Un metodo che analizza le cifre, talvolta gli errori
Errori di sommatorie alquanto
elementari, si presentano saltuariamente fra i passi del testo canonico della
Bibbia. Alcuni di questi sono diventati piuttosto famosi, anche se non tutti
gli analisti che si sono cimentati in questa ricerca, li hanno ritenuti frutto
di disattenzione.
I numeri,
al contrario dei
testi alfabetici,
hanno riprodotto costantemente le
cifre trascritte
in origine, ma anche
gli errori di calcolo.
La loro ricorrenza ha suggerito l’ipotesi che essi possano essere stati inseriti volontariamente nella Bibbia, e tale idea ha perfino preso vigore quando si è giunti a scoprire, dietro la banalità di talune sviste, la correlazione centesimale di misure di fenomeni cosmici (durata del ciclo precessionale degli equinozi o misura del suo grado), con quelle valutate dagli astronomi della nostra epoca, come a voler ribadire ancora una volta, che i testi antichi fossero composti da una parte ‘volatile’/interpretabile (e resa tale, come abbiamo visto, dalla struttura della lingua) e di una non-alterabile che, attraverso la decodificazione in un linguaggio arcaico, intendesse racchiudere e preservare contenuti di carattere strettamente scientifico.
La Scienza nel mito
Il mito è quindi la fonte da cui attinge il
pensiero scientifico, si serve di immagini rubate alla quotidianità degli
uomini e alle loro imprese ed essi, come mitici cacciatori, uccidono animali
altrettanto mitici, talvolta draghi, oppure li catturano, governano regni e risiedono in templi
sorretti da colonne e sono in grado di forgiare aratri o mulini che vengono a
loro volta abbattuti segnando la fine di un regno/epoca e l’inizio di un
altro/a.
Alla luce di questo linguaggio ecco allora
che ci par di comprendere quale sia stato il regno dell’eroe Kay Cosroe
dell’iraniano Firdusi, situato fra i pesci e la testa del toro (la stella
Aldebaran è l’occhio del Toro), o quale sia stato il viaggio del fabbro Ilmarinen
che, nel Kelevala finlandese, viene trasportato ‘ sopra la luna e sotto il sole
’ sulle spalle di un’orsa (Orsa Maggiore).
Eppure, questo patrimonio incredibile di
racconti e la loro interpretazione, è fondata su ipotesi filologiche superate o
traduzioni forzate, ipotesi affascinanti quanto prive di prove, dacché non pare
che qualcuno abbia mai dimostrato che - ad esempio - la precessione degli equinozi sia stata scoperta prima del
127 a.C. (Ipparco da Nicea), o che la scomposizione dello Zodiaco fosse una
conoscenza appartenuta all’umanità in tempi precedenti all’impero babilonese,
cioè oltre duemilacinquecento anni fa. Per questa ragione ho creduto che
sarebbe bastato individuare la misura esatta della durata del ciclo
precessionale in un qualsiasi brano del Pentateuco, per spostare di alcuni
secoli la data della scoperta del suddetto fenomeno, sempre che i libri del
Pentateuco fossero stati davvero
scritti una dozzina di secoli prima
della nascita di Cristo. L’individuazione di queste cifre nel corpo dei cinque
libri del Pentateuco potrebbe davvero confermare le ipotesi di Giorgio de
Santillana e riconoscere una qualche attinenza scientifica rispetto quel
linguaggio da lui definito ‘arcaico’; ma su queste correlazioni, la teologia moderna sembra proprio aver emesso
giudizi definitivi.
Nei successivi passi di questo contributo
ci siamo presi la briga di trascrivere il parere del Cardinale Gianfranco
Ravasi (Direttore del Pontificio Istituto della Cultura), che poi, è
esattamente lo stesso della teologia ufficiale. La sua posizione - sia ben
inteso - è emblematica di un indirizzo di pensiero diffuso anche in ambito
scientifico. In riferimento a un suo articolo pubblicato sul quotidiano
cattolico Avvenire il 23 luglio del 2012 (Cardinale Gianfranco Ravasi, La Bibbia e la scienza dei Numeri.),
abbiamo cercato di fornire e descrivere
un approccio differente agli
scritti sacri, specie quelli biblici. Dal lontano luglio 2012 tuttavia, il suo
orientamento critico non sembra essere minimamente cambiato, come egli stesso
conferma in una e-mail lapidaria in cui (ci) ammonisce severamente dal seguire
posizioni che, a suo dire, sarebbero indimostrabili. Abbiamo preferito
rispondere in questa sede poiché, ufficialmente, egli non è parso disponibile a
rivedere le sue ‘certezze’. L’articolo
di cui detto sopra, è facilmente reperibile in rete, le nostre chiose le
riportiamo invece qui sotto.
Gianfranco Ravasi sostiene che, chi non ha una
grande assuefazione coi testi sacri sa che essi sono costellati di numeri i
quali, spesso, non devono esser compresi in senso quantitativo, ma in senso
qualitativo, cioè come simboli. Così che la creazione dell’universo sia stata,
dalla Genesi, distribuita nei sette giorni della settimana e destinata ad avere
il suo apice nel sabato liturgico. Ciò è dovuto al fatto - spiega il Cardinale
Ravasi - che il ‘sette’ è un segno di pienezza
e perfezione, naturalmente con tutti
i suoi multipli. In questa luce - prosegue Ravasi - si comprende perché si
scelgano nell’Apocalisse sette chiese o perché Gesù ci suggerisca dal
perdonare, non solo sette volte ma ‘settanta volte sette’ (Matteo 18, 22), perché
gli anziani del senato costituito da Mosè siano settanta, proprio come i discepoli inviati in missione da Gesù, settanta siano gli anni dell’esilio
babilonese e via dicendo.
Non sentiamo di negare nessuno dei significati spirituali menzionati dal
Cardinale Gianfranco Ravasi, tuttavia preferiamo considerare anche elementi di
carattere aritmetico (sviluppati in questo saggio), secondo i quali il numero
sette sarebbe da intendersi come sottomultiplo del numero settanta e dei multipli frequentemente riportati nei
passi biblici: 144, 288 e soprattutto 25725 o 25920. Che queste siano cifre
citate in modo evidente o nascosto, non è un’opinione, come pretenderebbe il
sommo cardinale, ma un fatto! Ed è un fatto, non meno importante, che questi
numeri riguardino più specificatamente tempi e durate di cicli planetari che la
storia e i reperti ci hanno insegnato essere stati di estrema importanza per le
passate civiltà, da quella egizia a quella babilonese, nelle cui culture è fiorita e si è intrecciata la storia del
popolo ebraico.
Non ci soffermeremo a dettagliare quale
significato astronomico racchiuda il numero settantadue, o il sette, ma ci
limiteremo solamente a chiarire che queste cifre sono oggi ben note ai moderni
studiosi del cielo, ovvero gli astronomi. Non ci riferiamo a cifre
approssimate, ma a precise quantificazioni numeriche che riguardano
principalmente il ciclo della precessione degli equinozi. Non può infatti
essere un caso che sia stata individuata la misura esatta del grado relativo
all’anno platonico, nella stessa identica cifra corrispondente fino all’ultimo
decimale, sia nel libro della Genesi che in quello dei Numeri (Censimenti), o
nel Salmo 89-90 (NT) ed addirittura, in una quantità leggermente diversa, nel
libri di Esdra e Neemia.
Il Cardinale Gianfranco Ravasi non sbaglia allora, quando definisce il sette e i suoi multipli simbolo di perfezione,
poiché l’anno platonico, in passato, era
meglio conosciuto come l’ ‘anno perfetto’. Peccato che egli non voglia
accettare, o perfino solo prender atto, di spiegazioni sul piano
logico-matematico, ben più solide della sua. Ciò per dire quanto, a volte, la
ottusità umana si possa irrigidire per ignoranza e superbia, contro posizioni e
contenuti che in fin dei conti fungerebbero da conferma rispetto le proprie, altrimenti sindacabili,
come lo sono tutte le contraddizioni dell’esegesi teologica. Nell’articolo
sopraccitato notiamo che viene riportato anche il significato del numero tre:
la ‘pienezza’. Questo richiamo
simbolico ci ha incuriosito, perché il numero tre, nelle nostre ricerche è stato associato alla gravidanza e al suo
simbolo astrale: la luna. Se poi volessimo considerare i tre giorni della
Resurrezione di Cristo, dovremmo aggiungere che mai questa rappresentazione ci
è sembrata tanto vicina alle nostre conclusioni, dacché l’esperienza di morte e
rinascita del Gesù di Nazareth poteva e può essere tranquillamente correlata
alla gravidanza della nuova umanità liberata dal giogo del peccato. E poi c’è
il quattro, la totalità e, con pari
significato, il suo multiplo quaranta: quaranta sono i giorni e le notti del
Diluvio Universale, quaranta gli anni di permanenza del popolo ebraico nel
deserto. Le nostre indagini ci hanno portato, sebbene con un minor tasso di
certezza, a ritrovare queste due importanti cifre nel celebre numero ghematrico
dell’Adam, il quarantacinque (1+ 4+ 40), che ancora una volta abbiamo potuto affiancare
al significato di totalità, dacché Adamo poteva esser considerato l’antesignano
o il ‘contenitore’ della specie che da lui
ha avuto origine. Egli infatti (secondo alcune interpretazioni) aveva in
sé, la totalità del patrimonio genetico da cui sono scaturite tutte le varianti
del genere umano o, se vogliamo, tutti i caratteri potenziali da trasferire alla discendenza. Secondo lo
stesso ragionamento i dodici discepoli trovano precisa corrispondenza nelle
dodici porzioni zodiacali che formano l’anno platonico ed hanno una durata di 2143 anni, o 2160 anni a
seconda che si intenda considerare il ciclo precessionale lungo 25725 anni o 25920 anni.
Tutti gli autori che si sono occupati di esegesi biblica hanno fatto convergere le loro convinzioni entro un preciso ordine di valori e significati rispetto l’uso dei numeri fatto dai redattori biblici. Nessuno pone riserve sul significato simbolico delle cifre che, come visto, sono riportate in gran quantità entro il vasto corpo di reperti a nostra disposizione. Gli esempi da citare sono numerosi: quando si dice che ‘Elia predisse una siccità di tre anni’ si esprime un significato effettivamente simile a quello reale, nel senso che i periodi di siccità e conseguenti carestie possono durare uno o più anni; o quando si dice che Betania fosse lontano quindici stadi da Gerusalemme, distanza, quella di tre chilometri, corrispondente a tutti gli effetti. I casi da enumerare sarebbero davvero tanti e tutti sembrano suggeriscono agli studiosi che, in alcuni casi la Bibbia abbia indicato informazioni e dati storicamente attendibili, in altri , elementi simbolici o rappresentativi di misure astronomiche. Nessuno tuttavia, pare abbia mai ipotizzato che i numeri fossero stati usati unendo congiuntamente il senso simbolico e il senso quantitativo, con riferimento a misure e quantità cosmiche, dacché teologi e accademici concordano nel ritenere le popolazioni di quel periodo, sostanzialmente incapaci di procurarsi validi strumenti di rilevazione . Senza accorgersene essi conferiscono alla storia e alle culture una direzione cronologica lineare tendente alla crescita, seguono insomma un modello oggi non più valido, specie dopo la scoperta di elementi non-nconfutabili, all’interno di testi indubitabilmente antichi, quando non antichissimi.
l'andamento fallace della storia e delle culture interpretato dagli esegeti biblici, può essere allargato anche alla scienza? L'errore della direzione cronologica lineare tendente alla crescita, può essere intesa come una critica negativa all'ipotesi dell'evoluzione darwinista? Pensi che impostazione scientifica e darwinismo siano fortemente dipendenti e correlati?
RispondiEliminahttps://www.enzopennetta.it/2020/09/il-quarto-dominio-su-lorizzonte-degli-eventi/
RispondiEliminaIn questo post ci sono molti commenti che illustrano il mio punto di vista
Ok, ho dato uno sguardo all'interessante dibattito che hai suggerito, nel quale, i tuoi interventi rispondono chiaramente ed ampiamente alle mie domande, e sono orientati secondo il mio punto di vista.
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