domenica 10 luglio 2022


                                          Confronto  fra criteri differenti

    -      Il criterio teologico-allegorico .                                                                                                                                               -     Il  criterio (della traduzione) letterale.                                                                                                                                           -     Il  criterio matematico        


 
     Di fronte ai testi dell’ Antico e del Nuovo Testamento, il comune lettore, l’intellettuale di spicco o anche il semplice credente, fino a poco tempo fa non si poneva alcun dubbio: il corpo degli Scritti Sacri, di qualsivoglia confessione lo si volesse considerare, raccoglieva un insieme di reperti di difficile comprensione e, come tale, da valutare solo in forma simbolica; nessuno tuttavia sospettava che i numeri presenti in gran quantità fra le righe del testo, potessero ricondurre a dati di carattere scientifico ed in pratica, benché il testo alfabetico raccontasse vicende di uomini e dèi, l’intero corpo di letture andasse visto e considerato anche in valenza allegorica con riferimento diretto al cosmo a noi più prossimo. Ad allontanare il sospetto che i Sacri Testi potessero nascondere informazioni astronomiche di una certa rilevanza, ci ha pensato il cattolicesimo. Spesso l’uomo di fede, ma con lui anche il laico, si è affidato alle indicazioni rilasciate dagli esegeti ‘qualificati’ senza mai scostarsi dalla loro visione d’insieme, dalla loro puntuale interpretazione degli eventi descritti. Dagli anni Cinquanta si è imposta però all’attenzione pubblica una nuova e differente procedura analitica, volta ad escludere le priorità metodologiche adottate nelle epoche precedenti e a dettare i criteri di una formula operativa del tutto originale. Seppur con enormi contraddizioni questo metodo, da noi definito ‘letterale’, ha promosso a criterio d’indagine, la traduzione realistica e il significato alla lettera delle Scritture, senza dire però che, vista la struttura altamente malleabile del testo originale, quella proposta era una fra le variabili possibili, e non la sola.  Così facendo questa categoria di traduttori, restii a definirsi interpreti, hanno sollevato una bufera di critiche anche se, a ben vedere, non gli si può negare l’indiscusso merito di aver posto per la prima volta, inamovibili paletti alla pretesa di autorità che la procedura teologica si era arrogata nei secoli precedenti. In sostanza, l’opera dei ‘traduttori letterali’ ha decretato con cognizione di causa, alcuni elementi sconcertanti, tenuti fino a quel momento prudentemente celati. Essi hanno affermato che, benché le interpretazioni rivendicassero valore di universalità, i testi biblici  in realtà non fossero costituiti da un corpo omogeneo  di narrazioni redatte  nello  stesso periodo  o  da  un medesimo autore, e che venissero dunque rivisitati e tradotti arbitrariamente secondo l’utilità del momento; d’altra parte l’ebraico antico, linguaggio sprovvisto di vocali, si prestava favorevolmente a questo scopo. Il risultato della vasta gamma di versioni proposte dalle specifiche confessioni religiose, ha privato i testi della necessaria attendibilità, cosicché ciò che per taluni era ed è oggetto di venerazione, per altri è stato considerato superficiale, quando non del tutto inutile e, per l’appunto, apocrifo.

   Le traduzioni letterali hanno quindi messo in chiaro questo fatto ed hanno scoperto il nervo sensibile dell’approccio teologico, anche se, rispetto ad alcune incognite, specialmente quelle di carattere numerico, anch’esse non sono state capaci di  fornire soluzioni soddisfacenti. Di fronte al dato aritmetico la traduzione letterale, anziché costruire una prospettiva e un indirizzo univoco, si è persa in descrizioni incoerenti quando non addirittura ridicole, mettendo a nudo l’iniquità dei propri criteri e una imbarazzante inadeguatezza analitica nel tentativo di rappresentare un contesto ambientale realisticamente possibile. 



                                                    Il criterio che sfugge

 Per meglio comprendere il nocciolo della questione è d’obbligo ricordare i termini di una vecchia diatriba rispetto il significato delle età dei patriarchi antidiluviani. Come tutti sanno, riguardo a questo enigma storico, gli esperti chiamati in causa non sono stati in grado di fornire risposte efficaci. Quando si parla di età dei patriarchi antidiluviani ci si riferisce solitamente a una serie di dieci cifre il cui significato è stato più volte interpretato in maniera vaga, quando non del tutto ignorato. In una nota del testo biblico divulgato dalla CEI, così come in altre edizioni, i traduttori affermano chiaramente che in riferimento alle età dei discendenti adamitici, quei valori sono da intendersi come attributi di ‘grande longevità’. La nota 5 a pag. 17 della - Bibbia versione CEI, Ediz. San Paolo 1989, riporta infatti le seguenti parole: “I numeri usati nella Bibbia, come questi, indicano la longevità straordinaria attribuita ai patriarchi  anteriori  al diluvio  e  non  sono da prendere nel loro valore reale”. E ancora dalla versione CEI - VII ediz a cura della UECI Edizioni Paoline 1980, nota 5 a pag 5 : “...Le cifre degli anni non hanno valore cronologico ma esprimono una grande longevità secondo un criterio che finora ci sfugge.” 

  A questo atteggiamento di rinuncia, alcuni traduttori letterali hanno contrapposto una decisa formula ultra-realistica in cui l’ipotesi che Adamo possa aver vissuto davvero per un tempo lungo la bellezza di novecentotrenta anni solari, è stata  ritenuta ‘altamente probabile’ e motivata con la bizzarra  idea che il suo codice genetico fosse stato mescolato con quello di una specie affine dalle potenzialità vitali amplificate (Mauro Biglino, Pietro Buffa et al.) Questi studiosi, nonostante tutto possiamo chiamarli così, per far passare una simile conclusione, sovente si sono appellati all’approssimazione di elementi scientifici in fase di  sperimentazione, o addirittura solamente teorizzati, ignorando che la Scienza, quella vera, non si esprime per ipotesi ma per verifiche, in virtù delle quali l’eventualità che un essere umano possa vivere in questo pianeta per più di centoventi, centoventicinque anni solari, non è stata mai comprovata da elementi registrati ufficialmente, o conseguiti, per l’appunto, in via sperimentale. In questi termini la soluzione proposta dai traduttori letterali è apparsa agli occhi dei critici più severi, del tutto carente.

   Di fronte a tanta inconsistenza, il metodo che si propone di analizzare il contenuto cifrato dei testi sulla base di un approccio logico-matematico, apre nuove prospettive d’indagine. Il punto di partenza del ragionamento si basa sul fatto che - a esempio - il numero 930 (o quello relativo ad una qualunque età degli altri discendenti adamitici) possa in realtà essere parte integrante di un calcolo nascosto che porterebbe, previo utilizzo di un’apposita chiave, alla conoscenza (scoperta) dei veri numeri criptati dagli sconosciuti autori biblici. L’affidabilità del metodo è ovviamente racchiusa in fattori non sindacabili che riguardano il significato dei numeri nascosti, significato che, nel caso delle Sacre Scritture, è stato correlato a misure di ordine astronomico, come la durata del ciclo di precessione  degli  equinozi, la  velocità  della  luna  intorno  alla  terra, o ancora la durata delle lunazioni o del ciclo di Saros.  Per quanto riguarda, perciò, le quantità indicate come età di patriarchi assai longevi, possiamo affermare che esse, cioè la loro sommatoria, una volta messa in relazione con un altro numero indicato nel testo canonico (il centoventi), abbia fornito una soluzione estremamente significativa che combacia perfettamente con la misura del grado precessionale. E’ quindi nella significatività della soluzione che andrebbe ricercato - secondo noi - il livello di attendibilità del criterio adottato. Il lettore può trovare ulteriori sviluppi su questo argomento e le relative operazioni, nel paragrafo dal titolo ‘La trecentosessantesima parte del ciclo precessionale degli equinozi’. Nel caso della figura  dell’Adam biblico, in  molti testi storici e perfino  nel Corano, la  si è posta  a confronto con quella del Cristo evangelico che nasce - ribadiamolo - in una comunità dove il culto della luna era tanto importante da dettare i tempi del calendario ufficiale, in uso ancora oggi. Questa associazione supportata stavolta da molte opinioni dotte, può esser ragionevolmente confermata dalla matematica, poiché il rapporto fra l’età dell’Adam e il ciclo lunare fornisce l’esatta misura dell’età del Cristo e avalla l’interpretazione che il dio-uomo sia stato, nel contesto cosmogonico sacro, l’esatta riproduzione di quello planetario ( Dio = sole; terra = uomo; semi-dio = luna, entità a metà strada fra i due sistemi). Pensare che davvero questa età trovi anche  una  sorta  di  riscontro  storico (che  infatti  non  c’è),  come vorrebbero i traduttori letterali, diventa così altamente improbabile. L’età di Gesù di Nazareth non è infatti storicamente, né scientificamente comprovata e ciò suggerisce che quella cifra, trentatré, abbia avuto un alto valore simbolico nel contesto culturale che l’ha espressa, ma una scarsa attendibilità storica. 

   Fin dal primo momento in cui abbiamo affrontato questo problema, ci è parso del tutto ovvio che tali numeri fossero da mettere in relazione con un coefficiente, un comune denominatore che bisognava individuare in via prioritaria se si voleva venire a capo dell’ enigmatica questione. La procedura del computo temporale adottata dagli antichi astronomi e trascritta dagli autori sconosciuti dei testi biblici, utilizzava dunque una rappresentazione dilatata dell’anno solare, nel senso che ogni anno propriamente detto era convenzionalmente suddiviso in una precisa quantità di porzioni da cui si poteva ricavare la durata di altri anni denominati ‘piccoli’. 

Età dei patriarchi antidiluviani (Genesi: 5)

Nome                  Età                 Età del concepimento del primo figlio

 Adamo                930      ……………130

Set                       912      …………... 105

Enos                    905      …………...   90

Kenan                  910      ……………  70

Malaleel               895      ……………  65

Iared                    962      ……………162

Enoch                  365      ……………  65

Matusalem           969      ……………187

Lamech               777      ……………182

Noè                     950      (all’inizio del DU Noè aveva 600 anni)

 In questo passaggio ho voluto semplicemente riproporre all’attenzione del lettore i termini di un argomento teologicamente rimasto in sospeso, in quanto ho ritenuto del tutto sconveniente, sotto il profilo scientifico-aritmetico, l’idea che tali cifre non volessero significare nulla .  E’ lecito allora, chiedersi quali ragioni abbiano spinto gli antichi astronomi a nascondere i dati sensibili delle loro conoscenze, anche se, possiamo ritenere che simili discorsi rientrino di diritto nelle competenze di altre categorie di studiosi. Un’ulteriore conferma di questo occultamento ci giunge comunque dalla decriptazione di misure temporali ancora più significative, come la durata dell’anno platonico e la sua trecentosessantesima parte. L’aver individuato cifre identiche fino all’ultimo numero decimale, con quelle provenienti dalle rilevazioni degli astronomi del Ventunesimo secolo, fornisce una garanzia incontestabile su alcuni riscontri: 

1)  Duemilacinquecento anni fa (epoca in cui si ritiene che gli ebrei abbiano attinto dai babilonesi le loro cognizioni astronomiche) il ciclo precessionale degli equinozi, era un  fenomeno noto alla classe erudita. 

2)  I dati relativi al Libro della Genesi e a quello dei Numeri, se posti a confronto con quelli dei libri di Esdra e di Neemia, confermano l’ipotesi che la conoscenza di determinate cognizioni astronomiche sia molto antica. I numeri dei rimpatriati babilonesi e quelli relativi alle offerte in preziosi (Esdra 8; 24-28) raccolte per il Tempio, indicano ancora una volta, seppure con minor precisione, la durata dell’anno platonico misurata in anni  (nel conteggio dei rimpatriati le persone rappresentano anni, mentre nel computo dei talenti delle offerte, sono i sicli – la misura del peso – a rappresentare indubitabilmente un multiplo (100 volte) della quantità di anni contenuti nell’Anno Platonico). La mancata corrispondenza delle cifre riportate nei libri di Esdra e Neemia, con quelle dei libri del Pentateuco (molto più precise) parrebbero inoltre dimostrare che i dati scientifici a disposizione delle caste sapienziali ebraiche provenissero  rispettivamente dagli astronomi egizi (andando a confermare che il Pentateuco fosse stato redatto nel periodo mosaico) da una parte e da quelli caldei dall’altra (Patrimonio degli assiri prima e successivamente dei babilonesi)*.    

 c)  Le misure da noi rilevate combaciano con quelle individuate in testi differenti dell’Antico e  del Nuovo Testamento; ciò  indica che, sebbene in gran segreto, il passaggio delle informazioni scientifiche da una generazione all’altra, funzionasse perfettamente all’interno delle caste sapienziali. Per promuovere questa ipotesi al rango di tesi è stato necessario rifarsi a quanto affermano gli studiosi moderni, i quali concordano unanimemente sulla eterogeneità del corpo di scritture. Essi  assicurano pertanto che i testi fossero stati redatti in epoche differenti e da autori verosimilmente diversi.

 Nelle prossime pagine (Seconda parte di questo saggio), sono stati  sviluppati tutti i passaggi dei calcoli aritmetici che delineano esattamente le cifre di cui si è detto; una volta analizzata la correttezza del computo e valutata con scrupolo la corrispondenza dei dati, ciascuno sarà in grado di esprimere le proprie idee su ciò che fosse, o non fosse, il corpo di testi biblico.

     

  * Consultare in questo saggio,  i codici del libro di Esdra e di Neemia,  elementi che

             riconducono alla durata dell’anno platonico

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