzi di sostentamento, benché a costo di enormi fatiche. In Genesi, infatti, dopo la cacciata dal Paradiso terrestre, l’uomo/Adamo viene condannato alla sofferenza e a dover dipendere nei millenni a venire da duro lavoro di braccia. Intanto, mentre il Profeta in preghiera riflette e medita intensamente, appare l’Arcangelo Gabriele che si premura di spiegare, istruire e far comprendere alcune cose al devoto profeta. Egli espone una serie di numeri che Daniele dovrà, dal quel gran saggio che è, cercare di intendere. In sostanza gli dice: caro Daniele per porre fine all’empietà del tuo popolo e mettere i sigilli ai suoi peccati, ci vorranno settanta settimane! In Dan 9:24, le parole di Gabriele introducono una nota di originalità rispetto le precedenti modalità narrative, nel senso che presentano una cronologia non-sequenziale, al posto della classificazione ordinaria che tutti si aspettano. Possiamo dedurre queste conclusioni dalla lettura della prima parte del testo in cui compare una particolare suddivisione delle settanta settimane: “Settanta settimane sono fissate per porre fine al delitto.” Il delitto non è altro che la definitiva perdita del tempo dell’armonia e della natura aurea delle cose, cioè degli affari celesti. L’uscita dal periodo paradisiaco è ritenuto il delitto vero e proprio in chiave tanto spirituale quanto astronomica e , come ogni crimine che si rispetti, anch’esso rimanda a un giusto castigo espiatorio.  Il buon Profeta magari avrebbe preferito gli fosse stata garantita una via d’uscita per evitare il castigo. Invece niente! Non c’è un modo per filarla liscia, l’unica cosa che dovrà comprendere non è il modo di evitare la sofferenza, ma la maniera di conoscere il tempo in cui finirà.

.     -    Accipicchia! - Avrà esclamato il Santo, Qua non se ne esce più -.

Per fortuna i tempi dell’Altissimo non sono eterni come la Sua immortale presenza. In fondo si tratta sì, di una punizione impegnativa, ma con un inizio e una fine. La parola dunque al divino emissario:

 “Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città,per metter fine all’empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità portare una giustizia eterna, suggellare visione e profeziae ungere il Santo dei santi.

Sappi e intendi bene:

da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme fino a un principe consacrato vi saranno sette settimane. Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazze e fossati, e ciò in tempi angosciosi. Dopo sessantadue settimane un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui”; [ Dan 9: 24-27]  

 I precedenti passaggi che abbiamo sottoposto all’attenzione del lettore sono fra i più complicati e dibattuti della letteratura biblica e non mi stupirei se sorgessero giuste perplessità. Ciononostante, proprio perché lo scetticismo è lecito e tutti i dubbi godono di pari dignità, vorrei ricordare che le eventuali soluzioni qui suggerite, per garantire la necessaria attendibilità, dovrebbero presentare ai detrattori più severi, una precisa certificazione numerica. Ed è ciò che, infatti, proveremo a fare nelle prossime righe. Nel seguente passo, “ Da quando uscì la parola per far ritorno e per ricostruire Gerusalemme, fino a un consacrato, a un principe, passeranno sette settimane” [Dan 9. 25], la Gerusalemme chiamata in causa simboleggia l’ordine cosmico. Ricostruirlo significa perciò ridare agli astri una nuova collocazione spazio-temporale. Il tempo indicato nei precedenti versetti è quindi, un tempo cosmico e conta sette settimane di giorni, ovvero, 49 gradi precessionali. Questi 49 giorni/gradi non saranno tuttavia, i primi della serie, come vorrebbero gli storicisti,; riteniamo bensì che possa trattarsi degli ultimi. La convinzione che si tratti di un conteggio all’indietro nel tempo ce lo fornisce l’analoga cifra citata nel Vangelo di Matteo, nel quale Gesù suggerisce di perdonare ‘non sette volte, ma settanta volte sette. Questo numero privo di seme è il 490, e quindi, in coerenza col ‘nostro’ criterio, considereremo da qui in avanti le 490 volte del perdono evangelico, come gradi precessionali. Se viceversa, facessimo partire i 490 gradi precessionali dalla fine del segno dei Gemelli  incontrato alla fine dell’Età dell’Argento (e quindi non da quello a noi più prossimo), dopo quindici case zodiacali (450 gradi precessionali) giungeremmo dritti dritti al punto Zero Pesci per poi proseguire aggiungendo i trenta gradi del segno dei Pesci (attuale) , e ritrovarci alla scadenza  di 490, circa dieci gradi dentro in segno dell’Acquario. A ben valutare le cose, tuttavia, l’episodio evangelico del ‘perdono’ di Cristo, indica la durata del perdono e non la data del suo inizio, lasciando aperto il dubbio da dove debba cominciare questo lungo intervallo temporale. Se pertanto volessimo porre come punto terminale quello alla fine del periodo di grande tribolazione, o del delitto commesso contro il Signore, e cioè se ponessimo come scadenza l’anno esatto della Nascita del Cristo, ecco che i 490 gradi letti a ritroso ci indirizzerebbero senza alcun margine d’errore, a 16, 333333 case zodiacali indietro che in questo caso vorrebbe dire: dieci gradi esatti dentro l’Era del Leone di 35.280 anni fa. Per dar corpo a questa tesi occorrerebbe inoltre associare la figura biblica di Lamech (quello delle 77 volte sette) al segno del Leone. Il testo canonico della Genesi, in realtà , non aiuta , però andando a rispolverare l’Haggadah, un libro apocrifo molto in voga  nell’ebraismo arcaico, potremmo sorprendentemente scoprire che, “…al sopraggiungere della settima generazione dell’umanità  (così come era stato scongiurato da Dio in persona  nel suo celebre: nessuno tocchi Caino), la morte colse Caino per mano di un suo discendente. Se qualcuno smania per leggere questo racconto, sempre che non intenda sciropparsi il testo integrale dell’Haggadah, può consultare il bel libro di Enrica Perucchietti e Paolo Battistel, Il sangue di Caino (Uno Editori). Per gli altri, non resta che affidarsi alle nostre acrobazie esegetiche

                              Le sette generazioni dell’umanità (Haggadah) 


     Adamo e Caino rappresentano  le prime due generazioni del ceppo primigenio dell’umanità. Con i due fratelli il ramo principale cominciato con Adamo si divarica, anche se per poco: in seguito al fratricidio infatti la biforcazione si interromperà per lasciar spazio alla discendenza cainita affiancata successivamente da quella di Set (e con lui il  ramo parallelo della discendenza adamitica si dividerà definitivamente).  Il ramo cainita pertanto, prosegue con Enoch, primogenito di Caino-padre. Enoch è conosciuto come il fondatore di città, mentre suo padre è colui che per primo fornisce ai discendenti, e quindi all’umanità intera, il sistema di misure. Il suo nome rimanda per l’appunto, al significato di  canna (=cubito). La terza generazione dell’umanità ( Le prime due corrispondono ad Adamo e Caino)   su questo versante, comincia con  Enoch, dopo il quale (Quarta generazione) nasce Irad  e da lui  Mecuiael padre di Matusael e nonno di Lamech, quinto esponente del casato cainita e settimo di quello adamitico. Dall’altra parte, ovvero nel primo ramo del ceppo adamitico vi è Set. Dopo la morte cruenta di Abele, Set rappresenta il capofila della generazione nata fuori dal giardino dell’Eden, il quale viene concepito al   130° anno di vita di Adamo. E siamo perciò al termine del periodo aureo. Queste sono probabilmente le sette generazioni menzionate nell’Haggadah, fra le cui righe è anche scritto che, dopo l’uccisione accidentale di Caino da parte del figlio di Lamech “ …la terra si spalancò e inghiottì quattro generazioni di cainiti”.   Ciò suggerisce  che il successivo corso comincerà proprio da Leone/Lamech e ci fa capire che i 490 gradi precessionali contati a ritroso dal punto Zero Pesci, corrispondono a 35.280 prima di Cristo e 37302 anni ad oggi.  Sul piano precessionale le quattro generazioni inghiottite dalla terra sono le quattro che precedono il Leone/Lamech, quindi, prima di lui rimangono soltanto Adamo e Caino, tecnicamente parlando, rispettivamente Acquario e Capricorno. Ma anche se si tenesse in conto del solo Adamo la somma ci porterebbe a ridosso dei 38.000 anni ritenuti l’inizio dell’Età dell’Argento, nonché la fine di quella dell’Oro, come dimostra la cacciata di Adamo dall’Eden, mitico luogo di pace, equilibrio ed   armonia. Vien da chiedersi perché le 70 volte sette del ‘perdono cristiano’ ci portino ben venti gradi nel  segno del Leone. In parole povere, il tempo del perdono indicato dal Cristo nel celebre episodio del Vangelo di Matteo ci sta offrendo su un piatto d’argento (mai attributo è stato così azzeccato) una scadenza precisa del periodo noto come ‘della grande desolazione’, che adesso possiamo affermare senza remore, esser cominciato pressappoco 37.000 anni fa, nei primi venti gradi dell’Era del Leone. Il Cristo, con la sua venuta, e soprattutto col suo gesto sacrificale, offre all’umanità e in modo definitivo, il super-pass per la Nuova Era, e lo fa caricandosi tutto il peso dell’espiazione della colpa. Possiamo tuttavia supporre che il mondo ebraico più ortodosso non accetti la versione evangelica della venuta del Salvatore e, men che meno,  la scadenza contemplata nel Vangelo di Matteo. Sarà quindi Daniele, come ci apprestiamo a valutare in questo lavoro, a restituire la dignità divina al Cristo nazareno, attribuendo al periodo di 49 giorni/gradi la stessa collocazione contemplata in Genesi (Lamech). Ecco forse perché, la tradizione cattolica dà tanta importanza al Libro di Daniele, difatti, con la definizione di ‘consacrato ucciso senza colpa ’, il collegamento con la Sua immortale Figura sembra esplicito.  Questa definizione tanto particolare, può voler dire che il tempo dell’espiazione della colpa termina con Lui, tracciando una linea di compromesso con la prospettiva messianica della tradizione guidaica. Siamo convinti che ciò sia dovuto alla necessità, fattasi pressante, di fornire qualche risposta alle attese di un fronte mistico dissidente che già molti anni prima di Cristo, stava separandosi dall’ebraismo più intransigente. Il profeta Daniele, o chi per lui, si fa carico di questa dicotomia teologica.  Secondo il testo biblico, allora, è Lamech a sancire, senza se e senza ma, il periodo esatto  da cui far partire l’arco completo dei 490 gradi nel quale si dipana il lungo periodo della grande desolazione dell’umanità fino a quello messianico della fine di tutti i tempi. La nascita del Cristo non viene certo menzionata nel testo della Genesi , e dunque la versione masoretica ( le cui cifre corrispondono in tutte le traduzioni) indica inconfutabilmente che la pena da espiare per l’assassinio di Caino dovrà durare 539 gradi precessionali e quindi settantasette volte sette. Se la nostra ‘lettura’ del tempo evangelico corrispondesse a una corretta valutazione e se perciò la durata dell’espiazione fosse correttamente calcolata nel tempo di 539 gradi, dovremmo matematicamente concludere che il suo termine andrebbe a  sistemarsi, con una certa precisione, nei primi19 gradi dell’Età dell’Acquario (vedi schema riportato nella precedente figura).

                                              Cronologia non-sequenziale

   E’ questo un concetto che coniamo per primi,  riteniamo perciò sia necessario spendere qualche riga in più  di utile chiarimento. Ripartiamo dalle sette settimane di cui si scrive nella profezia delle ‘Settanta settimane’; esse non indicano il punto da cui far partire il conteggio, ma i 49 gradi precessionali successivi al punto Zero Pesci in direzione sequenziale verso la nostra epoca. Non tutti gli esperti, gli storici e nemmeno i teologi si troverebbero in linea con un siffatto criterio, ad ogni buon conto, teniamo a specificare che sono state le parole del testo ad indirizzarci sulla collocazione dell’intervallo di 49 gradi cioè di 3528 anni, che abbiamo ritenuto far cominciare , come dice l’Arcangelo Gabriele in Dan 9:25, ‘da quando uscì la parola per ricostruire Gerusalemme ; per terminare con l’unzione di ‘un consacrato’ , o anche, di un ‘principe’. Il nodo da districare ci sembra allora quello legato al termine ‘consacrato’ , col quale non è detto si faccia riferimento a Gesù di Nazareth. In questo senso pensiamo sia utile riproporre un concetto espresso dal filologo P.Winandy, che scrive: ‘Abbiamo notato che la letteratura qumraniana dà generalmente una prospettiva escatologica ad entrambi i termini di ‘unto’ e ‘capo’. Essi non sono mai applicati a un personaggio storico contemporaneo. Nell’Apocalisse di Daniele, facendo parte di questa categoria di letteratura, siamo portati di conseguenzaa dare a questi due termini un significato messianico.’ (P.Winandy- Etude philosogique de Daniel 9:24-27; 1977. Pag 279). In parole povere: è solo Gesù l’unico personaggio dell’Antico Testamento ad essere sacerdote e re.

Anche noi, come il Winandy, abbiamo fatto affidamento sull’impostazione qumraniana, ma crediamo che col termine ‘consacrato’ si debba designare altra persona piuttosto che il Cristo, per nominare il quale, poco più avanti e in tutte le versioni, è stata usata la proposizione: ‘Consacrato ucciso senza colpa’.  Il Consacrato, in valenza astronomica, dovrà  dunque essere un vero capo, un’entità riferita a un nuovo inizio, l’ultimo della lunga serie ritrovati nel Vecchio Testamento. In sostanza, crediamo sia alluda in via quasi ovvia, all’Agnello della versione apocalittica giovannea. Per quanto riguarda invece l’espressione ‘la parola per la ricostruzione di Gerusalemme’, non vediamo come la Gerusalemme in questione possa intendersi altro che l’Ordine del CIelo. : la Gerusalemme Celeste, per la precisione. Benché non condivisa da tutti , la lettura andrebbe quindi interpretata in un solo modo, cioè come parola data agli ebrei di Babilonia e come permesso speciale del sovrano per la ricostruzione del Tempio. Secondo questo punto di vista , gli storici hanno inteso le sette settimane come settimane, non di giorni, ma di anni incuranti di quella coerenza parametrale da noi invece regolarmente e interamente rispettata. Per questi esegeti, in tutta evidenza, sono più importanti  le scadenza storiche, o pseudo tali, piuttosto che la coerenza del criterio usato per i numeri, infatti da buoni umanisti essi di solito ignorano le cifre, quando non preferiscono addirittura trasformarle nelle quantità che più si adattano alle loro costruzioni. Nel nostro caso, all’opposto, il numero con la sua valenza temporale detta il significato. Abbiamo sempre sostenuto che le cifre sono sempre in rapporto diretto col tempo cosmico, e quindi non riteniamo corretto, a questo punto, offrire al lettore un diverso significato. Abbiamo inoltre visto quale accezione può nascondere l’espressione ‘da quando uscì la parola per far ritorno e per ricostruire Gerusalemme’ , avendo specificato che la Gerusalemme Celeste rappresenta un ordine nuovo e non un complesso fisico urbano e, d’altra parte, gli abitanti della quale, dopo tanti anni, è presumibile non avessero aspettato il permesso del sovrano babilonese per cominciare i lavori di ricostruzione.  La ‘parola per ricostruire Gerusalemme, fu pronunciata per la prima volta dal Cristo e da coloro (gli evangelisti) che la trascrissero. Da qui in avanti l’unico principe, capo, o consacrato, che si incontra nelle scritture, dovrebbe essere l’Agnello col suo trono e i suoi 144.000 (Apocalisse di Giovanni) , ovvero, la Nuova Età di pace ed armonia. L’Agnello è un principe, sta alla destra del Padre ed è, in senso temporale, un inizio a tutti gli effetti.  Andando avanti nella lettura del testo (verosimilmente pseudo-epigrafo), l’Autore scrive che in 62 settimane ‘saranno riedificati piazze e fossati, ma in tempi difficili’. Nelle 62 settimane, corrispondenti ai 434 gradi precessionali che precedono il punto Zero Pesci, saranno quindi riedificati, cioè ri-collocati, gli astri, secondo nuove coordinate. Ed infine, la frase ‘in tempi difficili’ dovrebbe risolvere ogni querelle sul tema. In seguito il distruttore terminerà l’epoca in corso di mala maniera, e il suo regno verrà inondato dalle acque: quali parole migliori di queste potevano esser scritte per indicare l’avvento dell’Acquario? E con ciò credo sia stata fornita una risposta coerente alla questione dell’Età dei Gemelli, sollevata da vari analisti. Si tratta dunque dell’Età dei Gemelli all’inizio dei delle 62 settimane, a circa 33.000 anni di distanza, e non dell’Età dei Gemelli più prossimi alla nostra epoca che sta a quasi novemila anni dal Ventesimo secolo. 

     Le 69 settimane contano 483 giorni/gradi [precessionali]  che con la settimana in cui il distruttore ‘stringerà alleanza con molti’, diventano 490 tondi. Nell’ultima mezza settimana , 3,5 gradi precessionali, le offerte e i sacrifici avranno fine. In conto a questo punto è giunto a 493,5 giorni / gradi. L’espressione di arrotondamento di settanta settimane sembra quindi la più esplicita rispetto al significato astronomico. Se invece volessimo far quadrare i conti in modo esatto, non potremmo esimerci da considerare un altro significato della proposizione ‘durante mezza settimana farà cessare offerte e sacrifici’. Nulla infatti si oppone all’idea che questa mezza settimana finale faccia parte integrante delle settimana in cui il distruttore aveva stretto ‘alleanza con molti’. Se così non fosse e veramente il redattore del testo avesse voluto aggiungere alla somma precedente altri 3,5 giorni/gradi,  sarebbe infatti sembrata molto più precisa l’espressione: ‘nella successiva mezza settimana’… etc.etc.  Resta dunque aperta l’ipotesi che gli ultimi 10,5 gradi appartenuti sia al nuovo corso che al vecchio, siano in realtà sette (3,5+3,5) e che quindi, come parte integrante della Nuova Era, sanciscono la fine del periodo del castigo (conseguente al ‘delitto’ cosmico della privazione della primigenia armonia divina); ne potremmo così dedurre felicemente che il tempo delle offerte e dei sacrifici espiatori non avrebbe più ragione di essere prolungato. C’è una certa logica, quindi, in tutte le parole usate nel Libro di Daniele.

Per giungere alle battute finali anche di queste nostre lunghe dissertazioni vorrei prendere in esame  i versetti sulla alleanza del principe distruttore : ‘stringerà alleanza con molti’ (santi) – Recita il testo. In questi molti santi è facile intravedere le costellazioni delle dodici case zodiacali, essendo queste più volte transitate nel cielo ultimi anni del tempo in che il principe del male ha regnato con l’Agnello. Il bene e il male, in un’alleanza transitoria e rapida, conviveranno dunque nella porzione di anni amputati all’Acquario. Tutto, se così inteso, sembra avere un senso rotondo.

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