mercoledì 17 agosto 2022

Il grado precessionale

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    La trecentosessantesima parte del ciclo precessionale degli equinozi

        Tutti coloro che non sanno cosa sia il ciclo della precessione degli equinozi possono seguire con attenzione il video tratto dall’archivio You Tube in cui Robert Bauval espone, in termini estremamente comprensibili, la descrizione di questo particolare movimento dell’asse terrestre che rappresenta l’abc dell’ astronomia *.

   Una volta assimilata una certa familiarità con le concezioni del moto di oscillazione dell'asse terrestre, potremmo addentrarci entro analisi più precise rispetto alla valutazione della sua millenaria durata.

Robert Bauval afferma che gli antichi Egizi possedevano precise conoscenze di questi fenomeni e, per quanto ci risulta,  anche i Caldei non gli erano da meno. Ce ne giunge notizia ufficiale dagli studi di Ipparco da Nicea, il quale, in tutta probabilità, conferiva una durata esatta al fenomeno della precessione degli equinozi. Di queste misure in forma scritta non ci è giunto praticamente nulla, eccezion fatta per la citazione sull’Almagesto tolemaico, dal quale abbiamo dedotto, ma non verificato con certezza, il primato dell’astronomo greco. Secondo quanto esposto in precedenza, Ipparco da Nicea si rifaceva  a studi che si attenevano al criterio del polo fisso dell' Eclittica. La durata dell’intero ciclo precessionale rilevata in questo modo sarebbe stata calcolata al giorno d'oggi nella misura di  25725  anni  solari  esatti, tuttavia, tenendo  conto anche del movimento del Polo dell'Eclittica, il vero valore del periodo precessionale diverrebbe di 25784 anni solari medi, ovvero, più lungo di 59 anni. Una conseguenza di questo fatto è il cambiamento della posizione della stella polare durante il trascorrere dei millenni. La domanda che trova risposta nel libro della Genesi (esattamente in Genesi 5 e Genesi 6) sarebbe dunque la seguente: gli autori della Bibbia, o più precisamente gli Autori dei  libri  della  Genesi, conoscevano il lento moto dell’asse terrestre che determina il movimento della stessa stella polare? La risposta potrebbe essere negativa, a meno di non voler considerare una data relazione come frutto del caso. Essi dunque, dati alla mano, conoscevano bene il fenomeno della precessione degli equinozi, ma evidentemente, non il lento movimento del polo dell’Eclittica (Abbiamo ipotizzato che i redattori biblici avessero cominciato a riportare dati correlati al fenomeno dell’ Obliquità dell’Eclittica  nel Libro di Daniele)  che, come detto - per compiere i loro calcoli - devono aver considerato fisso.  Che conoscessero il fenomeno della precessione degli equinozi e che lo valutassero  accuratamente nella misura di 25725 anni solari. è  dimostrato dalla relazione  8575 / 120 , tratta da Genesi 5 ( Sommatoria età patriarchi = 8575 e Genesi  6; 3-4  = 120) che  indica la durata esatta (anni 71,45833333. Anticamente i numeri decimali venivano riportati come rapporto di quantità finite) della trecentosessantesima parte del ciclo  precessionale,  lungo - come detto -  25725 anni.

   La relazione a cui ho fatto cenno, ben delineata nei numeri riportati in Genesi 5 e Genesi 6, ci induce a considerare, come misura conosciuta dagli antichi, la quantità di 25725 anni solari. Questo numero, basato sul principio dell’ immobilità del polo dell’Eclittica (e non quello della sua variazione, scoperto in tempi recenti e di cui però – a nostro avviso - risulta traccia nel Libro di Daniele), indica che il criterio sia frutto dell’ingegnosità umana e non di intelligenze aliene, le quali, muovendosi nello spazio, non  avrebbero  certo  potuto  ignorare  la  dinamica  esatta   dei  sopra  citati  movimenti astrali. Pertanto, se le antiche civiltà avessero attinto le loro evolute nozioni scientifiche oggi ritroveremmo nei reperti cifre e misure già perfettamente sovrapponibili a quelle stimate con mezzi moderni. O dovremmo credere che le civiltà extraterrestri non disponessero di dati aggiornati?

  Ironia a parte, teniamo a sottolineare e ribadire che, questo nostro lavoro porterà alla luce elementi astronomici riconducibili con minime approssimazioni  alle stime attuali e comunque, in riferimento allo stesso fenomeno, i testi presentano varie valutazioni, non ripetono costantemente le stesse, a dimostrazione che le sacre cifre fossero trascritte di volta in volta affinché, attraverso i dati iniziali, si potessero operare opportuni aggiustamenti. E questi, infatti, ci sono rimasti, sia in forma scritta, quanto orale, ma sempre espresse nel linguaggio scientifico dell’epoca, ovvero nel linguaggio del mito. Che piaccia o no, dobbiamo al giorno d’oggi accettare l’idea che il calcolo degli antichi astronomi fosse frutto delle loro conoscenze e non di entità  venute da chissà dove. Ben più difficile per il lettore poco documentato, è di sicuro concepire e capire l’idea che il calcolo di simili cicli temporali si sarebbero  potuti realizzare grazie alla competenza di solerti osservatori che si sono anzitutto preoccupati di tenere dettagliati archivi di una minuziosa documentazione tecnica.

  Comunemente ognuno di noi sceglie le letture secondo la propria preparazione, o la propria ignoranza. Ovvio che l’ignorante, o colui che manifesta limiti di apprendimento, non può capire tecniche di rilevazione basate sul calcolo aritmetico o sulla geometria, o concepire che qualcun altro, magari al tempo delle origini, potesse disporre di competenze e capacità di calcolo superiori a un soggetto scolarizzato del terzo   millennio; non deve stupire allora che al giorno d’oggi si trovino in giro persone disposte a credere che  la scienza sia fatta da esperti di settore attraverso  concettualizzazioni poco comprensibili o, limitatamente dimostrabili. Costoro appaiono del tutto disposti  a credere vere le provocazioni terrappiattiste, o addirittura l’ingerenza di civiltà aliene.

 In linea di massima, per l’uomo moderno risulta piuttosto complicato, se non impossibile, immaginare che in epoche tanto remote semplici uomini sapessero seguire lo spostamento impercettibile di una costellazione, o di un pianeta. Se  pensiamo al  fenomeno  della  precessione  degli  equinozi   e  alla  sua durata  (stimata nella  misura di quasi ventiseimila anni solari), in molti, fra studiosi e astronomi, danno per scontato che nei tempi antichi nessuno avrebbe avuto i mezzi per scoprirlo prima del 127 AC. In sostanza, anche gli ‘esperti’ del nostro secolo, quasi all’unanimità, concordano fra loro nell’affermare che, per registrare con precisione un movimento così lento, ed oltretutto nel corso di poche decine di anni, sarebbero necessari strumenti estremamente sofisticati, completamente sconosciuti invece agli antichi astronomi. Questa semplice posizione, spesso sostenuta da  esimi cattedratici, ha dato  adito  alle ipotesi  più svariate sulla possibilità di ingerenza aliena sul  nostro  pianeta poiché - secondo molti - soltanto attraverso la trasmissione diretta di informazioni, le antiche civiltà degli umani avrebbero potuto registrare con precisione simili misurazioni astronomiche. Sappiamo che oggi questa convinzione, con tutti i suoi limiti scientifici, fertilizza e incentiva un commercio editoriale assai redditizio, quindi non deve stupire la messa al bando dei testi e delle idee di Giorgio de Santillana, uno dei primi ad affermare la possibilità che calcoli e misure scoperte dagli antichi studiosi dei cieli, fossero da attribuire alla semplice capacità di osservare i moti delle stelle, a patto che gli osservatori in questione fossero stati in grado, non solo di tenere dati e misure in memoria, ma anche di preservarle da possibili tentativi di occultamento.

    La vera abilità andrebbe, a mio avviso, cercata proprio nelle tecniche di criptazione adottate e non tanto nella qualità dell’osservazione, la quale  non sembra, in realtà, complicata. Essa si fondava anzitutto sulla individuazione del punto in cui avveniva la levata eliaca di un astro, elemento fondamentale dell’astronomia babilonese, e necessitava del riferimento fisso rappresentato dalla linea dell’orizzonte (il ‘telescopio’ degli antichi); se quindi ci si accorgeva che una certa stella, solitamente presente all’alba equinoziale, non era più visibile in quel dato giorno dell’anno perché in pratica si spostava, significava che gli ‘ingranaggi’ del cielo si erano spostati, ovvero, che la terra non girasse soltanto attorno al proprio asse ma che vibrasse impercettibilmente anche in altro modo. Se, quindi, questa stella apparteneva ad una configurazione zodiacale voleva dire che il sole equinoziale stava lentamente ‘entrando’ in un’altra figura. Ciò suggerisce che nell’ antichità, ad un certo punto, divennero ben consapevoli dello spostamento della stella polare e che, perciò, le civiltà dotate di tali conoscenze, fossero  già  perfettamente capaci di mettere in relazione i diversi movimenti oscillatori del nostro pianeta. Su questo punto gli specialisti moderni  sono  entrati  in gran confusione. Per Giorgio de Santillana invece, pare plausibile che  gli antichi fossero in grado di descrivere con un linguaggio tecnico simile al nostro, cose tanto complicate, e pare probabile che essi potessero registrare ciò che vedevano, adoperando per l’occasione un linguaggio specifico assai differente dal nostro. Fermo restando ciò, possiamo ipotizzare che in un arco temporale di quasi mille anni, gli antichi osservatori del cielo fossero riusciti a distinguere un moto che copre un angolo di dieci gradi, individuando, nel quotidiano ruotare del cielo intorno al polo, una serie di fenomeni e soprattutto una zona contrassegnata dal ‘cono giroscopico descritto dal movimento lentissimo precessionale, chiamato ‘buco nero’, che non fa riferimento ad alcuna stella, come avviene per l’asse di rotazione terrestre ma, rispetto a quest’ultimo moto, è considerato assai più stabile. Nella loro mente presero forma allora le simmetrie meccaniche, la macchina del tempo o, come diceva Platone l’ ‘immagine mobile dell’eternità’. Questa macchina del tempo poteva quindi essere contrassegnata da stazioni importanti per effetto dello spostamento continuo dell’equatore celeste causato dal moto giroscopico. Le due circonferenze delimitate dallo spostamento dell’equatore celeste, si intersecano dunque in due punti opposti, detti equinoziali, i punti cioè in cui sorge il sole nei due equinozi annuali. Il sole percorrendo l’eclittica nel corso dell’anno, incontra l’equatore celeste in un punto che col passare degli anni si sposta lungo la fascia dei segni zodiacali. Il fenomeno così descritto da Giorgio de Santillana ( Il mulino di Amleto – Adelphi Editore) è chiamato quindi ‘precessione’, perché i segni zodiacali, per un effetto ottico conseguente alla prospettiva terrestre, sembrano spostarsi in senso contrario a quello del sole, ciascuno anticipando la posizione precedente rispetto al moto eliaco (frutto anch’esso di un’analoga illusione ottica dovuto alla rotazione della terra). La moderna concezione scientifica in seguito, ha spogliato il fenomeno della precessione dai suoi grandiosi e antichi significati, riducendola a una questione di poco conto. E’ bene sapere tuttavia, che in passato le cosa erano viste diversamente, non solo i moti delle stelle (in realtà dell’asse terrestre) erano ritenuti importanti, ma ci si poneva anche lo scrupolo di tramandarli alle generazioni successive, per questo motivo li si concepì, non come incomprensibili strutture celesti (come si fa oggi, dove occorrono specialisti del ramo per capire certe formule), ma nella forma di poemi che, attraverso un linguaggio perfettamente accessibile alla gente comune, narrassero cicli di regni e di sovrani, storie di uomini e di dèi impegnati nella sempiterna lotta per la successione.         

 

  Ma  veniamo  al  calcolo aritmetico  propriamente  detto. Nella  Bibbia masoretica (ma anche nelle altre), la somma delle età dei discendenti adamitici, Noè incluso, è uguale a 8575 anni. Se però andassimo a leggere un po’ più avanti, Genesi 6; 3-4 , troveremmo immediatamente l’altra cifra della relazione che ci riporta al numero indicato nei Testi. Genesi 6, 3: “Allora  il  Signore disse: il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni.” Il numero da dividere alla somma delle età dei patriarchi antidiluviani è allora il centoventi (8575:120=71,458333…) e il risultato di questo rapporto moltiplicato per 360 (gradi) ci fornirà con estrema precisione il valore di 25725 anni (e non 25784 anni). Ciò basta, e avanza, per dimostrare quanto affermato in precedenza.

 

                                                L’ignoranza degli umanisti

  

    Charles Percy Snow, nel sul libello ‘Le due culture’, denunciava un grave handicap della cultura occidentale. Egli sottolineava in senso critico  l’antagonismo  fra  intellettuali  umanisti e ‘scientisti’,  ciascuno dei quali riteneva (sbagliando) che il proprio indirizzo costituisse la ‘totalità’ della cultura. Egli racconta del saccente sarcasmo degli intellettuali di  formazione umanista,  verso quegli   scienziati  che non avevano mai letto opere fondamentali della letteratura inglese. Essi venivano liquidati come ‘perfetti ignoranti’. Charles Snow, sentendo forse di far parte di questi ultimi, sosteneva invece che l’ignoranza dei letterati di stampo umanista non fosse meno sorprendente. Così scrive ne Le due culture (C. P.Snow,. Marsilio editore 2005):  “...un paio di volte mi sono indignato e ho chiesto alla compagnia (di letterati umanisti) quanti di loro se la sentivano di spiegare cosa fosse la seconda legge della termodinamica. La risposta era fredda ed altresì, negativa. Eppure chiedevo qualcosa che è l’equivalente di ‘avete mai letto un’opera di Shakespeare?’. Credo che se avessi fatto una domanda ancor più semplice – per esempio: ‘che cosa sapete della massa e dell’accelerazione?’ Che è l’equivalente dell’affermazione: Sapete leggere?’ non più di una su dieci, di quelle persone (che si reputava) di elevata cultura mi avrebbe saputo rispondere. Compresi che la maggioranza delle persone (che si reputano) più intelligenti del mondo occidentale capiscono di scienza quanto un loro antenato dell’età neolitica”.

    Charles Snow in pratica riteneva un intellettuale che non  conosce  Shakespeare al  pari  di  uno  che non  conosce il secondo principio della termodinamica. In virtù di quanto affermato in precedenza, in senso fortemente provocatorio, mi domando io: agli albori del terzo millennio può ritenersi colto un letterato che non ha mai sentito parlare del fenomeno della precessione degli equinozi? Può ritenersi credibile? Oppure deve esser posto alla stregua di un intellettuale che non ha mai letto un solo capitolo della Bibbia? La luna e la terra, col suo ciclo precessionale o con quello di rivoluzione intorno al proprio asse e intorno al sole, rappresentavano fenomeni molto importanti per le antiche civiltà, nulla di strano dunque che i nostri antenati intendessero studiarne e descriverne i moti; non deve sorprendere pertanto che avessero imparato a suddividere e calcolare i loro movimenti in virtù dello spostamento (angolare) degli astri. Dobbiamo credere allora che essi conoscessero bene la corrispondenza temporale di un grado rispetto al ciclo precessionale, al moto di rivoluzione della terra intorno al sole o persino a quello della luna intorno alla terra, la durata cioè di un trecentosessantesimo di un anno o di una lunazione.

    Nella tabella inserita  poco più avanti, (tab 01), abbiamo contrassegnato sotto la lettera M la durata di un ciclo lunare, pari a 28 giorni solari; sotto la colonna contrassegnata dalla lettere D abbiamo indicato la durata del ciclo precessionale degli equinozi.che risulta uguale a 27.725 anni solari; sotto la lettera A abbiamo invece definito il ciclo della rotazione terrestre della durata di 24 ore solari; sotto la colonna non segnata da alcuna lettera (La prima colonna da destra) abbiamo infine voluto indicare il ciclo di rotazione della terra intorno al sole, della durata di un anno solare. Essendo cicli, essi vanno considerati, in senso spaziale, secondo il loro valore angolare e quindi, proprio come un angolo, ognuno di essi può essere scomposto in trecentosessanta porzioni.

   Possiamo ricavare dalla la misura temporale di ciascun grado d’arco a seconda che esso appartenga rispettivamente (Leggere nella tabella, da sinistra a destra) al ciclo orbitale della luna, al ciclo precessionale, al ciclo di rotazione terrestre e all’orbita della terra intorno al sole (Ultima colonna). A questo punto appare chiaro come ogni trecentosessantesimo rappresenti, secondo il ciclo di riferimento, un lasso di tempo diverso. Convenzionalmente, e cioè secondo il criterio che ci siamo imposti di seguire in piena sintonia con le ragioni di Giorgio de Santillana, la misura di un grado d’arco verrà intesa come ‘giorno’, a prescindere dal significato del giorno solare propriamente detto. Un giorno precessionale sarà dunque da intendersi come la trecentosessantesima parte del ciclo precessionale , e così via, secondo logica appena esposta. Il metodo, in sostanza, verrà applicato nelle indagini che riguardano i successivi passi della Bibbia, cosicché, ad esempio, quando nel Libro di Daniele si parla di 1290 ‘giorni’, noi valuteremo questa cifra in chiave precessionale con l’applicazione di un calcolo che prevede la durata di circa 72 anni per ogni ‘giorno’, da cui se ne ricava che la corrispondenza su scala solare di 1290 giorni sarà di 92.880 anni (1290 x 72).


         




            * https://www.youtube.com/watch?v=4JPz3FYsq2k  (42° min.)



6 commenti:

  1. Anonimo08:44:00

    Bei post, ma mi sembra materiale già trattato in precedenza.

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  2. Daniel19:11:00

    Agosto volge al termine. Ma qui si è lavorato sodo per tutta l'estate, vedo.

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    1. Abbiamo lavorato tutta l'estate, non avendo beneficiato ancora di un solo giorno di ferie. Nonostante ciò, debbo ammettere che i lettori sono stati veramente pochi. Molti meno di quanti ci hanno seguito questo inverno.

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  3. Sì, ho ritenuto di pubblicare un'ampia carrellata di tutto ciò che si è detto in precedenza,soprattutto per introdurre un post importante sul Libro dei Numeri, che svilupperemo in due post, fra circa un mese. .

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  4. Franco W16:54:00

    Post interessante. Negli altri articoli firmati da Fabio PB si leggono interessanti riscontri rispetto a fenomeni astronomici, attendo con grande interesse il post relativo al libro biblico dei Numeri. Sarebbe ancora più costruttivo poter leggere una pubblicazione su questi temi ma non ho trovato nulla in commercio. Avete indicazioni da lasciare in proposito?

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    1. scusa il ritardo della risposta. No, nessuna pubblicazione da consigliare.

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