giovedì 13 febbraio 2025

Tornando all'Apocalisse: le Sette Chiese

 Piccola prefazione, con riferimento                                                                                                                                                    a  precedenti contributi dei lettori.

    Da più parti mi si chiede di riprendere il discorso sull'Apocalisse, rimasto in sospeso, proprio come l'insoddisfazione di alcuni lettori che , forse, si aspettavano una soluzione facilmente raggiungibile. Purtroppo siamo ancora alle premesse che, comunque, pubblico a favore di quei pochi che non beneficiano del dono della pazienza. L'avevo detto: l'Apocalisse è un osso duro!

      Per quanto posso ricordare nell' Apocalisse vi sono troppi simboli, difficilissimo quindi  ricondurli a precisi schemi cosmici.  Con qualcuno può funzionare, ma che dire delle cavallette , o dei terribili scorpioni che portano inaudite sofferenze all'umanità?  E poi c'è quel dannatissimo seicentosessantasei                                                                                                       Credo che tutti abbiano fallito nel nel proposito di  fornire una  spiegazione convincente.  Insomma, si è tentato di tutto e, sotto il profilo delle rappresentazioni astrali, mi è sembrato che l'impegno si sia rivelato anche più duro del previsto. Comunque l'argomento è troppo vasto per risolverlo in poco spazio e poco tempo, e poi ci sono i sigilli, le trombe etc. etc. Un bel casino! Occorre però cercare di fare chiarezza con l'impianto simbolico   Nella settima parte del libro di Daniele, da noi pubblicata          qui  , si fa cenno all'Apocalisse e, in particolar modo, ai 'sette tempi'. L'analogia coi sette sigilli e le sette trombe, balza all'occhio. Occorre riflettere bene su questi elementi. I sigilli potrebbero indicare la fine, la chiusura di un' epoca, così come Daniele doveva porre dei sigilli ai peccati commessi dal suo popolo. Non a caso i sigilli sono sette come le epoche della dannazione e del peccato commesse dall'umanità dopo l'armonia dell'Età dell'Oro. Invito alla riflessione su questa soluzione. Forse può essere un primo tassello del complicato enigma del libro dell'Apocalisse.. Rispetto a quanto detto sull'Apocalisse, aggiungerei che i primi passi del libro non trattano numeri, a parte il sette (Le stelle, le chiese, i sigilli e le trombe), benché il Cristo vestito di una tunica pare somigliare, per caratteristiche delineate dall'autore, al gigante del sogno di Nabucco (Libro di Daniele). In questi nostri articoli, non so se qualcuno lo ricorda, generalmente quando si parla di drappeggi , tuniche o veli, si è inteso far riferimento a rappresentazioni di cicli temporali. Il Vivente che si definisce 'alfa e omega', a mio avviso potrebbe indicare l'estensione temporale dei famosi sette tempi scanditi rispettivamente dall'età dell'Argento (Capelli bianchi come 'neve' recita il versetto Ap 1, 14 e anche qui la nostra idea dell'età dell'Argento vista come epoca delle glaciazioni , pare delineare un significato preciso), del Fuoco (Terra combusta provocata dalla scansione stagionale rappresentata dagli occhi fiammeggianti) e del Bronzo, elementi che compaiono nel Vivente della Rivelazione finale. Sono i tempi compresi fra l'età dell'oro (Rappresentata dalla cintola d'oro stretta in vita del Cristo, come a tenere insieme i sette cicli temporali durante i quali l'umanità si è degradata per demeriti propri) e i flagelli apocalittici

Da un commento di GBC (Giovanni) del dicembre del 2023:                                                                                                                                   In pratica sono i tempi del semi ciclo precessionale in cui l'umanità corrotta ha provocato l'intervento del Salvatore, l'Agnello.

Questo motivo lo si ritrova nel mito di Zoroastro (Zarathustra) , dove il dio supremo Ahura Mazdā

 invia il suo profeta all'umanità corrotta per porre termine al suo degrado spirituale fattosi oramai eccessivo, ai limiti del recupero. Zoroastro, allora, è un 'salvatore' . Anche quando viene chiesto a Giovanni di riportare alcuni messaggi degli angeli delle sette chiese, si entra nel merito di un' umanità infettata dal proprio peccato, specialmente per quanto concerne le chiese di Sardi, Filadelfia o Laodicea. Ogni brano del famoso libro apocalittico comincia col rimarcare le virtù degli angeli posti a guardia delle città (Cioè delle condotte dei loro abitanti) per poi terminare con esortazioni di obbedienza e fedeltà. Il Signore, che dovrebbe essere il Cristo,  si rivolge agli angeli delle sette chiese definendosi di volta in volta come Colui che porta sette stelle nella mano destra, poi come Colui che ha sconfitto la morte, ed ancora come Colui che apre e chiude porte già aperte. Gli abitanti delle città dell'Asia Minore sembrano rappresentare un campione significativo dell'umanità corrotta ed allora ecco che il numero sette calza a pennello con la fase dei sette tempi menzionata più volte, quella fase cioè che comprende i tempi fra l'età aurea e quella della salvezza, lasso temporale in cui l'uomo da creatura divina va via via degradando la sua purezza primigenia. Ma in definitiva questi primi passi del libro apocalittico, paiono quasi totalmente privi di numeri. Procedendo con la lettura giungeremo allora alla descrizione del trono su cui siede il Cristo che 'ha sconfitto la morte e che vien retto da 'quattro viventi, indiscutibilmente rappresentati dalle quattro ere precessionali, corrispondenti alle figure astrali del Leone, del Vitello (Toro) , dell'Uomo (Acquario) e dell'Aquila/Scorpione (Tetramorfo sacro). 

  Qualcuno potrebbe notare, tuttavia, che i sette tempi qui menzionati, non combacino coi sette tempi dell'emiciclo cristiano, che comprende i sei dalla casa del Pane (Segno della Vergine) alla casa dei Pesci, + l'Acquario (O anche: Aquario), un intervallo poco più lungo di 13.000 anni . Infatti, questa associazione non regge perché escluderebbe dal computo il motivio del vecchio 'coi capelli bianchi' , da noi individuato come rappresentazione dell'età dell'Argento. La versione apocalittica di Giovanni, in tutta evidenza, parte da un contesto universale e pone l'uomo con la tunica bianca, entro un lasso temporale geologico-mitologico ampio, nel quale dopo l'era dell'Argento giungerà il fuoco e il fenomeno della terra combusta, in piena concomitanza con le fasi stagionali.

La chiesa di Efeso. Vi sono comunque diversi riferimenti astronomico temporali da tener conto quando si parla delle sette chiese. In quella di Efeso, ad esempio, 'Colui che parla' tiene in mano sette stelle e dalla sua bocca esce una spada a doppio taglio. Nel passo in questione, l'evangelista Giovanni comincia elencando le lodi per l'angelo fedele , tuttavia immediatamente dopo si vanno a riportare alcune sue inadempienze per poi proseguire con un'esortazione assai poco amichevole, quasi una minaccia nei suoi confronti: 'Altrimenti io verrò da te e, se non ti sarai convertito, rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto', per concludere con il 'premio' assegnato in caso di ubbidienza e adempimento delle attese: '...l'angelo vittorioso potrà mangiare dall'albero della vita che è nel paradiso di Dio'. Qui si promette, dunque, un ritorno al Gan-Eden, il luogo mitico dell'età dell'Oro. 

   In effetti questi elementi narrativi sembrano coerenti e comprensibili agli occhi di un ipotetico lettore; non è così, invece, nei brani che riguardano le altre chiese, benché lo scritto mantenga alcuni caratteri comuni.  

I DIECI GIORNI. A Smirne, nell'odierna Turchia, il Signore si qualifica come 'il Primo e l'Ultimo' e, contemporaneamente, come 'Colui che giacque morto e poi resuscitò'. Nel medesimo  paragrafo compare poi una cifra, si parla del diavolo il quale mette in carcere alcuni fedeli che dovranno dimostrare di essere fedeli all'Agnello, resistendo a una tribolazione di dieci giorni. La compensa per il vittorioso sul diavolo sarà dunque la piena vittoria sulla morte. 

    Rispetto alla narrazione che riguarda la chiesa di Efeso si rammenta la presenza dell'albero della vita, da noi identificato come l'Axis Mundi pagano. Mangiare i suoi frutti significherebbe proseguire a scorrere secondo i tempi di armonia ed equilibrio del paradiso raggiunto. La presente citazione potrebbe - a nostro avviso - riguardare un'epoca priva di stagioni, cioè di sbalzi climatici. Se inoltre, come scritto in precedenza, il candelabro rappresentasse uno dei sette tempi ed allora, 'rimuoverlo dal suo posto' potrebbe voler dire  la sua rimozione dal tempo della salvezza finale. In pratica ci sembra che nei passi qui riportati si proclami anzitutto l'auspicio di un ritorno ai tempi della pace e dell'armonia, quelli che abbiamo visto far parte dell'età dell'Oro, l'era precedente a quella dell' Argento. Il tutto potrebbe riguardare per l'umanità,  la promessa del ritorno alle origini di purezza. Naturalmente la promessa sarebbe valida solo per coloro che si fossero dimostrati meritevoli.  

continua  appena possibile. Ad ogni modo tengo a ringraziare vivamente quegli assidui frequentatori del nostro spazio on-line, che ci spingono a concludere i lavori. Per concludere è presto, teniamo però a non trascurare argomenti che suscitano interesse e (da parte nostra graditissima) attenzione .

a presto FPB

giovedì 26 dicembre 2024

Regalo di Natale: un bel telefonino di ultima generazione

Aggiornato il 28 Gennaio 2025

      Un tempo lontano di cui non conserviamo più alcuna memoria,  potevano dirsi  influencers di grido personaggi come Platone,  Aristotele, o magari Socrate; oggi gli influenzatori si chiamano Fedez, Taylor Swift, piuttosto che  il gettonatissimo blogger umbro Mariano Di Vaio, tanto per dirne alcuni.
 
Mariano Di Vaio                                                                                      musicisti e cantanti influencers

   E chissà quanti altri ancora avranno la presunzione di ritenersi dèi , o quantomeno esseri superiori agli altri , secondo una graduatoria di (indiscusso) merito scandita dall'indice di gradimento, un numeretto che eumera la quantità dei cd 'seguaci' particolarmente affezionati al loro 'maestro',  intimamente sedotti dai suoi insegnamenti di vita, specie se mondana, e sempre molto attenti a dispensare tributi di devota fedeltà alla causa che, di volta in volta, sentono affine al loro modo di intendere la società, la politica , lo svago, in virtù della rappresentazione a loro offerta dal guru di riferimento (morale e sociale), da quello cioè che fa più tendenza e capeggia il vertice della classifica divina di cui dicevamo poc'anzi.. 'Seguaci' per l'appunto, era il termine che si attribuiva a coloro che seguivano una dottrina, una scuola, una corrente di pensiero filosofico o un maestro.  Non mi sembra casuale che questa parola sia stata coniata ad uso e consumo dei nuovi numi dell'Olimpo  scesi  in terra,  ed alla dimensione di valore che innumerevoli seguaci sedotti e mai abbandonati, continueranno a tributare  al loro successo. 

   Ma il problema che  si presenta nell' immediato, che si presenta  cioè davanti alle ultime generazioni (e non solo), è quello del rischio che certi  guru del social, forti del loro gradimento, interferiscano nella dimensione etica, quella dell 'autonomia  di  pensiero individuale  e delle condotte. Rischio   reale benché del tutto minimizzato da chi, col telefonino ha intessuto nel tempo un rapporto di  inamovibile fiducia, tanto intimo da soddisfare spesso con esso,  anche inconfessabili pruriti . La risposta che sovente mi viene recapitata al solo valutare il peso di questa possibilità ( cioè l' eventualità del  rischio di un re-indirizzamento delle condotte individuali ) è sempre la stessa, e ciò non riguarda, come premesso, soltanto le ultime e 'fresche' generazioni. Ho così interpellato giovani , ma anche boomers (Dunque quarantenni e cinquantenni) rispetto al mio dubbio, ricevendo costantemente il rassicurante invito a non esasperare il problema, inesistente come tale, cioè come problema serio, dal momento che l'eventuale condizionamento di cui si ha tanto timore, verrebbe limitato al solo ambito commerciale. In pratica , si conferma la possibilità di un'influenza (da cui il termine influencer), e dunque di un effettivo condizionamento, ma questo sarebbe del tutto cosciente e  riguarderebbe , nello specifico, esclusive scelte di mercato, quindi semplici acquisti. Il tutto si afferma sottolineando la parola 'scelta' , in quanto, a dire di molti (Sigh!) , la possibilità di scelta del prodotto reclamizzato rimarrebbe inalterata e , pertanto, col mantenere la facoltà di una selezione cosciente, non verrebbe intaccata la  sfera delle libertà , che rimarrebbero, sempre secondo questa logica di pensiero, del tutto integre. E quindi, che danni può arrecare un sistema di condizionamento, visto ingenuamente ed esclusivamente come modalità di promozione di un prodotto? 

    Non so se ho chiarito i termini esatti del confronto in atto, ovvero del gap  esistente fra chi paventa rischi e chi invece butta acqua sul fuoco degli allarmismi 'fuorvianti' . 

La parola a chi ha qualcosa da aggiungere. 


Aggiornamento del 28 Gennaio 2025.

   Ho ricevuto ieri una e-mail apparentemente  avulsa dal contenuto del post, ma a mio parere significativa rispetto a quanto  affermato in precedenza. Questo il gentile contributo di Luigi.

" Cosa ne pensi?

1️⃣ La Groenlandia dovrebbe mantenere la sua relazione con la Danimarca o cercare nuovi partner?

2️⃣ Gli USA stanno proteggendo la regione o cercando di espandere il loro dominio?

3️⃣ Come dovrebbe essere gestito il fragile equilibrio tra sviluppo economico e sostenibilità ambientale nella regione artica?


         breve p.s. : le domande di Luigi sono rivolte a tutti i lettori                                                              

                                                                    ___________________

    


*Attenzione!  questo è un post dinamico. Un post dinamico è un contributo non finito che si modifica di volta in volta secondo la qualità degli interventi riportati nel commentario, oppure inviati per posta elettronica direttamente all'autore (atzorifabio64@gmail.com). In testa al post, verrà sempre  posta  in evidenza la data in cui è stata pubblicata la modifica. 


martedì 24 dicembre 2024

Conclusioni e saluti

 qui il primo post della serie dedicata a Domenico Rosaci
     Nel ringraziarLa ancora, caro Professore, non mi sottraggo dal riconoscere quanto sia stata importante, per noi tutti, questa Sua cortese disponibilità al dialogo, merce assai rara di questi tempi. Anzitutto pone dei giusti limiti alle nostre, forse troppo superficiali, convinzioni rispetto all'epoca delle schematizzazioni matematiche, delle misure astrali, ovverossia, per dirla alla nostra maniera, dei numeri. Condivido infatti, le date che ha così precisamente indicato, e con esse tante altre riflessioni. 
Forse in precedenza  non siamo stati espliciti nel ribadire che determinati computi non potessero appartenere ad un periodo antecedente al 600 a.C. E' stato un bene ci abbia fornito l'occasione per aggiustare questa nostra stima. Implicitamente, gli elementi storici che ci propone non inficiano le nostre analisi, tutt'al più le rafforzano, e cioè forniscono una conferma che intorno al Sesto sec a.C. l' interesse dell'umanità verso la 'meccanica' dei fenomeni astrali era giunto a debita maturazione e cominciava a fornire valutazioni di un certo rilievo, se con questo attributo vogliamo intendere  l'approssimazione con dati rilevati oggi, e nel Ventesimo secolo. Il nostro lavoro vorrebbe infatti stabilire proprio il grado di una tale, sorprendente similitudine. Le cifre rinvenute nei testi biblici e le inconfutabili correlazioni con misure astronomiche attuali da noi individuate nei Sacri Testi, non sono poche e , a nostro modesto avviso, forniscono una prova evidente di tutto ciò. A meno di non volerle considerare frutto di inutili rapporti basati sul nulla storico. Non credo, infatti, che i  numerosi computi, gli elenchi e le varie cifre riportate nei testi biblici, fossero banale spazzatura letteraria. In pratica, se tali numeri venivano trascritti e ripetuti così frequentemente, un qualche senso dovevano pur avercelo. 

       

Riprendo questa sua bellissima riflessione:

"Gli esseri umani arcaici avevano una psiche diversa dalla nostra, molto meno dotata di egoicità, e ciò impediva loro di sentirsi distinti e separati dagli enti fisici. E se non ti senti separato dalla Natura, egoicamente, non puoi provare il desiderio di misurarla e di considerarla un fenomeno meccanico. Non è proprio possibile". 

Pienamente d'accordo! In tutta evidenza, la presenza di numeri nei testi cosiddetti 'sacri', ci ha permesso di stimare una datazione approssimativa  della separazione dell'uomo egoico dalla psiche di quello vissuto in epoche remote, un meraviglioso essere  in perfetta comunione con la Natura .


  Concludiamo qui la nostra conversazione col Professor Domenico Rosaci, ringraziandolo ancora per la sua impagabile e apprezzatissima disponibilità, nonché la sua cortesia. Auguriamo a lui e a tutti voi che avete seguito questo breve dibattito, 

un felice Natale e un sereno Anno Nuovo . 

Auguri , 

fabio painnet blade.


 

giovedì 19 dicembre 2024

Rosaci

      Gent e paziente Professor Rosaci posso permettermi di disturbarla ancora? A quanto sembra, questa nostra corrispondenza  ha il merito di catalizzare l'interesse di molti lettori e perciò mi perdoni se insisto nel sottoporle un contributo al quale  spero vivamente possa e voglia dedicare qualche riga di commento , possibilmente nello spazio apposito sul blog , ma anche via mail, se preferisce. 

     Il post pone questioni che , sono sicuro, non avrà difficoltà a padroneggiare  nella maniera che ci affascina e ci avvicina sensibilmente ai temi che solo Lei ha saputo affrontare in misura tanto limpida e precisa. Vorrei ringraziarLa anche a nome dei più affezionati lettori di questo blog. Se potrà e vorrà replicare ci farà un grande regalo, altrimenti nulla cambia nella stima  per il suo lavoro

f.a,

  Gentile Fabio

  Non mi disturba affatto con le sue domande, semplicemente sui quesiti che pone non trovo molto altro da aggiungere rispetto a quanto le ho già detto.

Che gli uomini arcaici si interessassero al Cielo e ai suoi fenomeni è indiscutibile, così come è altrettanto indiscutibile che molti archetipi fondamentali di Homo Sapiens, come ad esempio quello dell'Eterno Ritorno, si siano formati osservando il Cielo e i suoi fenomeni periodici.

Ciò non può però affatto farci credere che Homo Sapiens, in epoca preistorica, conducesse osservazioni scientifiche. La Scienza, nel senso del misurare, creare modelli e fare esperimenti, è nata in epoca storica,non ai tempi di Gobleki Tepe e nemmeno in quelli dell'Antico Egitto. Ciò non vuol dire, si badi bene, che in quelle epoche remote gli uomini non possedessero conoscenze astronomiche. E' dimostrato invece che ne possedessero diverse, quali ad esempio quelle relative agli equinozi e ai solstizi, alla periodicità solare e lunare, ai cicli dei pianeti visibili, e molte rappresentazioni simboliche erano legate proprio a queste conoscenze, come ad esempio il significato dei numeri 12 (numero di lune nuove contenute nell'anno solare) e 13 (mese aggiuntivo per far quadrare la ciclicità).

Ma anzitutto queste conoscenze non erano da considerarsi "scientifiche", perché è assodato che gli antichi non elaborassero alcun modello per spiegare meccanicisticamente i fenomeni, né che facessero esperimenti per validare modelli. Si trattava di conoscenze empiriche che venivano simbolizzate e sacralizzate e non, come facciamo noi moderni, matematizzate.

Perciò non esiste alcuna possibilità che all'epoca di Gobleki Tepe, 11.000 anni or sono, ma nemmeno all'epoca della Bibbia Ebraica, si possedesse conoscenza di fenomeni astronomici sofisticati come quello della precessione degli equinozi, che sarà scoperto successivamente, con lo sviluppo di una mentalità scientifica.

Tenga poi conto che non si possono mettere in un unico calderone culturale epoche tra loro lontanissime come quella in cui fu costruita Gobleki Tepe e quella in cui fu scritta la Bibbia Ebraica, distanti tra loro quasi 10 millenni.  L'epoca in cui si scrisse il Tanakh è un'epoca storica, non preistorica, e la mentalità scientifica all'epoca stava già sorgendo in varie parti del mondo, tra cui in quella Mesopotamia della cultura babilonese con la quale gli Ebrei vennero in contatto ai tempi in cui redassero il Tanakh.

Non si stupisca quindi di trovare qualche riferimento astronomico in testi come il Tanakh o l'Avesta, ma non ci veda ciò che non esiste, cioè l'anticipazione di conoscenze scientifiche sofisticate supportate da una mentalità scientifica che all'epoca era appena in formazione nel mondo ebraico. Meno che meno, non veda nello zoomorfismo della religione egizia l'ispirazione a "figure celesti", semmai fu l'esatto opposto: gli antichi osservatori dei cieli, guardando le costellazioni, immaginarono di vederci quelle figure animali che già avevano adottato come archetipi.

La rappresentazione che gli uomini arcaici avevano del mondo non era scientifica, finalizzata alla comprensione dei fenomeni materiali, ma era puramente immaginifica e sacrale, e ciò che i miti raccontano non si riferisce a eventi storicamente accaduti o a fenomeni misurati, ma a ciò che quegli uomini avevano e provavano "dentro" e non "fuori". Loro semplicemente pensavano che "fuori" è come "dentro", che la Natura è Una sola e quindi non si ponevano proprio il problema di misurare un "fuori" che per loro nemmeno esisteva.        La distinzione tra fuori e dentro si sviluppò solo gradualmente, iniziò 40.000 anni fa ma noi abbiamo la prova che si sia evoluta in una mentalità scientifica non prima del VI-V secolo a.C. , epoca in cui apparve in qualche parte del mondo qualche esempio di "razionalità scientifica". Ciò non vuol dire, si badi bene, che non fossero state già sviluppate in epoche precedenti conoscenze propedeutiche allo sviluppo di una mentalità scientifica. I Sumeri sapevano certamente far di conto già nel 4000 a.c. e nel papiro Rhind, che risale al 1500 a.C. , troviamo esempi di ragionamenti matematici e geometrici. Ma da nessuna parte troviamo prove, prima del VI secolo a.C. , di una visione "scientifica" del mondo, di un tentativo di comprenderne "meccanicamente" il funzionamento.

            Papiro Rhind     

    I numeri che appaiono nei testi sacri, che si ripetano o meno, non significano scientificamente nulla. la conoscenza scientifica appare solo quando ci troviamo di fronte a ragionamenti logici, deduzioni causali, non quando troviamo numeri che ci sembrano "prove" di qualcosa a cui semplicemente vorremmo credere ma a cui dovremmo renderci conto che non abbiamo nessun motivo di credere. Non solo non esiste alcun fondamento di credere che in epoca arcaica si usassero i numeri per rappresentare fenomeni fisici sofisticati come la precessione degli equinozi, ma non esiste nessun motivo per crederlo, che non sia il nostro Ego. Gli esseri umani arcaici avevano una psiche diversa dalla nostra, molto meno dotata di egoicità, e ciò impediva loro di sentirsi distinti e separati dagli enti fisici. E se non ti senti separato dalla Natura, egoicamente, non puoi provare il desiderio di misurarla e di considerarla un fenomeno meccanico. Non è proprio possibile.

Un caro saluto.

Domenico Rosaci.  


giovedì 28 novembre 2024

Dall'astronomia al significato simbolico dei miti

 da  atzorifabio64@gmail.com

a Domenico Rosaci

                   

Gent.mo Professor Domenico Rosaci, 

          Mi permetto di insistere ancora solamente per aver modo di trasmetterle il risultato di alcuni studi che indicano, con alta probabilità,  vi siano precisi riferimenti astronomici in quei numeri, riportati da sconosciuti autori in forma favolistica, nel linguaggio cioè del mito arcaico. Molti fra gli esegeti da me interpellati hanno preso seriamente la faccenda, altri hanno preferito aggirare i significati astronomici, vedendo invece quei dati cifrati, come inutili, imprecisi e, quindi, incomprensibili elementi testuali,  il cui significato quantitativo, a prescindere dal suo valore di cronaca,  non intaccherebbe il senso della  decifrazione/ ipotesi esegetica. Troppo spesso, purtroppo, gli elenchi di cifre sono stati sbrigativamente bollati come 'spazzatura' o, come lei stesso afferma: ". . . la questione è completamente irrilevante ai fini della comprensione dei testi antichi . . ."  Ciononostante, corrispondenze estremamente precise, ci hanno convinto che questi ultimi autori  sbagliassero le loro stime fino a negare determinate correlazioni e corrispondenze pressoché sovrapponibili a  rilevazioni effettuate in tempi moderni. E quindi, se determinate misurazioni venivano diligentemente trascritte, come possiamo noi considerarle 'irrilevanti' ?

Mi domando e ci domandiamo cosa ne pensa Lei - ad esempio - di quelle età sovrastimate dei patriarchi antidiluviani. Ha mai pensato che tali computi, come tanti altri, trovassero correlazioni estremamente precise nei cicli della precessione degli equinozi? Ciò non ha nulla a che fare con le interpretazioni di cui ci ha parlato lei? Possibile che non si sia posto questo problema, tenuto conto delle numerose manipolazioni subite dal testo letterale a differenza di quello numerico che, viceversa, non sembra aver subito alcuno stravolgimento nel corso dei secoli? Non pensa che l'elemento numerico, in quanto immutato nel tempo, possa servire da  conferma o da traccia per la comprensione  di eventuali contenuti simbolici? E non ritiene che ciò stava nelle intenzioni degli Autori?

                 Per concludere sul 'simbolo' per eccellenza: il numero.

      Da un lato vi è la polarizzazione del significato simbolico verso una caratteristica della psiche umana (Intendendola così come lo spiega Lei, professore) . A mio avviso però, per gli antichi  il medesimo numero/simbolo  racchiudeva  (anche e non solo)  altri due importanti  piani  di lettura/decodifica:   quello fisico biologico  (a livello umano, cioè  della biologia animale), e quello cosmico. 

Ogni numero infatti poteva avvalersi contemporaneamente di tre livelli semantici, e comprenderlo nella sua interezza (unione del significato psichico, biologico e astronomico) significava correlare coerentemente i tre livelli e saper riconoscere le relazioni fra i diversi piani di lettura tenuti insieme dal simbolo.  Si pensi al grande racconto (Tutt'altro che favoletta ) del Diluvio universale. E' questo l'esempio più pratico per capire dove e attraverso quale aggancio simbolico,  i tre livelli  di cui Le parlavo, possono essere comodamente individuati e unificati, dunque compresi.  Non è un caso che io stesso sia arrivato alle sue importanti deduzioni dall'astronomia e non viceversa. Il percorso individuale, ad ogni buon conto, è un aspetto che non si può ridurre a schema: ad ognuno la sua strada, dunque. 

 Se le dico nove, immediatamente Lei sarà in grado di elencarmi le varie connotazioni del significato  del numero dei Tarocchi. Anzi, lasciamoci proprio con questa domanda: a quale simbolo viene associato nei Tarocchi il numero 9?

    Da una Sua conferenza: 

            " Se non c'è conoscenza di Natura sensibile,                                                           non si va da nessuna parte". 

   Ma la conoscenza della 'Natura sensibile' comprende o no anche la conoscenza del cosmo? Che costituisce parte non trascurabile  della cosiddetta  Natura sensibile, mi sembra di capire. O no? Riprendiamo da qua dunque, dal numero nove, il vecchio con la lanterna quindi, in senso lato:  la fine di un ciclo, l'attimo prima dell'inizio del nuovo ciclo. (Importante)  Connessione con Vergine e inevitabile correlazione con la casa della Vergine (zodiaacale tradizionale , ma anche e soprattutto precessionale ) o , Casa del pane, la Bet-Lem dei Vangeli cristiani. 

la saluto cordialmente 

fabio pb

                                                                                      continua con la terza e-mail del prof. Rosaci - 


lunedì 18 novembre 2024

Una piacevole chiacchierata col Professor Domenico Rosaci (Seconda e-mail)

 

Gentile Fabio

      Sull'argomento in questione le ho già condiviso il mio pensiero. Nei testi antichi i numeri sono utilizzati spesso e volentieri come simboli, e ci si riferiva anche a fenomeni astronomici, ma non nel senso di misurazioni sofisticate come noi oggi le intendiamo, quanto alle osservazioni più evidenti in assenza di strumentazioni, come i cicli del sole, della luna e dei corpi celesti visibili ad occhio nudo. Non esiste nessuna evidenza, neppure lontanissima, che popolazioni umane del paleolitico o magari del neolitico potessero conoscere la precessione degli equinozi, che di certo era nota nel II secolo a.c. ai tempi di Ipparco, e magari si può pure ipotizzare che fosse stata notata già da qualcuno qualche secolo prima, ma non certo al tempo in cui furono scritti i Veda o addirittura i Testi delle Piramidi. Inoltre la questione è completamente irrilevante ai fini della comprensione dei testi antichi, che come le ho detto avevano la funzione di indagare il mondo di "dentro" e non quello di "fuori", in quanto appare evidentissimo dalla lettura di questi testi antichi che non viene descritto lo spazio-tempo di cui abbiamo nozione noi moderni, ma uno spazio-tempo psicologico, che può essere compreso solo abbandonando il punto di vista scientifico.

I testi antichi non parlano di un Universo oggettivo, misurabile sperimentalmente in modo "ripetibile", ma di un Universo psicologico, sperimentabile con la psiche in modo soggettivo. 

Spero di aver chiarito il mio punto di vista.

Un caro saluto.

Domenico Rosaci  


domenica 27 ottobre 2024

Alla cortese attenzione del Professor Domenico Rosaci

 


 a ringrazio Prof. Domenico Rosaci, per la Sua cortese e paziente disponibilità. Forse non è molto interessato alle mie argomentazioni, La vedo infatti piuttosto convinto nell'affermare che i significati di questi numeri (quelli presenti in gran quantità nei testi biblici) "non hanno nulla a che fare con fenomeni fisici complessi come la precessione degli equinozi". Mi permetta , gentile Professore, di motivare il mio dissenso.

    Lei dice anche che l'uomo antico ' non aveva ancora sviluppato il bisogno di possedere  la natura , ovvero, egli  non si avvicinava  alla Natura   per carpire i segreti   della realtà. Piuttosto - afferma ancora - , l'uomo antico elaborava immagini'. 

 Immagini archetipiche, della caccia, dei temporali (che ispirano terrore) , dell'amore, possedute dalla collettività proprio perché la sopravvivenza stessa delle comunità umane ancora grossolanamente organizzate, dipendeva  dal comune senso di intendere il mondo, la vita. Eppure, ad un preciso  punto della storia umana, specie in epoca ellenica, sembra che una casta di eruditi avesse cominciato  a esprimere e calcolare  misure dei fenomeni fisici  naturali  e la conseguente osservazione codificata delle dinamiche della realtà, delle dinamiche degli astri, in particolar modo.

     Di certo non sbaglia quando sostiene che già ai tempi del sito di Gobleki Tepe, l'umanità utilizzasse il mito come rappresentazione di immagini archetipiche; non si può ignorare tuttavia come, proprio su quel sito, sono stati rinvenuti  graffiti che gli studiosi concordano unanimemente nel riconoscere come raffigurazioni della stella Deneb, astro della costellazione del Cigno. Strana coincidenza ! Fra migliaia di possibilità quelle popolazioni sembravano infatti preferenzialmente ed intimamente affezionati a un astro che appariva nel cielo meno mobile di tutti gli altri , ed anzi che intorno ad esso ruotassero addirittura tutti gli altri corpi luminosi, l'intero cielo  si potrebbe dire. Allora l'umanità, già dieci-undicimila anni fa, qualche rapporto con l'astronomia doveva avercelo. E questo rapporto doveva già essere bello stretto, irrinunciabile.

   Altrettanto curioso è ritrovare nelle rappresentazioni di svariate culture, il bestiario  di  un giardino zoologico stellare che comprendesse nomi di animali appartenuti da tempi remoti a costellazioni. Si pensi all' Apocalisse di Giovanni, o ai reperti dei culti mitraici, dove compaiono scene che raffigurano animali particolarmente significativi, ma  solo come costellazioni. 

    E lo stesso si può dire del pantheon egizio, coi suoi tori, i suoi sciacalli (cani), le  pantere e i falchi , tutti ed in egual misura riconoscibili come figure astrali. Talvolta come costellazioni importanti, solo perché centrali/assiali. Ma su ciò è stato scritto tanto, non vorrei soffermarmi ulteriormente, anche perché in questo nostro scambio io ho parlato più specificatamente di numeri. A quanto sembra, Lei nega  che tali numeri avessero un rapporto diretto con l'astronomia, e forse ha ragione, ma solo fino ad un certo punto, ad una certa e lontana epoca; in seguito le cose debbono essere cambiate nel modo di intendere la conoscenza, o forse questa conoscenza (come mappatura celeste) ha comportato un qualche vantaggio sul piano del potere, del mantenimento del potere. Non entriamo in queste speculazioni, però. Ci sarà modo, eventualmente più avanti e se le farà piacere, di proseguire questa chiacchierata. 

Dicevamo dunque, e vado a concludere, che secondo Lei non vi sono prove che gli antichi misurassero i movimenti del cielo notturno; bene. Ma se trovasse in più libri della Bibbia gli stessi identici numeri (molti numeri, in realtà) , e se, in virtù della loro sorprendente approssimazione con quelli rilevati attualmente, tali numeri fossero riconducibili senza dubbio (in virtù della loro ripetizione e precisione, si è detto) a complessi fenomeni astrali, (come il moto di precessione degli equinozi),  sarebbe disposto a rivedere questa sua ferma convinzione? Vede, queste evidenti correlazioni, potrebbero estendere e ricollegarsi coerentemente alle sue osservazioni molto pertinenti sul significato del mito. Potrebbero in fondo fornire delle risposte a quel bagaglio non indifferente di rapporti cifrati presenti non solo nei libri biblici, ma nei testi sacri di molte culture, a cominciare da quella di Gobleki Tepe (Ad oggi mi sembra siano stati scoperti altri siti altrettanto antichi). 

     In conclusione, chiedendole perdono per la prolissità di questo mio intervento, ritiene che le età dei patriarchi antidiluviani vogliano favoleggiare su una razza umana particolarmente longeva o può spingersi a pensare che dietro quelle cifre , anziché di età si parlasse nientemeno che dell' universo? La sorprenderebbe pensare che le stesse cifre siano perfettamente sovrapponibili a quelle rilevate nel  Libro dei Numeri?

 E infine: ha mai provato a comporre come un'equazione il semplice testo del Salmo 90? Quello dei 'mille anni come un giorno e (quella 'e' starebbe magnificamente come un +) un turno di guardia (In certi testi di 'veglia': sempre quantità uguale a quattro ore solari) nella notte.?' La sorprenderebbe rilevare ancora una volta che la  soluzione riporta inequivocabilmente al ciclo della precessione degli equinozi?

     Le ho rammentato solo tre fra i numerosi casi da noi rilevati. Non so se ho intaccato la sua iniziale affermazione, Gentile Professor Rosaci, o se queste mie chiacchiere non smuoveranno di un pelo le sue idee, tuttavia, qualora rimanesse perfettamente stabile sulla sua tesi, dovrebbe ammettere che , stando a quanto scrive, tutti i numeri della Bibbia, sarebbero soltanto inutili complicazioni di autori farneticanti che non sapevano come passare il tempo. Viceversa, io credo che le sue corrette considerazioni sul significato del mito arcaico trovassero decisa e inconfutabile conferma nei numeri e  nell'astronomia fisica appannaggio di quelle popolazioni e che attraverso di essa costoro cercassero di fornire un preciso avallo, diciamo un aggancio solido, a questioni altrimenti manipolabili e facilmente interpretabili a seconda della convenienza.  Proprio come sta avvenendo in questo frangente storico (Interpretazioni senza senso, scrive giustamente).  Timeo, maestro di saggezza, non era forse astronomo? Perché nell'Epimonide, in riferimento alla conoscenza e alla saggezza ,  si parla ancora di numero e astronomia/astrologia, anziché di valori morali e 'santità'? POi c'è il discorso sulla Conoscenza, profondo , antichissimo e perfettamente coerente ovunque lo si voglia applicare. Ok, ma è possibile che questo codice e indirizzo morale trovasse, da un certo momento in poi, la necessità di essere ben ancorato a qualcosa di non interpretabile, a qualcosa di fisicamente immutabile come i cicli degli astri, dei pianeti (stelle erranti) del sole e della luna? 


                                                                                     - continua 


giovedì 17 ottobre 2024

Breve scambio di opinioni col Professor Domenico Rosaci

                                                                

   Che piacere conoscerLa Prof Rosaci! O perlomeno che grande soddisfazione aver l'opportunità di scambiare qualche riflessione sul Suo importante lavoro. Inutile, credo, soffermarmi su plausi  e complimenti vari che probabilmente riceverà in quantità smisurata e di sicuro meglio confezionata di quanto possa fare io; per non risultare fastidiosamente ripetitivo in un esercizio di  ridondante  apprezzamento ( mosso comunque da autentica stima, sia chiaro) non mi resta che accodarmi  alla lunga fila dei suoi estimatori, e con loro le rivolgo un ringraziamento   sincero. 

  Detto ciò vorrei approcciare rapidamente a questo breve  scambio, con un dubbio che mi assilla  fin da quando ho cominciato a seguire le sue conferenze sul mito e sul pensiero arcaico. Mi domandavo infatti, essendo Lei uno studioso di estrazione scientifica,  in relazione  a vari testi sacri (E in particolare ai libri biblici), come mai ha spesso omesso di far menzione del significato (probabile significato) del bagaglio numerico presente nei testi? Ignorare questi densi rapporti numerici, talvolta censimenti, talvolta semplici computi di preziosi, o di animali da altare votivo, consente ugualmente di comprendere i significati nascosti del testo? Di comprendere cioè nella sua interezza, il messaggio tramandato ?  In definitiva, ritiene che questi corposi elenchi di cifre si possano ricollegare ai contenuti del mito arcaico? E, se sì, in quale modo correlare le svariate trascrizioni numeriche col senso più profondo delle scritture? Quel senso di cui ci ha, tanto appassionatamente parlato, intendo. 

Per il momento mi fermo qui. La ringrazio fin da adesso per l' attenzione che mi potrà dedicare. 

Cordialmente 

f pb  

                                                    _____________________________

Gentile Fabio
    

    Il numero è il simbolo per eccellenza, e tutto ciò che è numero nel mito ha precisi intenti significativi.

    Le ventidue lettere dell'alfabeto ebraico sono ventidue perché questo numero aveva un significato simbolico, gli arcani maggiori sono 22 per lo stesso motivo, e ogni numero da 1 a 22 ha una rappresentazione simbolica nella corrispondente carta dei Tarocchi. Ho scritto due libri che spiegano queste corrispondenze, Arcana Memoria con ventidue capitoli numerati con le lettere dell'alfabeto ebraico, La Tradizione degli Dei con 22 capitoli ognuno dei quali dedicato a un numero.
   Ma i significati di questi numeri non hanno nulla a che fare con fenomeni fisici complessi come la precessione degli equinozi. Gli antichi non erano interessati alla conoscenza scientifica.
Semmai ci sono corrispondenze con i fenomeni fisici basilari e più evidenti, come il fatto che nell'anno solare ci sono 12 lunazioni, con la rimanenza di un tredicesimo "mese", e mi sono soffermato ampiamente anche su queste simbologie.

Il significato tradizionale dei numeri è ampiamente assodato e codificato nell'antica sapienza, mentre le interpretazioni fantasiose e favolistiche fanno parte della paccottiglia moderna new age, basata sul nulla.

Un caro saluto. 

                                                                                                                                       Continua . 


martedì 8 ottobre 2024

Una chiacchierata con Domenico Rosaci

 Ancora una volta i nostri lavori sull'Apocalisse debbono essere interrotti, per far posto a una pubblicazione di sicuro interesse. Siamo infatti riusciti a coinvolgere nelle nostre disquisizioni un 'mostro sacro della letteratura sul mito, il Professor Domenico Rosaci, autore di numerosi e imprescindibili testi e di un formidabile canale  yt,  nel quale espone nel dettaglio tutte le sue argomentazioni sulla materia di sua competenza . Ci ha infatti colpito la sua diffidenza sul fatto che i testi sacri potessero veicolare informazioni di carattere astronomico, cioè , contenere cifre riconducibili a fenomeni celesti complessi come il ciclo della precessione degli equinozi. A breve il rapporto della nostra 'chiacchierata informale' col Professor Domenico Rosaci . Naturalmente, non prima di aver ottenuto il suo consenso.  

                                 
                            Domenico Rosaci

lunedì 7 ottobre 2024

Bestiario apocalittico

 L'Apocalisse rappresenta un' opera di grande impatto simbolico, nel suo genere è decisamente affascinante e,  a duemila anni dalla sua  stesura, non si può dire sia stata dimenticata, o esiliata in una nicchia oscura della letteratura sacra. Ai giorni nostri non mancano i sorrisetti ammirati all'indirizzo dei numerosi mostriciattoli che al suo interno fanno sfoggio di gran fantasia autoriale, ma ad un occhio più attento ogni parola sembra cesellata con cura su un ceppo bello gonfio di simbologie e richiami archetipici. Come abbiamo già fatto col libro di Daniele, anche stavolta cercheremo di lavorare su allegorie cosmiche, visto e assodato che spesso i mitici mostri corrispondono a profili perfettamente sagomati su figure  astrali e costellazioni, come draghi, scorpioni, leoni e orsi. Questa chiara evidenza pone una riflessione di fondo che non può essere ignorata: gli animali apparentemente fantasiosi non sono stati scelti a caso fra quelli conosciuti, dal momento che il bestiario biologico messoci a disposizione dalla natura, sembrerebbe assai  più vasto di quello rappresentato nelle pagine dello scritto apocalittico; pertanto il testo ci propone, quasi sicuramente, soggetti che non potrebbero  riguardare altro se non ammassi di stelle noti fin dai tempi più antichi e riconosciuti fin da allora come importanti costellazioni di riferimento.