giovedì 15 ottobre 2020

Introduzione al linguaggio del mito (Prima parte)

 Un metodo che analizza le cifre

    Oggi sappiamo, e se non l’avessimo ancora intuito non potremmo certo sottrarci alla possibilità di farlo, che i testi biblici  - al pari di altri, appartenenti ad altre religioni e culture - hanno subìto una lunga serie di modifiche rispetto ai contenuti  originali; ma forse non tutti sanno che il corpo  di reperti ascrivibile al ceppo più antico, fosse stato redatto in una lingua sprovvista di vocali. Viene così spontaneo domandarsi come mai gli scrittori del passato, nonché depositari di antiche conoscenze, avessero voluto conferire alle loro opere un  tal carattere di interpretabilità.

   Per il nostro modo di pensare, è difficile capire le loro ragioni, ma in linea di massima possiamo supporre che si preoccupassero in special modo che i loro sacri testi non finissero  contraffatti, completamente stravolti o, più sbrigativamente,  distrutti da una potenza coloniale che nelle epoche a venire avesse imposto la propria egemonia sul sacro suolo degli antenati. Comprensibili preoccupazioni per un popolo che nella storia ha quasi sempre vissuto sotto il giogo di sovranità straniere. Urgeva dunque garantire l’inviolabilità dei futuri reperti, per potervi nascondere i caratteri identitari della loro antica civiltà, sottoforma di precise informazioni scientifiche. Solo gli schiavi non hanno identità culturale, non hanno memoria di glorie e fasti trascorsi. Perdere l’identità di un popolo significava a quei tempi, quanto e più di oggi, essere condannati a un futuro di oppressione e di sfruttamento, non maturare cioè la concezione spirituale e fisica di libertà. Tuttavia, questo nostro lavoro - è bene ribadirlo fin da ora - non intende indagare nell’intimo di tali questioni, né fornire ulteriori analisi sulle possibilità, ma casomai offrire al lettore attento la presenza di correlazioni e di dati perfettamente verificabili rispetto a cosa  intendesse  nascondere nei testi l’antica classe sacerdotale giudaica.          Un fattore su cui si potrà discutere ancora a lungo, riguarda le motivazioni che hanno spinto la millenaria tradizione dei rabbini a  concepire  una lingua tanto instabile per tramandare dati e informazioni cruciali. Non possiamo esimerci dal pensare che a monte vi sia stata la volontà di utilizzare una tal versatilità linguistica per meglio  adattarla  alle esigenze (ideologiche) di futuri governanti, per distrarli dal proposito di disfarsi di materiale che rischiasse di compromettere i valori della loro civiltà o sminuire i ritrovati di una scienza  pregiudizialmente ritenuta superiore a quella di un popolo conquistato.

Per superare l’apparente contraddizione e affrontare simili quesiti, bisognerà  però soffermarsi su alcune nozioni.                                                                                                       Come detto, al principio i testi biblici furono redatti in forma consonantica, ovvero priva di vocali. Soltanto in un secondo momento essa venne stabilizzata dai traduttori attraverso un supporto vocalico, con un intervento sui significati che vennero conformati nel rispetto dei canoni di un preciso indirizzo religioso. Il codice di Leningrado permette ancora oggi di consultare la traduzione elaborata dalla scuola dei Masoreti di Tiberiade; tuttavia, anche le traduzioni più recenti, una volta finite nelle mani di scaltri regnanti, hanno mutato le antiche formule e spodestato i significati, depennando e scartando ampie porzioni di testo, secondo la logica strumentale di coloro che ne venivano in possesso. Si pensi alla Bibbia di re Giorgio o all’ uso che ne fece, appena pochi secoli fa, Enrico VIII.  Questo fatto non lo si può ignorare! E nessuno credo possa nemmeno obiettare nulla  rispetto al carattere di interpretabilità che l’ebraico antico, continua a manifestare.

                                            Numeri? Son sempre stato una schiappa in matematica

  Ciò potrebbe fornire un senso alla molteplicità di varianti narrative germogliate da quella prima radice del testo, un senso caro alla tradizione (qabbalistica), per la quale tale ricchezza di aspetti non costituiva un’ imperfezione ma una proprietà dovuta all’intercessione diretta del Dio unico, assunto come riferimento assoluto della sensibilità religiosa comunitaria. In parole povere, la tradizione rabbinica sembra voler ribadire che all’uomo comune non è dato conoscere tutti i significati della parola di Dio e forse, in piena coerenza con questa convinzione fideistica, i depositari dei principi e dei valori  religiosi, avrebbero deciso di rendere gran parte dei contenuti biblici altamente malleabili, mai definitivi.

L'accumulo di parole e testi non significa distanziarsi                                                dalla Verità ma dipanarla, aggiungere significato,                                                             arricchirla. Le fonti originarie servono allora come                                                         punto di partenza per una ri-narrazione. Ma proprio                                                       questa ri-narrazione deve esser vista come un atto di                                                        fedeltà ai modi della tradizione, un'operazione quasi                                             filologica di innesto in una trasmissione testuale in                                                             continuo divenire.                                                                                                                                                    Elena Loewenthal 

 Ai giorni nostri, però, questa duttilità del testo biblico, sembra aver generato speculazioni e fornito i necessari pretesti ad una nutrita schiera di spregiudicati esegeti nati dalla costola dello scrittore Zecharia Sitchin, i quali hanno cominciato a rivisitare le antiche scritture in senso realistico e letterale, proprio come l'azerbadzjiano aveva fatto con le tavolette dell'Enuma Elish. 



E così, anziché irrobustire le loro tesi attraverso un massiccio apporto di prove, costoro hanno preferito fertilizzare il campo delle congetture, già pesantemente coltivato da teologi e filosofi di ogni risma. Qualcuno aggiunge che siano stati incoraggiati soprattutto dai proventi editoriali garantiti da un filone di pensiero popolare ed estremamente redditizio che in fin dei conti si limitava a proporre solo un diverso approccio metodologico all’analisi dei testi, lasciando insoluti molti enigmi e incongruenze presenti nelle versioni dei dotti. Questo metodo, a ben vedere, si esime dal fornire verifiche, trincerandosi viceversa, dietro il discutibile paravento della libertà intellettuale, un principio cioè che prevede pari dignità per tutte le ipotesi che possono essere formulate intorno all’interpretazione di un qualsiasi brano composto da autori non più in vita, figuriamoci per quelli vissuti millenni addietro.  

   Le nostre ricerche si pongono in realtà, a debita distanza da questo modo di pensare ed operare, infatti, nel vasto corpo dei testi biblici abbiamo anzitutto cercato di porre in risalto la presenza di elementi (rimasti) invariati che riguardano soprattutto la parte numerica della Bibbia, dacché quella alfabetica non è mai stata immune dalle rivisitazioni di cui dicevamo poc'anzi. Non è un fatto opinabile, quindi, che i  manoscritti biblici contemplino al loro interno lunghe sequenze di cifre, sottoforma di elenchi, rapporti, liste di censimenti, registri di ricchezze in metalli preziosi o quantità di bestiame; mentre non tutti sarebbero disposti a sottoscrivere l’idea che, dietro ciascun numero, potesse essere stata celata una quantità  riconducibile senza margine d’errore (o con sorprendenti approssimazioni) alla durata di specifici fenomeni astronomici che all’epoca si pensavano sconosciuti.

  Dopo una ‘sparata’ del genere in molti - e non necessariamente iscritti ai circoli accademici più intransigenti - si sentirebbero in obbligo di porre alcune domande sulla possibilità che una conventicola di sacerdoti avesse nascosto per tanto tempo informazioni di carattere astronomico, e per di più, estremamente precise. Il fronte degli esperti è così sembrato dividersi di fronte alla questione della scientificità della Bibbia, alcuni supportandola interamente, spesso senza argomenti probatori, altri negandola.  Ed è proprio per fornire una prima risposta a tanto scetticismo, crediamo sia venuto il momento di proporre correlazioni facilmente verificabili al posto di semplici ipotesi. Non ci pare azzardato quindi affermare che, probabilmente, attraverso l’utilizzo di quantità numeriche ben definite, gli antichi redattori volessero creare un argine di contenimento alla possibilità di rivisitazione del testo alfabetico, lasciandone pressoché intatta una parte. Per quanto ne sappiamo,* le sequenze numeriche inserite nella Bibbia, non hanno subito alterazioni di sorta nel corso della storia (chiunque può verificare come le cifre siano sempre state riportate integralmente e quindi, tradotte di volta in volta sempre allo stesso modo). Solo i numeri, pertanto, nella loro accezione quantitativa, avrebbero ed hanno garantito nei millenni la funzione di veicolare dati e informazioni dettagliate, nonché suscettibili di aggiustamento (come mostra la leggera discrepanza fra dati e misure riportate in testi concepiti in epoche diverse).

fine prima parte


11 commenti:

  1. Esistono o sono esistite altre culture che redigono i loro documenti scritti in forma consonantica?

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  2. Manlio R16:16:00

    Spazio interessante. Fornisce molte risposte alle domande dei lettori sulla pagina facebook di M.Paleari.

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  3. Daniel15:29:00

    Ho visto la Pagina fb di Massimiliano Paleari e dei suoi seguaci. Gente che straparla per passare il tempo.Domande inutili che si possono risolvere con un click in rete. Penso che i tuoi sforzi, Blade, siano stati compiuti invano. Sordi che non vogliono sentire. Qualcuno però sembr sensibile alle tue proposte.

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  4. Anonimo17:32:00

    penso che Massimiliano Paleari sappia parlare alla gente mentre qui si segue soprattutto il proprio pensiero senza preoccuparsi tanto di chi legge. e poi se lì ci sono centinaia di interventi e qui un chiacchiericcio fra quattro gatti, un motivo dovrà pur esserci

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  5. Dorian il Grigio19:02:00

    Il motivo è che qui si introducono nuovi schemi e nuove idee, mentre la massa , come si sa, segue sempre il pensiero dominante quello che gli viene ficcato in testa dai burattini dello spettacolo e dei telegiornali, nel migliore dei casi, quando non dal gossip. 'Non curarti di loro', e prosegui per la tua strada Blade.

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  6. Rosso Tiziana16:01:00

    Negli ultimi due post sulla pagina face book di Massimiliano Paleari vi è una nutrita rappresentanza di quei numerosi lettori di cui avete decantato le lodi. Sono tanti è vero. E sono pure tanti ignorantoni patentati. Basta uno solo dei nostri post per zittirli tutti in un botto. Una cosa imbarazzante

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  7. Daniel16:27:00

    'decantato le lodi?' Immagino sia sarcasmo. L'accozzaglia di 'so tutto mi', di area bigliniana, antibigliniana, di alienisti e anticlericali, si dibatte forsennatamente. alla moltitudine di grandi esperti del nulla, capeggiata dall'orgoglioso Paleari, basterebbe consultare uno studio qualsiasi di archeoastronomi o di astronomi, per acquisire qualche nozione in più, per risollevarsi da quella abissale, stupida superbia che distingue ogni commento di quello spazio fb. La via per il successo è dunque facile facile. Basta lobotomizzarsi e sparare ogni cavolata che ti viene in mente, la partecipazione di un vasto pubblico è assicurata . Che tristezza... Quella pagina fb è uno specchio impietoso dei tempi. Molto meglio l'Italia analfabeta del dopo guerra, umile, laboriosa e consapevole. Ecco che succede a far studiare le scimmie e poi mettergli pure una tastiera fra le mani.

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  8. Rosso Tiziano16:39:00

    E l'anonimo dov'è finito?

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  9. Rosso Tiziana17:39:00

    Non ho resistito a commentare così, su quel post: "Se poi leggi questo post (riferito all'interlocutore Pier Tulip), l'analogia col VT si riduce ai numeri, il dieci, il quaranta. Si omette di scrivere però, che anche altre culture arcaiche hanno lasciato testimonianza di cifre simili, anzi identiche, non per plagio ma più specificamente perché il linguaggio mitico degli antichi si rifaceva all'astronomia , alle misure dei cicli cosmici. La questione dovrebbe riguardare, semmai, i motivi che hanno indotto gli antichi a riportare quei numeri e la maggior sorpresa, rifiutata dalla scienza tradizionale (in conflitto con l'archeoastronomia) , riguarda la possibilità che li avessero potuti rilevare da soli, senza alieni. Allora Matteo avrebbe attinto anche da Noè (Genesi),o forse prima dell'evangelista, già Mosè avrebbe tirato una sbirciatina alla Genesi. I quaranta giorni del diluvio e il richiamo, ancora una volta, al passaggio nell'acqua, sono elementi che ricorrono nella Bibbia come in altri testi sacri (l'epopea di Gilgames, ad esempio). Quella dei dieci miracoli poi... Secondo quale conteggio risultavano esattamente dieci? Questa non la sapevo proprio! Davvero imbarazzante leggere queste cose

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  10. Dorian il Grigio03:43:00

    Fiato sprecato Rosso Tiziana, non ci sono i mezzi per rispondere alle tue domande o per capire le tue parole. In quella pagina face book il livello è quello. Anche il fatto che Paleari non risponda mai a quesiti di questo genere significa che non ne sa nulla. Quel che pensa l'ha scritto e ci sono parecchi sprovveduti pronti a seguirlo.

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  11. Non mi pronunciò, però ricordate che chi la pensa diversamente è una ricchezza, non va demonizzato.

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