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La trecentosessantesima parte del ciclo precessionale degli equinozi
Una volta
assimilata una certa familiarità con le concezioni del moto di oscillazione dell'asse terrestre, potremmo addentrarci entro analisi più precise rispetto alla
valutazione della sua millenaria durata.
Robert Bauval afferma che gli antichi Egizi possedevano precise conoscenze di questi fenomeni e, per quanto ci risulta, anche i Caldei non gli erano da meno. Ce ne giunge notizia ufficiale dagli studi di Ipparco da Nicea, il quale, in tutta probabilità, conferiva una durata esatta al fenomeno della precessione degli equinozi. Di queste misure in forma scritta non ci è giunto praticamente nulla, eccezion fatta per la citazione sull’Almagesto tolemaico, dal quale abbiamo dedotto, ma non verificato con certezza, il primato dell’astronomo greco. Secondo quanto esposto in precedenza, Ipparco da Nicea si rifaceva a studi che si attenevano al criterio del polo fisso dell' Eclittica. La durata dell’intero ciclo precessionale rilevata in questo modo sarebbe stata calcolata al giorno d'oggi nella misura di 25725 anni solari esatti, tuttavia, tenendo conto anche del movimento del Polo dell'Eclittica, il vero valore del periodo precessionale diverrebbe di 25784 anni solari medi, ovvero, più lungo di 59 anni. Una conseguenza di questo fatto è il cambiamento della posizione della stella polare durante il trascorrere dei millenni. La domanda che trova risposta nel libro della Genesi (esattamente in Genesi 5 e Genesi 6) sarebbe dunque la seguente: gli autori della Bibbia, o più precisamente gli Autori dei libri della Genesi, conoscevano il lento moto dell’asse terrestre che determina il movimento della stessa stella polare? La risposta potrebbe essere negativa, a meno di non voler considerare una data relazione come frutto del caso. Essi dunque, dati alla mano, conoscevano bene il fenomeno della precessione degli equinozi, ma evidentemente, non il lento movimento del polo dell’Eclittica (Abbiamo ipotizzato che i redattori biblici avessero cominciato a riportare dati correlati al fenomeno dell’ Obliquità dell’Eclittica nel Libro di Daniele) che, come detto - per compiere i loro calcoli - devono aver considerato fisso. Che conoscessero il fenomeno della precessione degli equinozi e che lo valutassero accuratamente nella misura di 25725 anni solari. è dimostrato dalla relazione 8575 / 120 , tratta da Genesi 5 ( Sommatoria età patriarchi = 8575 e Genesi 6; 3-4 = 120) che indica la durata esatta (anni 71,45833333. Anticamente i numeri decimali venivano riportati come rapporto di quantità finite) della trecentosessantesima parte del ciclo precessionale, lungo - come detto - 25725 anni.
La
relazione a cui ho fatto cenno, ben delineata nei numeri riportati in Genesi 5
e Genesi 6, ci induce a considerare, come misura conosciuta dagli antichi, la
quantità di 25725 anni solari. Questo numero, basato sul principio dell’
immobilità del polo dell’Eclittica (e non quello della sua variazione, scoperto
in tempi recenti e di cui però – a nostro avviso - risulta traccia nel Libro di
Daniele), indica che il criterio sia frutto dell’ingegnosità umana e non di
intelligenze aliene, le quali, muovendosi nello spazio, non avrebbero
certo potuto ignorare
la dinamica esatta
dei sopra citati
movimenti astrali. Pertanto, se le antiche civiltà avessero attinto le
loro evolute nozioni scientifiche oggi ritroveremmo nei reperti cifre e misure
già perfettamente sovrapponibili a quelle stimate con mezzi moderni. O dovremmo
credere che le civiltà extraterrestri non disponessero di dati aggiornati?
Ironia a
parte, teniamo a sottolineare e ribadire che, questo nostro lavoro porterà alla
luce elementi astronomici riconducibili con minime approssimazioni alle stime attuali e comunque, in riferimento
allo stesso fenomeno, i testi presentano varie valutazioni, non ripetono
costantemente le stesse, a dimostrazione che le sacre cifre fossero trascritte
di volta in volta affinché, attraverso i dati iniziali, si potessero operare
opportuni aggiustamenti. E questi, infatti, ci sono rimasti, sia in forma
scritta, quanto orale, ma sempre espresse nel linguaggio scientifico
dell’epoca, ovvero nel linguaggio del mito. Che piaccia o no, dobbiamo al
giorno d’oggi accettare l’idea che il calcolo degli antichi astronomi fosse
frutto delle loro conoscenze e non di entità
venute da chissà dove. Ben più difficile per il lettore poco
documentato, è di sicuro concepire e capire l’idea che il calcolo di simili
cicli temporali si sarebbero potuti
realizzare grazie alla competenza di solerti osservatori che si sono anzitutto
preoccupati di tenere dettagliati archivi di una minuziosa documentazione
tecnica.
In linea di
massima, per l’uomo moderno risulta piuttosto complicato, se non impossibile,
immaginare che in epoche tanto remote semplici uomini sapessero seguire lo
spostamento impercettibile di una costellazione, o di un pianeta. Se pensiamo al
fenomeno della precessione
degli equinozi e
alla sua durata (stimata nella misura di quasi ventiseimila anni solari), in
molti, fra studiosi e astronomi, danno per scontato che nei tempi antichi
nessuno avrebbe avuto i mezzi per scoprirlo prima del 127 AC. In sostanza,
anche gli ‘esperti’ del nostro secolo, quasi all’unanimità, concordano fra loro
nell’affermare che, per registrare con precisione un movimento così lento, ed
oltretutto nel corso di poche decine di anni, sarebbero necessari strumenti
estremamente sofisticati, completamente sconosciuti invece agli antichi
astronomi. Questa semplice posizione, spesso sostenuta da esimi cattedratici, ha dato adito
alle ipotesi più svariate sulla
possibilità di ingerenza aliena sul
nostro pianeta poiché - secondo
molti - soltanto attraverso la trasmissione diretta di informazioni, le antiche
civiltà degli umani avrebbero potuto registrare con precisione simili misurazioni
astronomiche. Sappiamo che oggi questa convinzione, con tutti i suoi limiti
scientifici, fertilizza e incentiva un commercio editoriale assai redditizio,
quindi non deve stupire la messa al bando dei testi e delle idee di Giorgio de
Santillana, uno dei primi ad affermare la possibilità che calcoli e misure
scoperte dagli antichi studiosi dei cieli, fossero da attribuire alla semplice
capacità di osservare i moti delle stelle, a patto che gli osservatori in
questione fossero stati in grado, non solo di tenere dati e misure in memoria,
ma anche di preservarle da possibili tentativi di occultamento.
La vera
abilità andrebbe, a mio avviso, cercata proprio nelle tecniche di criptazione
adottate e non tanto nella qualità dell’osservazione, la quale non sembra, in realtà, complicata. Essa si
fondava anzitutto sulla individuazione del punto in cui avveniva la levata
eliaca di un astro, elemento fondamentale dell’astronomia babilonese, e
necessitava del riferimento fisso rappresentato dalla linea dell’orizzonte (il
‘telescopio’ degli antichi); se quindi ci si accorgeva che una certa stella,
solitamente presente all’alba equinoziale, non era più visibile in quel dato
giorno dell’anno perché in pratica si spostava, significava che gli
‘ingranaggi’ del cielo si erano spostati, ovvero, che la terra non girasse
soltanto attorno al proprio asse ma che vibrasse impercettibilmente anche in
altro modo. Se, quindi, questa stella apparteneva ad una configurazione
zodiacale voleva dire che il sole equinoziale stava lentamente ‘entrando’ in
un’altra figura. Ciò suggerisce che nell’ antichità, ad un certo punto,
divennero ben consapevoli dello spostamento della stella polare e che, perciò,
le civiltà dotate di tali conoscenze, fossero
già perfettamente capaci di mettere
in relazione i diversi movimenti oscillatori del nostro pianeta. Su questo
punto gli specialisti moderni sono entrati
in gran confusione. Per Giorgio de Santillana invece, pare plausibile
che gli antichi fossero in grado di
descrivere con un linguaggio tecnico simile al nostro, cose tanto complicate, e
pare probabile che essi potessero registrare ciò che vedevano, adoperando per
l’occasione un linguaggio specifico assai differente dal nostro. Fermo restando
ciò, possiamo ipotizzare che in un arco temporale di quasi mille anni, gli
antichi osservatori del cielo fossero riusciti a distinguere un moto che copre
un angolo di dieci gradi, individuando, nel quotidiano ruotare del cielo
intorno al polo, una serie di fenomeni e soprattutto una zona contrassegnata
dal ‘cono giroscopico descritto dal movimento lentissimo precessionale,
chiamato ‘buco nero’, che non fa riferimento ad alcuna stella, come avviene per
l’asse di rotazione terrestre ma, rispetto a quest’ultimo moto, è considerato
assai più stabile. Nella loro mente presero forma allora le simmetrie
meccaniche, la macchina del tempo o, come diceva Platone l’ ‘immagine mobile
dell’eternità’. Questa macchina del tempo poteva quindi essere contrassegnata
da stazioni importanti per effetto dello spostamento continuo dell’equatore
celeste causato dal moto giroscopico. Le due circonferenze delimitate dallo
spostamento dell’equatore celeste, si intersecano dunque in due punti opposti,
detti equinoziali, i punti cioè in cui sorge il sole nei due equinozi annuali.
Il sole percorrendo l’eclittica nel corso dell’anno, incontra l’equatore
celeste in un punto che col passare degli anni si sposta lungo la fascia dei
segni zodiacali. Il fenomeno così descritto da Giorgio de Santillana ( Il mulino di Amleto – Adelphi Editore)
è chiamato quindi ‘precessione’, perché i segni zodiacali, per un effetto
ottico conseguente alla prospettiva terrestre, sembrano spostarsi in senso
contrario a quello del sole, ciascuno anticipando la posizione precedente
rispetto al moto eliaco (frutto anch’esso di un’analoga illusione ottica dovuto
alla rotazione della terra). La moderna concezione scientifica in seguito, ha
spogliato il fenomeno della precessione dai suoi grandiosi e antichi
significati, riducendola a una questione di poco conto. E’ bene sapere
tuttavia, che in passato le cosa erano viste diversamente, non solo i moti
delle stelle (in realtà dell’asse terrestre) erano ritenuti importanti, ma ci
si poneva anche lo scrupolo di tramandarli alle generazioni successive, per
questo motivo li si concepì, non come incomprensibili strutture celesti (come
si fa oggi, dove occorrono specialisti del ramo per capire certe formule), ma
nella forma di poemi che, attraverso un linguaggio perfettamente accessibile
alla gente comune, narrassero cicli di regni e di sovrani, storie di uomini e
di dèi impegnati nella sempiterna lotta per la successione.
Ma veniamo
al calcolo aritmetico propriamente
detto. Nella Bibbia masoretica
(ma anche nelle altre), la somma delle età dei discendenti adamitici, Noè
incluso, è uguale a 8575 anni. Se però andassimo a leggere un po’ più avanti,
Genesi 6; 3-4 , troveremmo immediatamente l’altra cifra della relazione che ci
riporta al numero indicato nei Testi. Genesi 6, 3: “Allora il Signore disse: il mio spirito non resterà
sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni.”
Il numero da dividere alla somma delle età dei patriarchi antidiluviani è
allora il centoventi (8575:120=71,458333…) e il risultato di questo rapporto moltiplicato
per 360 (gradi) ci fornirà con estrema precisione il valore di 25725 anni (e
non 25784 anni). Ciò basta, e avanza, per dimostrare quanto affermato in
precedenza.
L’ignoranza
degli umanisti
Charles
Percy Snow, nel sul libello ‘Le
due culture’, denunciava un grave handicap della cultura occidentale.
Egli sottolineava in senso critico
l’antagonismo fra intellettuali
umanisti e ‘scientisti’, ciascuno
dei quali riteneva (sbagliando) che il proprio indirizzo costituisse la
‘totalità’ della cultura. Egli racconta del saccente sarcasmo degli
intellettuali di formazione
umanista, verso quegli scienziati
che non avevano mai letto opere fondamentali della letteratura inglese.
Essi venivano liquidati come ‘perfetti ignoranti’. Charles Snow,
sentendo forse di far parte di questi ultimi, sosteneva invece che l’ignoranza
dei letterati di stampo umanista non fosse meno sorprendente. Così scrive ne Le due culture (C. P.Snow,.
Marsilio editore 2005): “...un paio di
volte mi sono indignato e ho chiesto alla compagnia (di letterati umanisti)
quanti di loro se la sentivano di spiegare cosa fosse la seconda legge della
termodinamica. La risposta era fredda ed altresì, negativa. Eppure chiedevo
qualcosa che è l’equivalente di ‘avete mai letto un’opera di Shakespeare?’.
Credo che se avessi fatto una domanda ancor più semplice – per esempio: ‘che cosa sapete della massa e
dell’accelerazione?’ Che è l’equivalente dell’affermazione: ‘Sapete
leggere?’ non più di una su dieci, di quelle persone (che si reputava)
di elevata cultura mi avrebbe saputo rispondere. Compresi che la maggioranza
delle persone (che si reputano) più intelligenti del mondo occidentale
capiscono di scienza quanto un loro antenato dell’età neolitica”.
Charles
Snow in pratica riteneva un intellettuale che non conosce
Shakespeare al pari di
uno che non conosce il secondo principio della termodinamica.
In virtù di quanto affermato in precedenza, in senso fortemente provocatorio,
mi domando io: agli albori del terzo millennio può ritenersi colto un letterato
che non ha mai sentito parlare del fenomeno della precessione degli equinozi? Può ritenersi credibile? Oppure deve
esser posto alla stregua di un intellettuale che non ha mai letto un
solo capitolo della Bibbia? La luna e la terra, col suo ciclo precessionale o
con quello di rivoluzione intorno al proprio asse e intorno al sole,
rappresentavano fenomeni molto importanti per le antiche civiltà, nulla di
strano dunque che i nostri antenati intendessero studiarne e descriverne i
moti; non deve sorprendere pertanto che avessero imparato a suddividere e
calcolare i loro movimenti in virtù dello spostamento (angolare) degli astri.
Dobbiamo credere allora che essi conoscessero bene la corrispondenza temporale
di un grado rispetto al ciclo precessionale, al moto di rivoluzione della terra
intorno al sole o persino a quello della luna intorno alla terra, la durata
cioè di un trecentosessantesimo di un anno o di una lunazione.
Nella
tabella inserita poco più avanti, (tab
01), abbiamo contrassegnato sotto la lettera M la durata di un ciclo lunare,
pari a 28 giorni solari; sotto la colonna contrassegnata dalla lettere D
abbiamo indicato la durata del ciclo precessionale degli equinozi.che risulta
uguale a 27.725 anni solari; sotto la lettera A abbiamo invece definito il
ciclo della rotazione terrestre della durata di 24 ore solari; sotto la colonna
non segnata da alcuna lettera (La prima colonna da destra) abbiamo infine
voluto indicare il ciclo di rotazione della terra intorno al sole, della durata
di un anno solare. Essendo cicli, essi vanno considerati, in senso spaziale,
secondo il loro valore angolare e quindi, proprio come un angolo, ognuno di
essi può essere scomposto in trecentosessanta porzioni.
Possiamo
ricavare dalla la misura temporale di ciascun grado d’arco a seconda che esso
appartenga rispettivamente (Leggere nella tabella, da sinistra a destra) al
ciclo orbitale della luna, al ciclo precessionale, al ciclo di rotazione
terrestre e all’orbita della terra intorno al sole (Ultima colonna). A questo
punto appare chiaro come ogni trecentosessantesimo rappresenti, secondo il
ciclo di riferimento, un lasso di tempo diverso. Convenzionalmente, e cioè
secondo il criterio che ci siamo imposti di seguire in piena sintonia con le
ragioni di Giorgio de Santillana, la misura di un grado d’arco verrà intesa
come ‘giorno’, a prescindere dal significato del giorno solare propriamente
detto. Un giorno precessionale sarà dunque da intendersi come la
trecentosessantesima parte del ciclo precessionale , e così via, secondo logica
appena esposta. Il metodo, in sostanza, verrà applicato nelle indagini che
riguardano i successivi passi della Bibbia, cosicché, ad esempio, quando nel
Libro di Daniele si parla di 1290 ‘giorni’, noi valuteremo questa cifra in
chiave precessionale con l’applicazione di un calcolo che prevede la durata di
circa 72 anni per ogni ‘giorno’, da cui se ne ricava che la corrispondenza su
scala solare di 1290 giorni sarà di 92.880 anni (1290 x 72).
Bei post, ma mi sembra materiale già trattato in precedenza.
RispondiEliminaAgosto volge al termine. Ma qui si è lavorato sodo per tutta l'estate, vedo.
RispondiEliminaAbbiamo lavorato tutta l'estate, non avendo beneficiato ancora di un solo giorno di ferie. Nonostante ciò, debbo ammettere che i lettori sono stati veramente pochi. Molti meno di quanti ci hanno seguito questo inverno.
EliminaSì, ho ritenuto di pubblicare un'ampia carrellata di tutto ciò che si è detto in precedenza,soprattutto per introdurre un post importante sul Libro dei Numeri, che svilupperemo in due post, fra circa un mese. .
RispondiEliminaPost interessante. Negli altri articoli firmati da Fabio PB si leggono interessanti riscontri rispetto a fenomeni astronomici, attendo con grande interesse il post relativo al libro biblico dei Numeri. Sarebbe ancora più costruttivo poter leggere una pubblicazione su questi temi ma non ho trovato nulla in commercio. Avete indicazioni da lasciare in proposito?
RispondiEliminascusa il ritardo della risposta. No, nessuna pubblicazione da consigliare.
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