Mai come in questi tempi si fa un gran dire di un mondo diviso in due,
quasi fossimo immersi fino al collo in una realtà sfuggente, dai contorni
indefiniti, perché - e sono in molti a crederlo - troppo liberamente
interpretata rispetto a questioni di etica, economia, religione, scienza o
medicina; rispetto, cioè, alle cose importanti della vita. Se è vero che da una
corretta percezione della realtà scaturiscono le nostre condotte, e da queste
dipende la costruzione di una società liberale e rispettosa di tutti coloro che
ne fanno parte, ci troviamo di fronte alla necessità di un ripensamento
radicale e collettivo dei rapporti umani, soprattutto per quanto concerne il
proposito di dotarsi di nuove regole in grado di definire senza indugi la
separazione fra bene e male, ovvero, fra ciò che si dovrebbe o non si dovrebbe
fare nell’interesse comune e, di conseguenza, nell’interesse del singolo che del ‘tutto’ fa parte.
Il segno di demarcazione di questo confine etico appare oggi alquanto indefinito e tutto sembra confondersi in un amalgama nebuloso; laddove un tempo, a fornirci un preciso binario da seguire era stata la religione con le sue verità assolute e indimostrabili, col suo carisma antico che non ammetteva dubbi di fronte al bene, né debolezze di fronte al male, oggi vi è un sacramento del tutto nuovo in cui l’amore e la fede per un dio, è stata sostituita con quella per le scienze naturali (Francesco Bacone).
Francesco Bacone
In seguito alla crisi delle
religioni sorta ai margini dell’attuale cultura scientista e il conseguente
clima di scetticismo verso il severo dogmatismo delle confessioni monoteiste,
l’uomo volse lo sguardo verso la Natura, cercando in essa quel robusto
ancoraggio spirituale che la fede non era più in grado di garantire. Non c’è
voluto molto quindi, per far sì che questa epocale transizione dell’anima verso
nuovi approdi devozionali, giungesse a presentare il conto delle sue
contraddizioni.
Lo studio delle scienze naturali mostrò infatti fin dall’inizio, due facce contrapposte di un’etica impraticabile, dacché non poteva funzionare allo stesso modo sia nel mondo delle bestie che in quello degli uomini. Da una parte, sotto la spinta del darwinismo, si consolidò la convinzione che l’uomo conservasse ancora tutte le caratteristiche istintuali delle sue primitive origini (l’homo homini lupus preconizzato da Thomas Hobbes), dall’altra maturò invece l’idea che la specie umana fosse nel suo intimo dominata da qualità dell’animo sconosciute al mondo animale e che, perciò, fosse spiritualmente vocata al perseguimento del bene (Jean Jacques Rousseau). Ancora adesso le filosofie umanistiche non hanno risolto questo dilemma, il cui più immediato esito è stato quello di aver fratturato la cultura in due fazioni di pensiero contrapposte che si son giurate battaglia, mentre noi, presi nel mezzo e del tutto sprovvisti degli adeguati strumenti critici, tendiamo l’orecchio confuso e disorientato, ora a destra ora a manca, non sapendo più a che ‘santo’ votarci.
Ogni opinione ha pari dignità. La genesi dell’inganno.
Già, ma come si esce da questa fregatura?
Eppure, nonostante tutto, sembra proprio che l’idea, o l’illusione, che un modo per tirarci tutti fuori da questo inghippo, esista! Come? Cominciando a realizzare anzitutto che il sistema sdoganato come infallibile, si regge, in realtà, su basamenti alquanto fragili, su un castello di carte grottesco, che può esser esso in crisi tirando via da sotto, la carta giusta. Una sola carta. In pratica , affinché la cultura metta a nudo i propri inganni, sarebbe sufficiente, da parte nostra, finirla una volta per tutte di prestar fiducia alle opinioni altisonanti, e a tutte quelle interpretazioni proferite da bocca di dotto.
La carta che regge il castello.
Per far sì che la Conoscenza possa essere un bene fruibile, possibilmente su larga scala, la fede non c’entra nulla. Dobbiamo cominciare a toglierci dalla testa il preconcetto di un Sapere che possa essere comunicato dall’uno a l’altro in misura fideistica. Contestualmente, dobbiamo allora cominciare a capire che un’ipotesi dotta, per esser promossa al rango di tesi, necessiti di alcune semplici verifiche, talvolta di banali riscontri logici, non certo di proclami altisonanti. Per avere accesso alla conoscenza di un qualsiasi fenomeno riconducibile alla realtà che ci circonda, mettiamo a caso questo fenomeno sia un’epidemia, bisognerebbe superare il criterio di interpretabilità, già nella fase della rappresentazione del suddetto fenomeno, quindi la rilevazione delle sue condizioni iniziali. In sostanza, ciò può voler dire che bisognerebbe servirsi, prima di ogni altra cosa , di un medesimo linguaggio. Nel caso della fisica - ma i medici sostengono anche nel caso della loro disciplina - il linguaggio non può essere che quello matematico; matematico dev’essere il linguaggio con cui si raccolgono i dati, le rappresentazioni del fenomeno nello spazio-tempo, matematico dev’essere il linguaggio dell’ipotesi di funzionamento e della previsione con la quale si formula lo spostamento, o cambiamento di stato, di un qualunque sistema fisico. Una volta stabiliti questi paletti, non resterà che osservare la perfetta corrispondenza fra previsione formulata in anticipo e realtà, ma questo non richiede cognizioni matematiche, perché si tratterebbe solo di una semplice, quanto ineludibile, constatazione. Quest’ultimo passaggio non richiede pertanto un attestato di fede ma un semplice ragionamento. Un ragionamento non si può aggirare con la scusa dell’inacessibilità alla matematica, della nostra scarsa preparazione in materia, se non altro perché dipende da poche considerazioni:
A) L’indagine scientifica su base matematica non è sufficiente a leggere qualsiasi condizione fisica, qualsiasi realtà presente in natura. Alcune non riusciamo a rappresentarle efficacemente, altre non riusciamo a rappresentarle affatto!
B) Il metodo di cui si è detto può essere applicato solo dove sussistano due differenti previsioni rispetto a una medesima incognita. Non sempre, dunque, le ipotesi soddisfano la prova (punto A), ma quando una di quelle in gioco la soddisfa - quando cioè la previsione combacia con l’effetto reale - solo allora possiamo ritenere di aver acquisito, per quanto piccola, una forma di conoscenza effettiva.
C) Pertanto, quando si può, bisogna cercare di capire
il limite delle rappresentazioni e delle ipotesi di moto, ed
eventualmente, quale di queste può
staccare il biglietto dell’attendibilità scientifica. Ma occorre farlo, e
saperlo fare, da soli! Non bisogna seguire suggerimenti!
D) Una cosa è certamente vera: senza il superamento
del carattere di interpretabilità di una rappresentazione fenomenica o
dell’arbitrarietà di un calcolo predittivo non autenticato dalla corrispondenza con l’effetto fisico ottenuto,
nessuna congettura potrà essere spacciata per conoscenza!
Questa è la carta su cui si
regge l’intero castello!
"Ogni opinione ha pari dignità".
RispondiEliminaDietro questa frase apparentemente democratica, si nasconde in realta' la volonta' di piallare gli studi che approfondiscano.
Questo e' il Postmodernismo, in cui siamo talmente immersi (da ormai un secolo) che non viene mai menzionato (se non a sproposito, per intendere "molto moderno").
Rinascere vergini ogni giorno, QUESTO e' il vero aspetto del Postmodernismo. Ed e' un'arma formidabile per chi detiene il potere (loro rinascono, tu no).
Più che di 'Postmodernismo' parlerei di logica plutocratica universale e vecchia quanto il mondo. Ogni potere autoritario ha sempre giocato le sue carte sulla confusione,sulla frammentazione delle idee, poiché laddove non c'è differenza fra opinione e opinione,fra interpretazione e interpretazione, sia che si voglia scegliere un libro, un partito, una cura, sia che si voglia capire la storia coi reperti delle antiche tradizioni (anch'essi ben discriminabili per attendibilità), quella che prevale è sempre quella dominante. A differenza di altre epoche, sembra che oggi si faccia molta difficoltà a capire questa strategia e di conseguenza a concepire una reazione culturale di compenso. MI sembra che questa serie di articoli sull'interpretazione, vorrebbe provare a formulare una alternativa,e a pianificare una sorta di contro-postmodernismo culturale.
RispondiEliminaLa frase 'ogni opinione ha pari dignità è ovviamente falsa! Ma in un mondo dove tutto è interpretabile, dove un parere vale un altro, a prescindere dal come lo si esprime, dal livello di conoscenza che ogni ipotesi dovrebbe manifestare, ecco che la confusione regna sovrana. In questo clima di incertezza generale l'ipotesi che conta , sia che riguardi una cura, un gusto artistico, o un indirizzo scientifico, finisce per essere sempre quella imposta dall'autorità, la quale, avvalendosi soltanto del controllo della comunicazione, non avrà più bisogno nemmeno di motivarla. A questo punto, qualsiasi spiegazione che contraddice quella ufficiale, non verrà creduta dalla massa.
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