giovedì 23 settembre 2021

La profezia di Daniele (Prima parte)

 

   Fra quei quattro gatti che ancora persistono con folle ostinazione ad inerpicarsi fra i sentieri più scoscesi delle nostre dissennate pensate, ve ne sono alcuni (po’erelli!) che reclamano a gran voce ulteriori  contributi mai portati agli onori della pubblicazione. Per non mostrarmi sordo al loro commuovente autolesionismo, comincerò anzitutto a rispolverare una rapida carrellata di vecchi articoli. Ricordo ai più  che alcuni argomenti hanno inizialmente trovato ospitalità nel sito Profezie Evangeliche, il Gestore del quale (Arcana Ricordo), coi suoi input, ci ha fornito pregevoli stimoli e puntuali riferimenti. In precedenza ci siamo dunque occupati  di: 

Cifre nascoste nel passo della Genesi, in relazione ai discendenti adamitici;                                                  Equazioni criptate nel Salmo 90;                                                                                                                                  Errori biblici (non casuali) contenuti nelle cronologie dei regni di Giuda e Israele.

Abbiamo inoltre proposto e discusso in chiave non allegorica, ma metaforica, il racconto del Diluvio Universale.

   In un prossimo appuntamento cercheremo di richiamare l’attenzione del lettore sul contenuto cifrato del Libro di Daniele, per il quale – debbo ammettere - non abbiamo in serbo adeguate soluzioni. Apriremo allora in via del tutto sperimentale, un lavoro di collaborazione coi frequentatori del blog , tentando di ricucire correlazioni con altri numeri contenuti nei testi biblici.  A coloro che perseverano nella temeraria intenzione di seguirci, propongo pertanto un invito a partecipare attraverso il commentario o l’e-mail dell’autore fabio painnet blade (l’indirizzo esatto compare in basso a sinistra, non appena la freccetta del  mouse viene  posizionata esattamente sul nome.) Un ultimo dettaglio tecnico: per aver modo di consultare i vecchi articoli relativi ai lavori originali sopraelencati, è sufficiente cliccare sulla parola  ‘Bibbia’ o ‘cielo’, inserite fra le altre etichette riportate alla fine di ogni post.                                                                                                      

  Premetto rapidamente che, nelle varie disamine accademiche raccattate in giro per la Rete, non ho riscontrato niente di attinente  all’idea che certi numeri potessero indicare riferimenti astronomici. Una delle teorie più gettonate, infatti, riguarda la possibilità che il Libro di Daniele riportasse esatti collegamenti a vicende storiche; il ‘gigante d’argilla’, l’impero di Alessandro Magno, o la (ipotetica) profezia sull’Avvento del Nazzareno, non sarebbero che alcuni fra i più noti esempi di agganci storici concepiti  in seno al metodo storiografico. 

   A parte gli studi in chiave storica, o storicista,  vi è dunque in circolazione un’ampia letteratura di genere devozionale, la quale, al contrario della precedente, punta a dimostrare il carattere autenticamente profetico del testo attribuito a Daniele. Alla radice delle motivazioni di questa categoria di analisti, sta la convinzione (secondo loro fatto inconfutabile) che il  racconto del profeta Daniele  fosse stato redatto e diffuso ben prima del II° secolo A.C.  e che riguardasse vicende apprese da antichi testi ebraici riguardanti fatti non ancora accaduti. Non viene quindi presa in considerazione  l’inesattezza del criterio di datazione adottato dall’autore, o dagli eventuali  autori; ma su questo punto è stato scritto tanto e, dal canto nostro, non disponiamo di ragioni valide  per continuare ad affollare il traballante vagone delle congetture.

  Da un lato troviamo dunque i più rigidi sostenitori del carisma del profeta Daniele, dall’altro i più agguerriti scettici. Per completezza d’informazione dobbiamo inoltre annoverare in questa lista anche un terzo ordine di pareri dotti, composto da quelli che  sostengono la totale incongruenza dei tempi indicati nei Vangeli. In questo gruppo di studiosi vi stanno coloro che  si attengono al principio della dilatazione cronologica, quelli  cioè assolutamente convinti che  i fatti narrati siano racchiusi in un intervallo di tempo troppo ristretto  per essere ritenuto credibile. Secondo questo indirizzo di pensiero le narrazioni evangeliche riguardanti l’arrivo di Gesù a Gerusalemme fino alla sua incarcerazione, si sarebbero dovute svolgere in  un arco temporale più esteso. Tutto sarebbe sembrato infatti più attinente alla realtà storica se  gli evangelisti avessero calcolato,  dall’arrivo del Cristo alla sua prigionia, un intervallo di sei mesi anziché di pochi giorni. A rafforzare quest’ idea giocano un ruolo importante le seguenti descrizioni:

1)”La folla agitava le palme” ( Gv 12,12-16 ) Implicitamente ciò significa che i rami di palma, notoriamente difficili da cogliere nella stagione della Pasqua ebraica, fossero più disponibili in corrispondenza di una festività precedente a quella pasquale: la festa delle capanne/tabernacoli (Sukkot) che cade esattamente sei mesi prima della Pessah ebraica. A questo indizio, peraltro piuttosto debole, bisognerebbe aggiungere

2)  importanti cambiamenti dell’assetto politico imperiale, in virtù del quale l’azione di Gesù sarebbe stata inizialmente tollerata dalle autorità (prima da Erode Antipa e poi da Ponzio Pilato che caldeggiavano la presa di potere del cospiratore Seiano) e successivamente  condannata, in corrispondenza della piena affermazione di Tiberio e della caduta dei suoi oppositori politici. Ciò spiegherebbe la magnanimità dello stesso Pilato, notoriamente un tipetto violento e senza scrupoli, nei confronti di Gesù. Magnanimità in seguito decaduta e testimoniata dal trattamento riservato al prigioniero. Difficile che anche questo cambio di registro del governatore, fosse maturato in poche ore, come racconta la versione canonica.

3)Infine, bisogna annotare  la posizione giustizialista del popolo contro il Cristo.   Nei Vangeli si parla infatti di un trionfo popolare per il Maestro, si racconta del successo delle sue predicazioni, non si capisce pertanto come tante persone avessero potuto cambiare  idea tanto nel breve tempo di poche ore, mentre sarebbe di certo stato  più verosimile che l’indignazione della folla fosse maturata  nell’arco di alcuni mesi, magari  sotto la spinta di una robusta propaganda diffamatoria.  

Tutti questi elementi sono il frutto dell’analisi storicista avallata da una disinvolta categoria di autori, ai quali dobbiamo riconoscere l’indiscusso merito di aver portato all’attenzione pubblica una concatenazione molto pertinente di deduzioni. ‘Meritevole’ quanto si vuole, ma non sufficiente a  intaccare il nostro parere, o ad attrarre la nostra attenzione, magnetizzata su ben altri contesti e criteri. A scanso d’equivoci, posso anticipare fin d’adesso che il nostro lavoro non solidarizza con nessuna delle posizioni appena elencate. A beneficio del lettore e per rispondere alle sue giuste pretese, crediamo sia a questo punto necessario argomentare il nostro scetticismo  rispetto a Daniele (Profeta o erudito?) e a tutti quegli scritti che, entro il nutrito corpo dei testi sacri giudaici, abbiano fino ad oggi goduto della qualifica  di ‘profetici’.

Messe da parte considerazioni di carattere religioso e rimanendo coerenti allo spirito che  ha fino ad ora animato le nostre perplessità, ritengo di poter escludere al netto la possibilità della preveggenza profetica concessa in grazia dal Cielo. Ecco che, allora,  la figura di Daniele, ammesso si tratti di quel Daniele di cui parlano gli esegeti (cosa di per sé  tutt’altro che scontata) , si rivela ai nostri occhi nella veste di erudito; sicuramente era uno che conosceva bene nozioni scientifiche precluse ai più e non deve sorprendere che un tal personaggio possa essere stato anche  un esperto narratore del mito. Per noi non ha alcuna rilevanza che questo saggio del passato si fosse chiamato Daniele e non pensiamo di poter negare in assoluto  il carattere di preveggenza di certi suoi scritti, ammesso però che questa qualità non si riferisca a doti divinatorie esclusive, ma che si appoggi più risolutamente a una previsione costruita su un solido bagaglio di competenze tecniche e su una  conoscenza molto avanzata di particolari fenomeni astronomici. Riteniamo pertanto che il requisito di ‘preveggenza profetica’ di cui si è ampiamente abusato in letteratura, riguardi  soltanto precisi testi che riportano, spesso in forma cifrata, conoscenze di carattere scientifico. 

    Al di fuori del  contesto planetario a noi più prossimo ( il sistema solare) non sarebbe dunque possibile, dal nostro punto di vista,  formulare previsioni esatte.  La  previsione dell’alternanza ciclica dei moti stellari, non riguarderebbe  infatti eventuali qualità divinatorie, ma più ragionevolmente una forma di Sapere costruito sulla conoscenza di specifiche dinamiche celesti. Una volta che l’iniziato (ma anche saggio)  disponeva della necessaria competenza e degli strumenti adatti,quindi scientifici, per valutare con esattezza determinati fenomeni planetari, è presumibile fosse in grado di allestire di tutto punto i termini narrativi di un adeguato scenario terreno che potesse in qualche modo rispecchiare simbolicamente quello superno, apparentemente indeterminabile; stava quindi all’abilità dell’erudito (nel ruolo di narratore) mettere insieme le analogie necessarie affinché il disegno del Cielo potesse ispirare  i comportamenti degli uomini, le cui vicende, a prescindere dalla fedele cronaca dei fatti realmente accaduti, sarebbero state raccontate - soprattutto per essere ricordate - in un apposito linguaggio (mitico): ‘così in cielo così in terra...’Recita per l’appunto una famosa orazione  cristiana.       

Certificazione postuma di autenticità                                                                 Secondo il nostro modesto punto di vista , in specifiche situazioni sarebbe opportuno parlare di ‘profetismo indotto’, invece di valore profetico vero e proprio, così da marcare la differenza fra l’indole divinatoria generalmente attribuita a certe figure carismatiche e la capacità di costruire passaggi e contesti simbolici sul solco di comprovate dinamiche, investigate secondo un preciso approccio astronomico.  In parole povere vi sarebbero fenomeni di alternanza fra epoche ben delimitate, apertura di cicli nuovi e chiusura di cicli vecchi,  ma anche i moti del ciclo orbitale lunare (eclissi), studiati a fondo fin dall’antichità e misurati attraverso la durata del Grande Anno Platonico. Questo specifico Sapere arcaico, compatibile con quello moderno, avrebbe consentito agli antichi osservatori del firmamento di prevedere con un buon margine di approssimazione, una serie di eventi ciclici, ma anche planetari a volte perfettamente visibili dalla terra, come la congiunzione Giove-Saturno. Da queste basi non suscettibili di interpretazione, si sarebbero poi stabilite associazioni (simboliche) con particolari vicende storiche e con personaggi particolarmente rappresentativi di determinate epoche, per poi ricostruire la trama di racconti ambientati sulla terra, seppur strettamente connessi alla rappresentazione del grande palcoscenico celeste. Ovviamente lo scenario terreno (inferiore) avrebbe dovuto ricalcare in misura pressoché identica e sovrapponibile quello astrale (superiore) per far si che, in tempi successivi, i posteri potessero mettere insieme le cose, superare il livello letterale del testo ( il senso  favolistico ) ed accedere, previo opportuna formazione, all’ accesso di un Sapere di livello molto più elevato. Non si spiega altrimenti come mai, nell’ Epimonide, lo stesso Platone indicasse come requisiti imprescindibili della saggezza, il numero, la matematica e anzitutto,  l’astronomia. Insomma, una volta raccolti sufficienti dati nell’ arco di millenni, li si trasmetteva all ’attenzione di una casta ultra-specializzata di dotti sacerdoti, che poi si ingegnavano a mettere insieme entro solide armature simboliche,  i passi di narrazioni epiche destinate a durare nel tempo. In questa abilità narrativa veniva protetto il senso del mito arcaico, capace di racchiudere in un sol getto sia fantastici  racconti di re o draghi, sia la raffigurazione di


eventi celesti.  I redattori di testi scritti in un raffinato linguaggio criptico erano quindi autori e al contempo esperti astronomi; o erano stretti confidenti di membri appartenenti alle caste erudite, o erano essi stessi tali e il loro unico impiego consisteva nel mettere in stretto rapporto i moti stellari e le vicende dei mortali, con l’obbligo di racchiudere nel testo analoghi significati, benché in forma  simbolica. In pratica, profeti o eruditi, quando non erano le medesime persone, dovevano attenersi a un preciso codice linguistico. Secondo questa prospettiva la figura di Daniele profeta non differiva poi tanto da quella di un evangelista, fermo restando che, e qui il giudizio degli storici si fa unanime, le loro opere fossero composte in epoche posteriori ai fatti accaduti e in parte giunti a noi attraverso la storia ufficiale. Se ne evince chiaramente che, sotto questi presupposti metodologici, la fedeltà del racconto rispetto agli accadimenti fosse un fattore del tutto irrilevante, difatti il mito non ha valore di cronaca. L’importante per questi arcaici scrittori era quindi il significato del messaggio riposto nel testo e in quello scientifico riposto nei numeri che dovevano servire come certificazione postuma di autenticità.  

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11 commenti:

  1. Ottime premesse. Aspetto di leggere le analisi che proponi perché la profezia di Daniele mi ha sempre interessato parecchio. E poi forse anche l'Apocalisse di Giovanni sembra prender spunto da questo scritto particolarissimo. Ma mi interessa soprattutto la questione delle '2300 sere e mattine'. Attendo con curiosità gli sviluppi

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  2. Non mi sembra che affronti la questione da credente. Mi sbaglio?

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  3. Bastiano19:52:00

    Mi associo nell'attesa e nei complimenti per il tema affrontato, molto impegnativo. Vi vedo motivati, sicuramente avete tanto da dire.

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  4. Anonimo05:51:00

    Anche io vorrei sentire nuove idee sulle 2300 sere e mattine. Ho trovato un sito , energia nuova mi sembra che si chiami, dove si dicono cose interessanti molto vicino alle vostre.

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. Sulla questione delle 2300 sere e mattine credo di avere in serbo una prospettiva originale. Lode a chi resisterà. Siamo in pochi, ma credo che alla resa dei conti ci arriveremo in pochissimi. Felice di sbagliarmi. Se più avanti ci saranno dubbi, fatevi avanti, mi raccomando.

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  7. Bene Anonimo, ho già visto quel sito ma non sono riuscito a contattare nessuno dei partecipanti al forum, anche perché i dibattiti erano piuttosto vecchi. Di sicuro ci seguirebbero con attenzione perché alcuni di loro sono sulla nostra lunghezza d'onda.
    @Gbc . Sono credente però in queste analisi cerco una lettura scevra da condizionamenti. La matematica mi sembra il linguaggio più consono.

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  8. grazie Fabio per la risposta.proveremo con la matematica allora.

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  9. Rosso Tiziana17:15:00

    Ciao Fabio, buona domenica. Volevo dire che ho avuto qualche problema a capire la questione , o il concetto, di 'certificazione postuma di autenticità'. Cosa intendevi dire esattamente?

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  10. Sì, ho capito la domanda. Le risponderò nel commentario del prossimo post.

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    1. Questo il link del prossimo post: Nabuccodonosor's nightmares

      https://draft.blogger.com/blog/post/edit/1739388182942870260/9218258836418825557

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