lunedì 31 luglio 2023

Giorgio Israel (Roma - 6 marzo 1945; Roma 25 settembre 2015)

 

Matematica come paideia. Un'intervista sull'insegnamento della matematica oggi



La questione dell'uso pervasivo degli strumenti informatici va molto oltre la questione della matematica e del 
suo apprendimento. Vivere in un mondo sempre più lontano dalla natura (luce, forme, odori, calore, 
sensazioni) ci allontana da noi stessi, spezzando la nostra straordinaria esperienza mentale e corporea.
 Come ha detto Hans-Georg Hadamer, dalla contemplazione del fuoco sono sorte probabilmente le prime 
domande dell'essere umano. Lo stesso Gadamer afferma che la scrittura è la svolta nel pensiero umano,
 molto di più dell'avvento del computer. Ritorno sul fatto che il computer, come indica il suo nome, "calcola", 
nel senso di eseguire a velocità impressionante procedure elementari nelle quali l'essere umano riesce a 
tradurre le sue idee, la sua intenzionalità, il suo senso estetico, e così via, piegando queste capacità alle
 misere condizioni delle macchine. I nostri figli raggiungeranno sempre nuovi traguardi nello sfruttamento
 delle macchine, e ciò soprattutto se continuiamo a coltivare in loro le idee, l'intenzionalità, la parola, il senso
 estetico, il ragionamento matematico e così via. Se il nostro essere nel mondo avviene quasi interamente
 attraverso strumenti digitali, della nostra esperienza corporea rimane soltanto la visione e l'ascolto, e queste 
due facoltà rivolte solo a immagini e suoni digitalizzati, ossia già elaborate: è la distanza che separa
 essere nel mondo rispetto a essere nella sala cinematografica vedendo un film in 3D, oppure ascoltare la 
musica con gli auricolari rispetto a ascoltare la voce, uno strumento, un'orchestra. Mi chiedo quindi, 
pensando ai bambini, vogliamo davvero ridurre in questo modo drastico l'esperienza infantile di scoperta del
 me e del non me? (uso le parole del grande studioso Édouard Séguin, che ci ha scoperto l'umanità
 anche di chi un tempo ci appariva quasi come sprovvisto di ciò che rende umani)
   Aggiungo che quella presunta capacità di usare i nuovi strumenti è solo apparenza: il neonato si entusiasma 
se un oggetto reagisce a qualsiasi suo toccare o sfiorare (come si entusiasma con il gattino in casa); 
il bambino o ragazzo impara velocemente regole meccaniche di uso, ma appena il computer non risponde,
 non riesce a immaginare strategie per risolvere perché non ne conosce la logica interna: la può imparare,
 appunto questo sarebbe iniziare seriamente all'informatica a scuola, senza pretese di un "pensiero 
computazionale" che sarebbe una nuova frontiera del pensiero umano. Il ragazzo o giovane si immerge 
nella rete, manifestando la capacità dell'essere umano di "rendersi uguale", di "immedesimarsi", senza
 discernimento: ma se non so cosa è un libro e cosa è un giornale, cosa porta in sé un dipinto o un edificio,
 allora le parole accumulate in miliardi di pagine web e le immagini di cose, persone e luoghi che scorrono nello
 schermo si presentano a me come una massa informe in cui non ho punti di riferimento, una navigazione
 in mare aperto senza neanche le stelle per orientarsi. Sotto questa mitologia del pensiero computazionale 
cova l'idea che quando si usano strumenti informatici si pensa in modo diverso... questa idea dei “nativi 
digitali”. Questo va oltre la matematica. Per quanto la riguarda, non sono gli strumenti informatici che fanno 
imparare la matematica, ma è imparare la matematica che prepara a padroneggiare, sfruttare e far 
avanzare il mondo digitaleLa questione delle tecnologie informatiche, per essere considerata 
seriamente, richiede di dilatare lo sguardo molto oltre queste poche considerazioni. Accostarsi al dialogo su 
questi temi fra Ricoeur e Changeux  (La natura e la regola. Alle radici del pensiero , Raffaello Cortina Editore,
 1999) ci da un'idea del modo povero  e raffazzonato con cui si tratta spesso, e ci indica invece come
 riflettere su di esso in modo serio. Non è un  compito facile ma ne vale la pena

2 commenti:

  1. La matematica è l’unica scienza pura che ha applicazioni pratiche in tutti gli ambiti naturali e che, al tempo stesso, lascia spazio a creatività e immaginazione. La scienza matematica si basa sul rigore logico-deduttivo per creare teorie solide che poi hanno applicazioni in campo industriale, economico e informatico.
    L'apertura mentale e la flessibilità sono le caratteristiche più apprezzate nel mondo del lavoro e permettono al matematico di utilizzare le sue competenze nelle professioni più diverse.

    RispondiElimina
  2. Sì Gus. Il professore Giorgio Israel , col quale ebbi proficui scambi epistolari, era convinto, come il sottoscritto, che nella attuale degenerazione dei tempi vi fosse la disgregazione sistematica dei programmi didattici sulla matematica. Ho intrapreso questo argomento su 'Ero un blogger', sito del simpatico Enzo Rasi. Mi sembra sia nel blogroll di Franco Battaglia. Forse ti interessa.
    Pubblicherò qualcos'altro su di lui, che oramai non c'è più. Menti del genere mancano, oggigiorno.

    RispondiElimina