lunedì 28 febbraio 2022

Le sere e le mattine con l'oro in bocca (Nona parte)

          Le corna del montone vengono dunque spezzate, nel senso che non rispondono più al tempo dominato dal suo segno, poiché appartengono a un passato trascorso e radicalmente mutato.  Nella conversazione fra i due santi, a fine capitolo (Dan 8: 14-15 ), si afferma che il tempo del sacrificio, e della desolazione durerà ‘2300 sere e mattine’. E qui sorge spontanea la domanda: quanto tempo corrisponde alla durata di duemilatrecento sere e mattine’?  L’enigma è reso perfino più intricato dalla traduzione che più frequentemente abbiamo avuto occasione di consultare nelle versioni Cei riservate al grande pubblico. Ed in effetti, in molte di queste si è ventilata l’ipotesi che il conteggio dovesse riguardare il tempo in cui venne abolito il sacrificio quotidiano, mentre – si è constatato su un maggior numero di versioni – la parola ‘abolito’ pare non essere quella più consona alla comprensione dell’oggetto in questione, cioè il calcolo dei tempi della grande tribolazione.


  Riproporremo più avanti l’intera questione che, secondo noi, riguarda il solito vizietto dei traduttori ‘ispirati’ dalla Fede o dalla traccia che ne hanno disegnato gli storicisti, sovente interessati a far quadrare i conti delle ‘cronaca’ ufficiale, per la gioia degli insegnanti e dei catechisti, mossi dall’affanno di comprovare la reale esistenza del Salvatore, quindi la sua valenza storica.

E fin qui, crediamo di non dover aggiungere nulla a quanto già scritto,  né di confutare l’evidenza di importanti ricerche, il cui valore e l’attendibilità ci sembrano del tutto ammissibili quando le soluzioni sono animate dalla coerenza di un metodo. Ad ogni modo, in questa sede, ci è sembrato doveroso sottolineare come l’utilizzo di un solo termine abbia potuto conferire un orientamento di significato entro l’ ampio contesto narrativo.

     Le poche righe alla fine dell’ottavo capitolo sono dedicate all’interpretazione del sogno del montone e del capro. L’Autore usa la forma del dialogo fra due santi che in pratica, contestualizzano il tempo in senso storico, secondo una cronologia dibattuta vivacemente e amata dai cerchiobottisti di ogni risma. Da parte nostra possiamo ripetere che, ancora una volta, ci terremo fuori da eventuali speculazioni, soffermandoci invece sulla valenza quantitativa, indiscutibilmente di ordine temporale, che l’Autore voleva intendere col termine ‘sere e mattine’. 

   Cominceremo ad esaminare questo difficile passaggio rammentando  al lettore i contenuti del post che abbiamo dedicato al Salmo 90, più specificamente al suo risultato finale. Nell’equazione svelata infatti, il seme è ben determinato e viene espresso in ore solari. Il seguente criterio (cioè la risoluzione espressa in ore solari) è stato seguito, per quanto abbiamo potuto notare, anche in relazione alle cifre del capitolo sui censimenti (Libro dei Numeri), del quale però al momento non possiamo pubblicare nulla. Un altro versetto  biblico tratto dalla Genesi (Gen 7,4), che i più non tarderanno a riconoscere, recita così: “...perché di qui a sette giorni farò piovere sulla terra” ; anche in questo caso viene  chiaramente indicata l’equivalenza fra giorni e gradi precessionali. Ci è parso allora che quei sette giorni indicati nella Genesi fossero indubitabilmente gradi precessionali di 72 anni proprio perché, sommandoli agli anni compresi fra Adamo e Noè, che sono 1656, si ottiene una misura molto significativa: 2160; infatti 1656 + 504 (72 x 7 ‘giorni’) = 2160. Ecco un classico esempio in cui i ‘giorni’ indicati nel testo non possono essere tradotti altrimenti che gradi precessionali. Ma è il risultato numerico a fornirci un indizio verosimile! Null’altro! In molti oramai concordano con questo criterio, e se questi molti avessero ragione, e noi con loro, dovremmo cominciare dubitare che nel libro di Daniele le mattine e sere volessero indicare giorni . Se l’intenzione dell’Autore  fosse stata questa, egli non avrebbe utilizzato la locuzione ‘sere e mattine’; crediamo pertanto di  avere molte buone ragioni per sostenere che con quelle precise parole egli volesse suggerire l’ unità di misura temporale delle ore solari. Siamo nell’ordine della scala precessionale, ed allora anche le semplici ore, una volta addizionate, potrebbero suggerire qualcosa di interessante.

                                                              Breve preambolo al calcolo delle ore .

    Nel 1° secolo a.C. gli ebrei dividevano il giorno (inteso come intervallo di luce solare) nel dì che, dall’alba fino al tramonto,  durava dodici ore. Questo significa che nel nostro semplice calcolo ci atterremo alla rilevazione del tempo diurno all’equinozio primaverile                                          

 

 Ora solare nel 1° secolo e nel ventesimo secolo d.C.

1ª ora

6-7

5ª ora

10-11

9ª ora

14-15

2ª ora

7-8

6ª ora

11-12

10ª ora

15-16

3ª ora

8-9

7ª ora

12-13

11ª ora

16-17

4ª ora

9-10

8ª ora

13-14

12ª ora

17-18

  La sera nella Bibbia può indicare il pomeriggio oppure il tramonto oppure la prima parte della notte. È sempre il contesto che ci dice in quale momento della giornata collocare la “sera” biblica.

 https://www.biblistica.it/?page_id=1094

              Secondo il nostro punto di vista, il mattino sarebbe compreso fra le 6 e le 9, mentre la sera propriamente detta fra le 15 e le 18. Di conseguenza le ore del  mattino, dalle 6 alle 9, sono dette rispettivamente: prima, seconda , terza ora; quelle dalle 15 alle 18 : decima, undicesima e dodicesima ora. Abbiamo trovato conferma pressoché unanime presso fonti ebraiche facilmente reperibili sulla Rete, le quali , in pratica ribadiscono che il sacrificio quotidiano si  praticava nelle comunità ebraiche nell’arco di queste sei ore. La cosa ricopre un certo valore se si considerano le parole usate in Dan 8, 10-14:          “Da uno di essi uscì un piccolo corno, che si ingrandì enormemente in direzione del mezzogiorno, dell'oriente e del paese splendido. 10 Crebbe fino a raggiungere l'esercito del cielo; fece cadere a terra una parte di quell'esercito e delle stelle, e le calpestò. 11 Si innalzò fino al capo di quell'esercito, gli tolse il sacrificio quotidiano e sconvolse il luogo del suo santuario. 12 In luogo del sacrificio quotidiano fu posto il peccato e fu gettata a terra la verità; ciò esso fece e vi riuscì.. 13 Poi udii un santo che parlava. E un altro santo chiese a quello che parlava: “Fino a quando [durerà] la visione del sacrificio quotidiano, dell'iniquità devastatrice, del luogo santo e dell'esercito abbandonati per essere calpestati? - 14  Egli mi rispose: Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato.” A noi, tali parole sono sembrate una precisa indicazione cronologica che lasciava intendere non si parlasse di ‘giorni’ e nemmeno di ‘anni’. Forse, l’Autore del libro intendeva parlare di ore solari.    Poniamo adesso questa ipotesi al vaglio dei numeri e valutiamo la quantità 2300 x 6 h.  Occorre tuttavia riprendere preventivamente, a rigor di logica e precisione, alcuni termini del brano, dal momento che la traduzione, non essendo stata unanimemente confezionata  in un’unica versione, ha dato luogo a una serie di fraintendimenti. Fra le numerose pagine redatte dagli esegeti che hanno voluto privilegiare il significato storico a discapito di quello allegorico-cosmico, espressioni quali, ‘fece cadere una parte di stelle e le calpestò’, sono state poste a margine. Ma quando, nel versetto 12, si dice che ‘in luogo del sacrificio quotidiano fu posto il peccato’, si sta fornendo un quadro d’insieme piuttosto preciso. A questo enigma è rivolto infatti il quesito che troviamo al versetto 13.  Infatti ciò che si domanda Daniele, e il lettore con lui,  è la durata del periodo in cui il peccato aveva sostituito il sacrificio quotidiano. Aldilà del rituale dei  sacrifici praticati nel Tempio e di quelli contemplati nelle leggi del popolo ebraico fin dai tempi mosaici, dobbiamo dire che,  in senso più ampio e quindi cosmico, col termine sacrificio quotidiano potrebbe intendersi quello andato perduto con l’Età dell’Oro. Sarebbero dunque, l’equilibrio di una condizione divina, quello  fra la luce e la tenebra (infatti le ore di differenza fra giorno e notte sono aumentate, fino a contarne ben quattro) , o l’armonia dell’ordine sociale e spirituale ad esser stati perduti e, come una colpa, questo crimine verso l’aurea pace degli dèi,  reclamerà  nei secoli dei secoli il giusto tributo espiatorio. Il peccato, rappresentato nell’episodio dell’uccisione di Caino in Genesi, (perpetrata da parte del nipote di Lamech, che dà luogo al castigo di ‘settantasette volte sette’), così come le settanta volte sette del perdono cristiano, fino alla profezia delle Settanta settimane, aldilà dei raffinati teologismi, riportano astronomicamente a una medesima soluzione, con pochissimo margine di approssimazione fra l’una e l’altra quantificazione cifrata che ci presentano i testi biblici. In tutti questi casi, proprio come nel versetto 13 dell’ottavo capitolo del Libro di Daniele, si è dunque voluto affermare che il peccato e la desolazione si sono sostituiti al sacrificio (dolorosa perdita) del principio armonico in cui è nato il  mondo. Ancora una volta, fissato un inizio (alla fine dell’Epoca Aurea), si chiede fino a quando durerà questo peccato da noi inequivocabilmente inteso in valenza astronomica come il periodo in cui si sono originate le ‘stagioni’(aumento della discrepanza giornaliera fra luce e tenebra) e, in ultima istanza,  della sofferenza per la fine dell’armonia, essendo stato il bene più alto ad esser stato sacrificato (Fatto sacro). Qui il traduttore Cei aggiusta un po’ il testo, perché il verbo “durerà”, non presente nel testo originale, è stato sostituito con 'sarà" (meglio sarebbe stato porlo tra parentesi quadre per segnalare la sostituzione) “sarà”. L’espressione interrogativa ebraica ‘ad-matày?’ significa, tuttavia, “fino a quando?”. Sbagliano quindi quei traduttori che riportano la locuzione  “per quanto tempo?”. Troviamo un esempio calzante in Es 10:3: “Fino a quando (ad-matày) rifiuterai di piegarti davanti a me?” (CEI). Ciò che si sta domandando non è per quanto tempo, ma il limite di tempo, ovvero, quando finirà l’azione oltraggiosa.

 Riporto per amor di precisione altre due versioni della traduzione del versetto Dan 8:13 della Nuova riveduta (Nr) e della Nuova Diodati (ND).                                                                                                          

                                                                      §     §     § 

      ND: “Fino a quando durerà la visione del sacrificio continuo e la trasgressione della desolazione che abbandona il luogo santo e l'esercito ad essere calpestati?». 14 Egli mi disse: «Fino a duemilatrecento giorni; poi il santuario sarà purificato”.

   Nelle versioni Cei più diffuse, specie in quella del 1974, si può invece trovare: “Fino a quando durerà questa visione: il sacrificio quotidiano abolito, la desolazione dell'iniquità, il santuario e la milizia calpestati? 14 Gli rispose: Fino a duemilatrecento sere e mattine: poi il santuario sarà rivendicato”. Detto così, supponendo cioè  che la domanda sia riferita al tempo in cui durerà il ‘sacrificio quotidiano abolito’, sembra che l’Autore voglia specificare il tempo in cui è stata abolita la norma che sanciva la pratica sacrificale, e dunque questa traduzione renderebbe necessaria  una nuova querelle, se il libro, cioè,  parlasse dell’abolizione delle pratiche liturgiche e sacrificali ordinata del sovrano babilonese, oppure a quella determinata in seguito alla seconda distruzione del tempio di Gerusalemme, compiuta dalle legioni di Tito. La traduzione che perciò accettiamo come definitiva è quella della Nuova riveduta. Detto ciò, lasciamo volentieri ai dotti di professione queste interessanti controversie, a noi basta quanto dedotto dall’analisi e dalla stima dei tempi astronomici, fermi nella convinzione di poter approdare a una maggior coerenza di significati. 


                                             Ed ora, la parola ai numeri

    L’operazione elementare 2300 x 6 h, fornisce in senso temporale un preciso risultato: 13.800 ore solari. Ciononostante non vogliamo limitarci ad imporre un semplice parere, quindi, andando avanti nel ragionamento e applicando il criterio principale da noi rispettato fino ad ora, non ci resta che rapportare la quantità trovata  alla scala precessionale: i giorni saranno quindi convertiti in gradi, che diventano, per l’appunto 575  (Inutile dire che si tratta di gradi precessionali di 72 anni solari ciascuno).  In definitiva, con le sue enigmatiche parole, l’Autore del testo intendeva forse riferirsi a un tempo precessionale di 575 gradi, pari a 41400 anni solari. Se facessimo partire questi 575 gradi a ritroso, dalla fine dei tempi (cioè dai 19 gradi dell’Acquario all’ indietro) andremmo a  valutare l’inizio della grande tribolazione nel punto corrispondente a 15 gradi della Vergine. I 526 gradi precessionali (dalla Vergine al punto zero Pesci) sono esattamente 37872 anni solari, una scadenza assai vicina al termine dell’Età dell’Oro e all’inizio dell’Età dell’Argento, contemplata nella scala guenoniana. In questo caso, tenuto conto che non tutti i testi raccolti entro un libro biblico (in questa circostanza quello di Daniele profeta) debbono per forza appartenere ad una singola fonte di provenienza, ma che invece - come affermano parecchi studiosi - tali testi raccolgono un assortimento di contributi selezionati da varie fonti della tradizione, possiamo perfino appoggiare l’idea che il Libro di Daniele abbia voluto censire una raccolta delle più autorevoli ricerche  giunte alla sua epoca, mantenendone il solco narrativo originale. Se così fosse stato, e se così dobbiamo intendere la raccolta di fonti diverse che - come fosse un’opera unica – oggi chiamiamo  Libro di Daniele, potremmo apprezzare la precisione a cui sono giunti i redattori dei capitoli in cui si divide l’intero testo. Da una parte vi è l’episodio di Lamech, in Genesi, che ci aveva portato alla scadenza di 539 gradi precessionali (77 volte 7: ricordate?), dall’altra il capitolo ottavo del Libro di Daniele calcola 575 gradi, che in fondo spostano di pochi millenni indietro l’inizio dell’Età dell’Argento o, in alternativa, posticipano, l’inizio dell’Ultima Era, cosiddetta ‘della Salvezza’ (o della Rivelazione). Con la profezia delle Settanta settimane si traccia, in quest’ottica, un ulteriore intervallo temporale che, a posteriori, verrà ripreso dagli evangelisti. 

    Per il momento non vogliamo appesantire troppo il contenuto di questo articolo e ci limiteremo a richiamare l’attenzione del lettore su questa particolare cifra che, dalla prospettiva astronomica, sembra allinearsi a importanti movimenti astrali  e collimare con analoghe scadenze. Quando affronteremo la questione delle settanta settimane, siamo sicuri però che gli ultimi nodi finiranno per venire al pettine. 

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9 commenti:

  1. Daniel20:40:00

    Non c'entra niente con questo post però ieri ho seguito per caso un programma (R.Giacobbo) in cui si parlava di Santiago di Compostela, o meglio Compostella. MI si è accesa una lucina, forse anche il cammino è un qualcosa che ha a che fare col cielo...col percorso di una stella. Quale?

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    1. L'alchimista Fulcanelli si è espresso così: Il camino di Santiago viene detto anche Via Lattea.
      Se ciò non bastasse, osservo che alla fine della Via Lattea c' è la costellazione del Cane Maggiore, con la sua Sirio. Lo sciacallo è lo psicopompo per gli egiziani (Cane= sciacallo). In definitiva, caro Daniel, devo dire che ci hai preso! Forse la stella è proprio Sirio.

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  3. Bastian C15:02:00

    Ho notato che in questo articolo sulla profezia di Daniele c'è una chiara incongruenza con le versioni più conosciute. Mi sembra la prima volta che ponete dubbi sulla traduzione aprendo una nuova ipotesi interpretativa. Ma non eravate contrari alle interpretazioni ? Per quale motivo - allora chiedo - la traduzione da voi preferita, cioè quella della Nuova Riveduta, è , o sarebbe, migliore delle altre?

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  4. Racis Antonio19:49:00

    Molto interessante. Avete lavorato sulla profezia di Daniele con intensità. Dovreste essere alla fine della fatica. Quanti post mancano? Vi ringrazio anticipatamente per l'originalità dei contenuti, sono sicuro che anche l'ultima parte non mi deluderà.

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    1. Grazie per l'attenzione e per i complimenti. Bontà tua Antonio.

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  5. Racis Antonio19:53:00

    Avete in cantiere qualcos'altro dopo la profezia di Daniele? MI sembra di aver letto che vi occuperete anche dell'Apocalisse di Giovanni, quando pubblicherete qualcosa?

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  6. @ Antonio. Alla fine della profezia di Daniele manca un solo contributo, il decimo. Per nuovi lavori stavo pensando a un'indagine sul Timeo, grande astronomo. Per l'Apocalisse ci stiamo attrezzando, a breve butteremo giù qualcosa secondo la cadenza che abbiamo seguito per la profezia di Daniele, cioè un post al mese.

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  7. @Bastian C. - 'Per quale motivo - allora chiedo - la traduzione da voi preferita, cioè quella della Nuova Riveduta, è , o sarebbe, migliore delle altre?'

    Gentile Bastian, il motivo è sempre lo stesso! Avevamo affrontato le medesime difficoltà anche col Salmo 90 (vi erano diverse misure del giorno solare da considerare e scegliere). O, ancora nello stesso post i mille anni menzionati nella formula del salmodica. I mille anni vanno interpretati come anni di 360 giorni o come 'cieli' di 72 anni ciascuno (in totale 72.000 anni solari, accettando in questo secondo caso la traduzione del termine 'anno' come cielo, cioè l' AN babilonese. Il cielo come unità di misura indicherebbe quel lasso di tempo in cui le stelle acquisiscono nuove coordinate, cioè si spostano per l'appunto di un grado ogni 72 anni.) Ergo, questa volta, come nei casi precedenti, sarà la soluzione dell'equazione ottenuta a fornirci l'atteso, e da te preteso, certificato di attendibilità. Nel caso del Salmo 90 abbiamo tuttavia ottenuto due soluzioni diverse, anche quella relativa alla velocità della luce era molto suggestiva, abbimo preferito però scegliere l'altra, quella che considerava l'anno classico di 360 giorni. Il numero che è scaturito è il 615450, il quale, oltre a rappresentare indubitabilmente la durata in ore , di un grado precessionale, ci ha persino fornito la ripetizione, esatta fino all'ultima cifra, di un dato già ottenuto in un diverso libro (Numeri). In pratica, la stessa cifra, 615450, l'abbiamo trovata identica in due libri e dato che come coincidenza ci sembra davvero improbabile abbiamo creduto che sia stata ottenuta volontariamente e non per caso, visto anche l'importanza del significato (il grado precessionale di 72 anni espresso in ore ).

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