venerdì 29 luglio 2022

Beata ignoranza

 

 

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                                                 Il mullah dallo sguardo puro

    I  Testi cosiddetti ‘Sacri’ - non ci stancheremo mai di ripeterlo  - sono stati curati da numerosi autori quasi del tutto ignoti; secondo alcuni essi sono ancora e del tutto sconosciuti, mentre secondo altri studiosi, verosimilmente di estrazione religiosa, gli antichi redattori hanno/avrebbero attinto le loro informazioni da fonti precise; le religioni hanno così provveduto ad operare selezioni secondo una logica arbitraria, anche se le narrazioni hanno spesso riguardato protagonisti comuni. Sono stati dunque portati alla conoscenza dei  credenti, contributi e storie diverse, cosicché ciò che per taluni rappresenta, e ha rappresentato nei secoli, oggetto di devozione, per altri non è che materiale inutile e privo di valore, quando non del tutto fuorviante (apocrifo).   

   Nell’affrontare queste letture ho così cercato di liberarmi da ogni pregiudizio, da ogni suggerimento ricavato da conoscenze acquisite in precedenza.Robert Bauval , autore con Sandro Zicari del bel libro ‘Eresia Vaticana’, ci parla di un mullah ignorante* che, nell’osservare il logo di una compagnia aerea saudita aveva individuato un preciso riferimento alla cristianità ( The Saudia Arabia logo debacle.) La Croce dei cristiani era stata riprodotta e mescolata ad arte in mezzo ad altri tratti del disegno che riproduceva il simbolo identificativo sulla carlinga di ogni velivolo e su ogni singolo depliant informativo. 

Non appena il padrone della compagnia, di fede islamica, venne a conoscenza di questo fatto, non esitò a rimuovere il 'sacrilego segno' da tutti i supporti su cui era stato così abilmente mimetizzato. Anch’io mi sono rivolto alle sacre scritture ebraiche con lo stesso piglio del mullah ignorante, spogliandomi di ogni concezione, di ogni opinione qualificata, di ogni abito culturale che potesse indurmi ad una lettura orientata. Così facendo ho cercato di ridurre i condizionamenti che avevano ingannato milioni di sguardi e, così facendo, non ho potuto esimermi dal notare che questi testi tanto diffusi nel mondo, assieme a una consistente parte redatta in lingue più volte tradotte, modificate ed interpretate, hanno conservato inalterata la loro parte numerica. Ho cominciato allora a considerare  le scritture bibliche come un preciso codice alfa-numerico nel quale solo la parte cifrata si era mantenuta immutata nel tempo, a prescindere dalla versione proposta/imposta dagli esegeti di turno.

   Che gran parte dei testi biblici riportino sequenze di cifre è un dato incontestabile, un po’ meno scontato è invece il fatto che, tali codici e numeri, facciano riferimento a concetti e rappresentazioni astronomiche. Non si tratta tuttavia di rapporti dedotti a posteriori, ma di correlazioni esatte che, proprio  in  virtù della  loro precisione, fungono  da  riscontri assoluti. Si può dire infatti che l’esatta  corrispondenza di un numero possa essere dovuta al caso? Gli statistici sanno bene che, quando la probabilità che si verifichi un dato evento è infinitesimale, ci si deve razionalmente porre il dubbio che non si tratti di coincidenza ma, semmai, di inadeguatezza dei nostri procedimenti di stima. Alcuni in realtà hanno intuito la possibilità che vi siano relazioni importanti fra le numerose sequenze di numeri menzionati nei passi biblici, ma a  quanto mi risulta nessuno pare aver spinto le proprie indagini fino alle dimostrazioni. Il mio lavoro si è svolto nel segno di questa necessaria obiettività di giudizio.

    Nelle analisi raccolte in questo saggio ho cercato di innestare al corpo di testi alfa-numerico una chiave raziocinante, giungendo alla conclusione che, lungi dal rappresentare quantità casuali, i numeri riportati in alcuni libri (Genesi, Numeri), spesso attribuiti a età di individui (anziani) o a censimenti di persone, forniscano in realtà misure astronomiche di movimenti planetari significativi per la  cultura ebraica (come traiettoria  e durata di  particolari fenomeni lunari) e strettamente correlati al ciclo precessionale degli equinozi. Ho inizialmente concentrato ogni indagine intorno alla questione dell’età dei patriarchi antidiluviani individuando immediatamente una cifra precisa.

    Mi ha sorpreso soprattutto il fatto che tale calcolo, per quanto banale ed intuitivo, non sia  mai stato accennato  in opere di genere  analogo (e a quanto mi risulta nemmeno di genere diverso.)  Il numero di cui detto sopra, quello ricavato da una calcolo elementare, rappresenta la durata della trecentosessantesima  parte del ciclo della precessione degli equinozi (i1 grado), che per cultura ebraica, com’è risaputo, è un fenomeno cosmico di imprescindibile importanza. Per rispetto della matematica, devo tuttavia precisare che tale numero, la misura del grado precessionale, sia stato calcolato grazie alla misura del giorno solare differente di un solo  secondo rispetto a quella rilevata nella nostra epoca, attraverso cioè  criteri e strumenti moderni. Il fatto che gli sconosciuti autori dei testi biblici si siano premurati di criptare un valore numerico (per loro assai significativo) non è minimamente messo in dubbio, tant’é vero che esso ricorre con la stessa precisione anche nel libro dei Numeri. Su entrambi i testi, la medesima misura compare in forma criptata e somigliante al punto da risultare quasi sovrapponibile. Il vero mistero, allora, diventa quello di capire come sia stato possibile che nessuno se ne sia mai accorto prima. Su questa misteriosa  cifra (‘misteriosa’ poiché  gli  autori  dei testi  biblici  hanno  inteso nasconderla anziché riportarla esplicitamente) occorre chiarire i motivi per i quali non può essere il risultato di un’operazione casuale:

Primo motivo: la somiglianza del dato astronomico effettivo rilevato con strumenti moderni, col dato riportato nei testi, è sorprendente.

Secondo motivo: La cifra in questione ritorna puntualmente in altri testi (Numeri, Salmi, Seconda Lettera di Pietro). Nel libro dei Numeri, essa compare nel secondo dei due censimenti della popolazione israelita. Anche qui, l’espediente del ‘censimento’ sembra un pretesto per sigillare, entro formule criptate di matrice alfa-numerica, quantità precise da porre in relazione fra loro. Solo questo fatto mostra che, pur con reperti provenienti da fonti disgiunte, gli autori si rifacessero ad un unico metodo di rilevazione o avessero attinto informazioni tecniche da una fonte comune. Oggi sappiamo che  questo metodo  si  attiene  al criterio più  semplice adottato  per  l’osservazione  e  lo  studio  del  movimento ciclico  della precessione degli equinozi.

      Nelle precedenti pagine ho riportato alcune informazioni fondamentali per capire cosa effettivamente rappresentasse il fenomeno della precessione degli equinozi e attraverso quali criteri lo si rilevi al giorno d’oggi (Il paragrafo  è tratto dal sito dell’astronomo Adriano Gaspani).

Nella tabella conclusiva ho elencato quattro esempi di cifre estrapolate dalla Rete. Come vedremo, nessuna di esse corrisponde alla misura riportata nei testi biblici. 

 

 

                                                                   I dati della Rete

 

Sito              durata del ciclo precessionale (in anni solari)         1/360

 

www.centrometeo.com          25.800 anni (circa)           71, 666...(periodico)

www.astronomia.com          25.785 anni                     71,6275…

wikipedia                           25.765 anni                      71,569444      

www.oagenova.it (pdf. Pg.7)  25775  anni                      71,597222

 

 

  

    La prima delle domande che mi son venute in mente dopo aver preso visione dei dati pubblicati in Rete, è perché vi siano misure tanto diverse per la classificazione di uno stesso fenomeno, che, da perfetto ignorante, avrei creduto essere uguali, a prescindere dal sistema di rilevazione utilizzato. Oltretutto, i siti da me consultati, sono spazi gestiti da professionisti, non da dilettanti!

 

     Forse non sono stato il solo a pormi certe domande, o forse qualcosa mi sfugge rispetto all’efficacia e alla modalità di utilizzo degli strumenti di rilevazione moderni. Magari le mie perplessità non sono neppure pertinenti agli occhi di un astronomo. Nonostante ciò, ho comunque provato a formulare delle risposte, un po’ per colmare la mia ignoranza, un po’ per portare all’attenzione comune questioni che non sono solo personali ma che potrebbero riguardare molti, fra i non addetti ai lavori. Mi perdonino, dunque, gli specialisti per le mie approssimazioni, per il mio puerile interesse verso questioni legate alla conoscenza dei criteri operativi dell’astronomia. Devo dire subito che, nel valutare la scarsa corrispondenza di misurazioni che credevo coincidenti,  mi è balenato il dubbio fossero state rilevate in modo sì preciso, ma in un lasso di tempo alquanto ridotto. Mettiamo che, ad esempio, le misurazioni fossero state effettuate su un arco spaziale di pochi gradi. Ricordo che un solo grado del ciclo precessionale dura la bellezza di circa settantadue anni. Per capire i miei dubbi occorre sapere dunque se gli astronomi nel misurare la velocità, si sono serviti di un tempo relativamente breve, tuttavia sufficiente – coi mezzi a loro disposizione - per calcolare la velocità effettiva dello spostamento assiale della terra. Se, tanto per fare un esempio, essi avessero valutato questa velocità su una porzione uguale a un trentaseiesimo dell’intero ciclo precessionale, cioè sull’arco di  dieci gradi, potremmo supporre abbiano eseguito una semplice moltiplicazione per ottenere poi la velocità del moto assiale terrestre nel corso dell’intero ciclo. La velocità del ciclo completo della precessione degli equinozi, in questo caso, sarebbe stata calcolata ipotizzando che questo movimento fosse, per l’appunto, costante. Sempre a titolo di esempio, supponiamo adesso che in soli dieci gradi d’arco il rapporto spazio/tempo (velocità) fosse durato 712 anni solari, per calcolare la velocità corrispondente al ciclo completo della precessione degli equinozi basterebbe moltiplicare, quella velocità, per 36, essendo i dieci gradi presi in esame, un trentaseiesimo esatto dell’angolo giro. Di conseguenza , in virtù di quest’operazione,  per 712 anni otterremmo un ciclo di 25.632 anni; per 715 anni uno di 25740; o per 716 anni un ciclo di 25.776 anni. Ciò suggerisce in modo inequivocabile e per dar fede ai solerti astronomi che, ogni volta che si è applicata la suddetta  rilevazione, si sono ottenute stime diverse a fronte di un movimento che per il vero non è costante, ma che invece varia nel tempo. In base alle simulazioni la cosa appare perfettamente plausibile, considerando che il pianeta è sempre stato soggetto a una serie di influssi esterni, specialmente di natura gravitazionale e non sempre accertabili. Dato che, allora, l’intervallo temporale preso in esame da ogni osservatorio, sia stato  molto più breve dei dieci gradi e che ognuno avesse operato in autonomia dagli altri, possiamo immaginare che, una volta applicata la necessaria moltiplicazione, i risultati  ottenuti in scala precessionale abbiano fornito misure discrepanti, esattamente come rilevato dai dati della Rete. Il fatto non palesato, ma forse per gli esperti del tutto implicito, è dunque la variabilità del moto dell’asse terrestre. In pratica, il calcolo della durata di un ciclo precessionale (con la sua velocità) ci fornisce dati virtuali e non effettivi, mentre apparedel tutto reale la misura della velocità dell’asse, rilevata in una piccola porzione del ciclo.  


*..You Tube: Robert Bauval racconta l’episodio del mullah ignorante

https://www.youtube.com/watch?v=XBrcN2kJmeE  ( al punto 4:24, circa)

 

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