lunedì 12 luglio 2021

La qualità e il valore di un'opera d'arte (Sesta ed ultima parte)

 La prima parte di questa serie di post i legge  qui

  Siamo ormai all'ultimo appuntamento con questa serie di cinque post dedicati al 'problema' dell'interpretabilità, intesa come espediente che, in tutti i settori della cultura, sembra aver posto le basi di una logica pericolosamente relativista e assolutamente preziosa per chi detiene  le redini e il controllo dell'informazione. Abbiamo visto che, un tal modo di gestire i significati, non è prerogativa di sistemi autoritaristici e facilita decisamente le cose, quando, a prescindere dal colore politico, si pianifica di uniformare la società a un modello precostituito il quale, ovviamente, si avvale dei significati che più gli fanno comodo, in senso scientifico, artistico e persino teologico. Una simile strumentalizzazione della cultura, crea un vuoto cognitivo e genera confusione, rendendo quasi obbligatorio e, per certi versi, irrinunciabile l'intervento 'chiarificatore' di figure accademiche, opportunamente accreditate dai media.

   I nostri contributi hanno cominciato a sondare la necessità di svelare le implicazioni negative di alcuni paradossi, fra i quali spicca  l'ambiguo criterio della (pseudo) libertà di opinione. Al grido di 'troppe soluzioni uguale nessuna soluzione', abbiamo così cercato di denunciare la pericolosità conseguente a uno smarrimento dei punti di riferimento decisivi che ci aiutino a capire la realtà partendo - prima di tutto - dalla facoltà di saper discriminare le cose. 

Abbiamo così portato all'attenzione dei lettori alcuni contributi, rispetto la possibilità di capire il valore di un'opera letteraria, affrontando il problema di come evitare, già in questo campo culturale, di soggiacere tacitamente al criterio di qualità determinato dal parere dei cosiddetti esperti. Crediamo di aver dimostrato con semplicità che il modello culturale letterario costruito dall'autorità, non sia favorevole a un concreto processo di emancipazione delle coscienze.                                                          Dalla letteratura all'arte propriamente detta, il passo è breve. In quest'ultimo articolo, attraverso lo strumento del dialogo abbiamo provato a chiarire tutti i punti del meccanismo che consente arbitrariamente di creare un valore economico da un qualsiasi prodotto artistico. Per far ciò, occorrono però alcuni imprescindibili fattori: 

 1) Che esista un potenziale bacino di acquirenti totalmente  inconsapevoli.                                                                                 2) Che si consolidi una tacita cooperazione fra detentori di forti capitali, critici d'arte, organi di informazione, punti vendita              (gallerie) e istituti museali. Occorre perciò uno stretto rapporto fra  informazione e accademie.                                                  3) Che si mantenga il criterio di valutazione qualitativa del tutto interpretabile.

                                                          Paragrafi dei precedenti post      

 Come si esce da questa fregatura?                                                                                                                                              La carta che regge il castello.                                                                                                                                                       La misura del bello.                                                                                                                                                                          Le tre colonne della cultura:Arte,Scienza e Religione.                                                                                                                   Valutare la letteratura.                                                                                                                                                                      Fare a 'pezzi' una poesia. O no                                                                                                                                                  Autori esordienti: scimmie o déi?                                                                                                                                                Perle di erudita saggezza.                                                                                                                                                                Il lato oscuro della pubblicazione a tutti i costii.                                                                                                                             Economia dell'attenzione in pillole.  


                   Letture da spiaggia, gli avamposti della strategia del condizionamento



 
  Devo dire che i discorsi più interessanti sull’ultimo post (quello della lettera di Umberto Eco), piuttosto che in rete, mi è capitato di farli in spiaggia, a distanza di sicurezza da monitor, pixel e dalle scartoffie di uffici vari. Come contributo posterò allora  un  dialogo intrapreso fra un tuffo e l’altro, in un ambiente dove i libri e la cultura sono generalmente limitati all’ultima fatica di Fabio Volo o alle cronache pettegole di coloriti rotocalchi mondani. Michele, informatico di professione e aspirante scrittore, mi esponeva i suoi piani per affacciarsi al mondo editoriale, e così anche Dario (studente universitario e scrittore a tempo perso); tuttavia le loro aspirazioni letterarie mi sono parse estremamente fiacche e concepite su principi traballanti, interamente costruiti su  informazioni tratte dalla rete.  Mi sono reso conto che questi giovani ( la stragrande maggioranza) avvezzi a quotidiane frequentazioni webbiche,  maturino logiche e  convincimenti  estremamente melmosi quindi, una volta posti di fronte al dato reale, nudo e crudo, non dispongano degli strumenti critici (essenzialmente razionali) per affrontare i problemi concreti, o per cogliere la gravità di siffatti meccanismi (commerciali). Cercherò di riportare una sintesi di questo mini dibattito col proposito di suscitare una riflessione di fondo. Tengo a ricordare tuttavia che il concetto della ‘filiera del grano’ (cioè del danaro che si crea dal nulla artistico), qui affrontato in varie declinazioni, riporta uno scenario dovuto alla incapacità collettiva di porsi il problema della valutazione di un’opera e della vulnerabilità che scaturisce da questa sua  mancanza.

Michele:   perché un self publisher di successo non vende anche testi di altri? Ha gli agganci sui social, ha la capacità di arrivare sul mercato, ha la possibilità di fare delle belle copertine, ha la capacità – se serve – di fare editing. Le vendite di libri non suoi sarebbero tutto grasso che cola, no? E ancora: perché un gruppo di self publisher non si affilia, pubblicando tutti gli autori che ne fanno parte e mettendo quindi in comune spese e know how? L’economia di scala premia sempre. Quale meccanismo impedisce che si formino delle cooperative di self publisher?

Fabio : Quale meccanismo’ , dici? Anzitutto caro Michele bisogna partire da un dato incontestabile :  I self-publisher di successo non esistono!

Michele: affermazione tonda, la tua. Ora devi svilupparla però.

Fabio: Ok, mi spiego meglio:


                          La filiera del grano                       

     In nessun campo artistico chi si autoproduce ottiene fama e riconoscimenti, non facciamoci illusioni. Bisogna trovare qualcuno che dal tuo successo preveda di trarre lauti e immeritati guadagni. Galantuomini di questa stoffa vengono comunemente chiamati imprenditori dell’editoria e senza la possibilità di un facile guadagno a rischi zero, difficilmente si convincerebbero a muovere un dito per qualcuno, figuriamoci per un artista con le toppe al culo. Ma è attraverso le dinamiche del mercato finanziario dell’arte che si possono intuire molti aspetti di quella che – per me – è il frutto di un abbaglio collettivo perfettamente funzionale a un non meno collettivo inganno. Gli esempi degli ‘self pubblisher’ di successo li conosco, li conosciamo tutti a sufficienza, non c’è bisogno di ricordarli ancora, ma per chi non ne avesse avuto memoria rammento i casi dello spagnolo Eloy Moreno e Amanda Hocking , ‘The writer who made millions by self-publishing on-line’-

Dario: Ma come funziona domando, la promozione per un self publisher? Come si costruiscono i successi su social?

Fabio: Un blogger che ha dedicato molto spazio a queste tematiche, si chiama Lucio Angelini, traduttore di oltre cento testi per Einaudi Mondadori e quant’ altro (riferimenti su suo archivio ‘cazzeggi letterari best off’ ). Lucio presentò, qualche anno fa, un post dal titolo ‘Balla Moreno’ (e uno sulla Hocking), fenomeno emblematico in cui si parla di un successo letterario on-Line, uno dei fenomeni che dopo aver ‘fatto scalpore’ oltreoceano si preparava a sbarcare nel Vecchio Continente con l’intento o la speranza di incoraggiare fenomeni emulativi. Ho provato ad analizzare questi casi individuando  alcune ricorrenze.

  Primo passo: un editore di fama lo ‘nota’ (ma potrebbero benissimo esser stati amici di   merende) e  acquista  occultatamene 100.000 copie  di e-book al costo (di favore obbligato) di 1 $ a copia. Totale spesa=percentuale di 100.000 $, concordata con l’autore. Solo questo motivo basta e avanza per far sì che il caso diventi velocemente notizia. I media pompano gloria a palate sullo scrittore esordiente che ha avuto 'bravura' e 'coraggio' di rivolgersi alla rete. Pompano e pompano come sentine (ma talvolta bastano i quotidiani e opportune trasmissioni radiofoniche) titoli altisonanti: Autore di successo , vende 100.000 copie on line (tutto registrato al fisco, non si tratta di fake).

Secondo passo: Il grosso del pubblico sente più volte la notizia, l’acquisisce dalle sue fonti preferite, si guarda bene dall’ inficiarne l’autenticità, quindi benedice la cultura, magnifica i miracoli della rete e si precipita alla cassa. Sborsa così un prezzo che, rispetto all’e-book di partenza, ritorna più che decuplicato nelle tasche dell’editore e così, con soli cinquemila acquirenti, questi, che nel frattempo si è premurato di stampare le sue buone copie cartacee al costo di 15 $ l’una, copre rapidamente e spese e si prepara all’abbondanza di un raccolto faraonico che non si vedeva da tempi delle vacche grasse di biblica memoria, dacché la madre dei fessi non conosce sterilità e di quelli, i fessi, abbisognano i ‘buoni affari’ a qualunque latitudine. In Italia una campagna di propaganda architettata a dovere può tranquillamente contare, disponendo dei diritti su certi autori, numeri che superano in tutta tranquillità le 100.000 copie.) Et voilà, il banchetto è servito!          


 Nel campo dell’arte le cose non si svolgono diversamente e fruttano a magnati accorti e ai loro soci (musei, accademie, media) malloppi da brivido, cioè cifre da capogiro, col magnate lungimirante nei panni dell’editore intento a razziare tutte le opere di un autore sconosciuto* e noi, eterni faciloni sperduti nel campo dei miracoli, nella parte dei babbei che attendono buoni buoni di veder maturare gli investimenti pilotati, di questa cricca di truffatori da operetta. Per farla breve, una volta che il ‘genio’ compare sui telegiornali e le sue schifezze seguono il giro delle esposizioni che contano (a questo servono le accademie) il magnate apre il suo caveau e si prepara ad intascare i frutti del suo ricco investimento, senza aver messo a rischio un solo obolo. Chiamalo scemo ! 
Un esempio recente riguarda il percorso artistico di un tal Christo (leggi Cristò)artista americano di origini bulgare.
 
Christo

Ricordiamo tutti la sua sudicia passerella arancione sospesa sulle acque del lago d’Iseo. (come dimenticarla? ci fecero due palle così). Studiate bene un po’ il caso e valutate con attenzione i tempi e le sinergie; ebbene, con pochi spiccioli e una bozza a matita della progettazione di quella installazione, cioè un pezzetto di carta malamente scarabocchiato, avreste avuto la possibilità di ritrovarvi in saccoccia cifre e quattro zeri. Ma una simile opportunità non è e non sarà mai prerogativa di un self publisher. 

Passerella arancione sul lago D'Iseo






10 commenti:

  1. Jacopo B18:32:00

    Buon Giorno Fabio, molto interessante la sua analisi. Una domanda: io sono un pittore che produce tantissimo, devo considerarmi un imbecille qualsiasi?

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  2. Non necessariamente. Se reggesse le tensioni di un palcoscenico sarebbe però un candidato papabilissimo al successo. Grazie per la provocazione. Azzeccata davvero. Tenga conto però che non ho inteso affossare l'impegno degli artisti ( di tutti gli artisti meno considerati,che considero una ricchezza imprescindibile), ma solo uno dei tanti inganni del sistema mercantile. La questione da spiaggia era che gli autori cosiddetti produttori di se stessi non potranno mai aspirare al successo a prescindere dal valore del loro impegno. Sono incappato in qualcuno che non era d'accordo, evidentemente, tuttavia nessuno ad ora ha saputo fornirmi un valido motivo per cambiare parere. E quello rimane.

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  3. Bastian C04:38:00

    Il Christò lo tratti un po' maluccio...non è che c'è un po' di invidia?

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  4. può esse che sì. Quanti mezzi e altoparlanti al suo servizio, a oliare le rotelle dell'ingranaggio/sistema mercato. Ma non c'è rivalsa oltre la pira. Pace all'anima sua

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  5. Bastian C18:14:00

    Quello che scrivi è agghiacciante! Ma, in effetti, le cose potrebbero andare proprio così, la truffa che denunci è potenzialmente fattibile. Ho letto e apprezzato tutti i post sull'interpretabilità ma in quanto alla creazione di un nuovo spirito artistico ritengo ci sia molto da distruggere del passato, specie la solennità che si porta dietro una tal accademia. Ma in questa opera creativa e distruttiva, dovremmo dunque gettare tutto al macero' Anche il glorioso Rinascimento italiano? Che facciamo bruciamo gli Uffizi?

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  6. Qualcosa di solenne lasciamolo però...No, in realtà ogni forma d'arte, anche quella su commissione, non ha nulla di solenne nello spirito di chi la fa. La solennità di cui ci dobbiamo liberare è una foma mentis indotta; Le uniche opere che butterei al cesso, sono quelle nate senza alcuno spirito, opere contro-natura fatte solo per compiacere Non mi sembra che le 'croste' degli Uffizi siano fatte controvoglia o contro le convinzioni dell'artista. Anzi, a volte l'arte nasce come ideologica e si afferma a posteriori come rivoluzionaria. insomma, per fortuna i contenuti si possono criptare (penso a Dante Alighieri, ma agli stessi Autori biblici da noi trattati spesso in questo spazio). Non conosco tanto profondamente l'arte dei Seicento , come non conosco a sufficienza quella contemporanea, però sento di poter dire che raramente gli artisti del pennello si sono adoperati per far male a qualcuno. Forse i pittori e il loro talento talvolta sono stati manipolati, quando non dichiaratamente comprati, mentre nella letteratura certi galantuomini hanno usato le parole come la spada e l'hanno pure adoperata a favore di fazioni politiche, col preciso scopo di far male agi oppositori. Penso al romanzo 'Chi suona la campana', riuscitissimo fra le altre cose, in funzione politica antiAnarchica. Chi ne sa più di me mi aiuterà a capire se si sono consumati simili misfatti in punta di pennello.

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  7. Bastian C19:30:00

    ti ringrazio per il chiarimento su come l'autorità manipola e controlla i flussi culturali e purtroppo non solo quelli. Personalmente non riesco a digerire tutti gli artisti rinascimentali, che secondo il mio punto di vista, non sono altro che mercenari che si prostituiscono al potere, e che attraverso i loro lavori lo celebrano. Uomini senza senso critico, ossequianti il potere, senza scrupoli, in poche parole dei parassit che, si fanno portavoce della loggia neoplatonica di firenze. Mi sembra che gli odierni guardiani della cultura non si siano mai scagliati contro i rinascimentali, segno, per me, che il messaggio che proviene dai loro lavori sia in sintonia con l'attuale autorità.

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  8. I custodi della cultura sono solo cani da guardia! Più che 'forti' sembrano mascalzoni investiti d'autorità, soprattutto per la loro ignoranza. Non è che accondiscendano, 'sti fessi non distinguono una benemerita mazza e nemmeno potrebbero farlo al meglio delle loro possibilità celebrali, sennò starebbero da un'altra parte.
    Ma, come disse un tale: il fallimento è per noi sapienza mentre l'autorevole sapienza dei mastini da guardia non è che miseria .
    In quanto ai neoplatonici espulsi dalla Spagna, è vero che si stabilirono in tutta Europa ed è vero che cominciarono ad operare in Italia prima che altrove, tuttavia il potere più letale allora si fregiava di un vessillo sacro e i De Medici (famiglia di notevole peso ma dai mezzi irrilevanti se paragonati a quelli dei potentati imperiali cattolici) non rappresentavano che un giusto contrappeso al dispotismo generale. Tenuto conto di ciò e dello spostamento epocale del fatidico ago della bilancia, devo dire che mi diverte la tua retorica anti-rinascimentale, specie nell'affrescare gli artisti rinascimentali come figure dedite alla prostituzione. Non capisco come non metta nel mazzo tutti gli artisti, non mi risultano artisti infatti che non siano anche puttane. Non so se conosci la storia del re , del baldo condottiero e del santo .

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  9. Bastian C16:18:00

    Sì, certo. Ti seguo da un po' di tempo.

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  10. Anonimo10:08:00

    Quale sarebbe questa storiella?

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