martedì 16 gennaio 2024

Lezione sulla meccanica aristotelica (Seconda parte)

 Concetti di Fisica


   I capisaldi della meccanica classica sono stati dettati da Descartes, da Galileo e da Newton. 
Principio d' inerzia (Descartes)
Un corpo su cui non agisce alcuna forza se è in quiete rimane in quiete, se è in moto continua invece a muoversi con moto rettilineo uniforme. 

Legge della dinamica(Newton)
F=ma

  Per Galileo la presente legge della dinamica risulta valida solo se il corpo è immerso nel vuoto, ovvero, se lo spazio non presenta impedimenti di vario genere (a patto che si difalchino gli impedimenti. Osserviamo però che nel moto naturale, i fenomeni cioè che si svolgono sulla terra, la condizione di vuoto non è reale, bensì, solo teorica. L legge della dinamica newtoniana è allora un concetto metafisico. Secondo questa legge un corpo  ,secondo la sua massa, si muove nello spazio con accelerazione proporzionale a F.

La prima osservazione da fare rispetto a queste due leggi è che non possono essere unificate in una sola. Entrambe infatti si fondano su un  principio metafisico , dacché in natura una forma di attrito è sempre presente e non può essere eliminata, sia che si tratti di un'altra forza interagente col sistema, come la gravità, si che si tratti della resistenza dell' aria (Cioè dell' attrito). Le condizione necessarie alla loro verifica sperimentale non possono essere che ipotetiche, e lo erano specialmente in passato, quando non si conoscevano procedure per eliminare in laboratorio tali influssi ambientali . Il principio di inerzia cartesiano troverebbe perciò la sua conferma solo ottenendo sperimentalmente uno spazio completamente vuoto, una condizione dunque, sconosciuta agli antichi filosofi greci. In quello spazio idealmente concepito, è bene ricordarlo, anche l' osservatore perturba con la su presenza gli elementi e il loro movimento. Tale condizione metafisica, è pertanto irrealizzabile in un ambiente naturale. Analogamente, anche le legge della dinamica newtoniana presuppone una situazione estrema, e quindi senza alcun impedimento o attrito, che nella natura fisica non è possibile eliminare [13:49]. Le due leggi sono pertanto leggi ideali ma non reali, le quali derivano da condizioni che, come avverte Galileo, devono sussistere senza impedimenti, ostacoli, o attriti.  "Anche quando la geometria definisce figure regolari - Aggiunge Israel - non rappresenta figure naturali, in quanto in natura, seppure in essa sussistono forme simili a figure geometriche regolari, la regolarità spaziale o temporale di fatto non esiste. Si tratta allora di principi astratti che possono essere riprodotti sperimentalmente qualora vengano eliminati gli ostacoli presenti in natura."
Aristotele invece non 'defalca' nulla, [15:49], poiché gli elementi che disturbano la sperimentazione umana, sono parte integrante (non eludibile) del mondo fisico, e si presentano così come li percepiamo, ragion per cui essi vanno inclusi e non estratti dalla sperimentazione. Aristotele si rivela così un empirista puro, infatti egli si limita a riportare solo ciò che osserva evitando di formulare leggi di carattere astratto. Il suo punto di vista si allontana dunque da quello della meccanica classica, la quale propone leggi (Come F=ma) ideali che servono a prevedere l'andamento di particolari fenomeni fisici.
   [17:13] Secondo quanto abbiamo visto finora, a differenza della meccanica aristotelica, la meccanica  classica ha un carattere essenzialmente quantitativo. Rispetto al concetto di materia, dunque, la meccanica classica è intimamente legata al ruolo dei parametri spaziali, ovvero, alla forma. Notiamo invece, che in Aristotele il movimento (oggetto della meccanica propriamente detta, significa soprattutto cambiamento. Non è questo un aspetto facile da capire in quanto noi 'moderni' riduciamo tutto alla quantità. Per noi, e perciò, per i fisici della nostra epoca, il movimento è dato dallo spostamento di un corpo da un punto ad un altro, entro un tempo specifico, e quindi, con una determinata velocità e accelerazione. Si tratta pertanto di aspetti spaziali e temporali del movimento, ma per Aristotele questi non sono che un solo aspetto del movimento visto che, per lui, il concetto di moto è dato preferenzialmente al concetto di modificazione. Ad esempio è movimento la profonda mutazione di un seme che diventa progressivamente e attraverso passaggi complessi, una mela, quindi un oggetto di forma e qualità molto differenti. Tutto ciò che si trasforma per Aristotele è in movimento e dunque questo sarebbe l'oggetto di studio della meccanica. 

La struttura della materia.

 Aristotele riguardo la struttura della materia ricalca le posizioni di Empedocle il cui pensiero filosofico ha tenuto banco in occidente, per quasi duemila anni. Secondo questi pensatori la materia è costituita da quattro elementi fondamentali [ 20: 46 ]: acqua, terra , aria e fuoco. Aristotele ripropone questa classificazione secondo la presente versione e prospettiva: i quattro elementi fondamentali devono essere percepiti con i sensi, ma soprattutto devono essere 'attivi' cioè capaci di determinare mutamenti di tipo qualitativo. Essi devono inoltre formare coppie di opposti a secondo della loro combinazione con altre quattro qualità primarie: caldo, freddo, umido e secco ( C F U S ). Ognuno degli elementi fondamentali della Natura si contraddistingue secondo l'accoppiamento con le già citate qualità primarie, dimodoché la Terra sia caratterizzata da secco + freddo; l'aria da umido + caldo; l'acqua da freddo+ umido e il fuoco da caldo + secco. 
Per tenerci in linea con la classificazione aristotelica, occorre dire che i quattro elementi fondamentali non sono immutabili, ma si possono trasformare l'uno nell'altro attraverso il cambiamento di una delle qualità primarie con l'opposta, o anche di entrambe. 

La mutabilità degli elementi fisici fondamentali mostra la differenza fra l'approccio filosofico degli atomisti come Democrito, o Leucippo, i quali cercano invece un elemento base della materia che ad un certo punto non può più essere scomposto in frazioni minori e pertanto che risulti immutabile, il che  riduce ogni processo di cambiamento a fattori puramente quantitativi [22: 34]. Ciò presuppone che la sostanza principale costituente della materia, una volta suddivisa in elementi infinitesimali, perda la sua forma macroscopica, cioè le sue caratteristiche qualitative originarie (Minima Naturalia).  Su questo punto però, Aristotele si mostra un po' vago pur ammettendo la possibilità di una suddivisione estrema della materia. 

Moti naturali e moti violenti                                                                                             

   Abbiamo già visto come la pensava Aristotele rispetto l'armonia del mondo che poteva trovarsi esclusivamente nei cicli ordinati dei pianeti al di sopra della sfera lunare. Sotto, tutto si faceva invece mutabile e caotico. In questo spazio sub-lunare troviamo i moti naturali e i moti violenti. Un sasso in caduta libera rappresenta un moto naturale e regolare che segue una traiettoria in linea retta. Questi modi riguardano terra e acqua che sono corpi pesanti. I gas e i vapori, all'opposto, seguono traiettorie meno regolari e tendono sempre all'alto. 

   I moti violenti sono determinati da influssi esterni. Si dicono ad esempio 'moti volenti' il lancio di una pietra o di una freccia. Questi movimenti seguono traiettorie irregolari e non classificabili come 'naturali', o spontanei. Per Aristotele la causa che determina i moti violenti è detta 'motore' o agente. E' tuttavia la meccanica newtoniana a introdurre il concetto di 'azione a distanza' [ 26: 46 ]. Per lungo tempo questo tipo di concezione non veniva insegnata nelle scuole perché si diceva portasse alla magia e al misticismo essendo stato Newton, oltre che scienziato, anche un occultista e un cabbalista. Aristotele sostiene altresì, che occorre dare una spiegazione razionale al movimento indicando quale sia il motore, o agente, del corpo in movimento. Paradossalmente , proprio perché abbiamo affermato che il concetto di movimento nella meccanica aristotelica riguarda anche gli esseri animati (il cui motore è costituito dall'anima stessa , principio vitale e al contempo principio di movimento), i moti naturali appaiono molto più difficili da spiegare. In questi fenomeni l'energia che provoca un movimento/cambiamento che non può essere un motore a distanza, dunque, per Aristotele,  le cause del moto naturale vengono identificate nella struttura stessa della materia, dal peso dei corpi. La pesantezza o la leggerezza  dei corpi determina allora i moti naturali per effetti dei quali, i corpi stessi precipitano. In questo senso terra e fuoco sono elementi estremi, e perciò se la terra più pesante tende a muoversi verso il basso, il fuoco che è il suo opposto, tenderà verso l'alto. In pratica il motore, o agente, dei corpi di terra e dell'acqua è il loro peso. Ovviamente aria e fuoco non avendo peso ma essendo caratterizzati da leggerezza tenderanno verso l'alto. Da ciò si evince che senza ostacoli di vario genere,  ogni corpo prenderà a disporsi secondo un ordine stratificato di forma sferica; ed infatti l'universo risulterà , nella cosmologia aristotelica, ordinato nel seguente modo: 
al centro gravita il pianeta terra , circondato dalla sfera delle acque e, successivamente, da quella dell'aria. Oltre queste sfere vi è quel mondo super-lunare costituito da sole e stelle (Fuoco) e ciò sembra fornire una motivazione al movimento dei corpi. La circolarità della terra è così sviluppata e spiegata dal filosofo greco. 
Torniamo adesso ai moti naturali. Abbiamo visto che le cose siano alquanto più complesse di quanto non appaiano a prima vista [32:25 ]. Se è vero , quindi, che un corpo pesante va verso il basso e uno leggero verso l'alto, diventa difficile capire da cosa, un corpo, è mantenuto in movimento dato che è necessaria la presenza di un motore congiunto. Senza addentrarsi in particolari, Aristotele afferma che il motore è dato dalla causa generante il grave che ha impresso nella materia la sua forma e che, pertanto, ha generato tutti gli accidenti ad esso associati. Questa spiegazione non ci è sembrata molto chiara, di questa opinione è anche il professor Israel, tuttavia Aristotele aggiunge anche qualcosa di quantitativo riguardo la caduta dei gravi. Egli propende per la tesi secondo la quale, la velocità media (Si intende la velocità media rispetto a una data distanza percorsa dal corpo) è proporzionale al peso del corpo in questione, e inversamente proporzionale alla densità del mezzo (immaginiamo l'acqua o l'aria) , cioè la resistenza che si oppone al moto (Prima legge). A ben vedere, queste sono nozioni qualitative piuttosto che quantitative, difatti Aristotele non propone alcun tipo di formula. 

Moti violenti

Nei moti violenti la questione si pone in maniera meno complicata, in quanto la causa del moto è data dall'azione di chi lo lancia, il quale in pratica  interviene in modo 'violento' su un moto altrimenti naturale. In questi casi si distinguono due tipi di moto: uno che agisce costantemente su un corpo, o un moto generato dalla spinta iniziale che poi esaurisce progressivamente la sua energia. La maggior parte dei casi riguarda questa seconda categoria di quei fenomeni chiamati da Aristotele, 'moti violenti'. Come abbiamo potuto constatare egli si attiene alla spiegazione in senso qualitativo e fa riferimento alla qualità della virtù moventes (virtù del movimento) e non agli aspetti quantitativi (Formule o altro). 
Aristotele enuncia dunque la seguente legge sulla dinamica dei moti violenti: una forza costante impartisce al corpo su cui agisce un movimento uniforme - la cui velocità e direttamente proporzionale alla forza impressa e inversamente proporzionale al peso del corpo [ 40:00 ]. 
Esaminiamo adesso le due leggi senza applicare però i termini della cultura quantitativa da cui proveniamo  e  con cui siamo stati nutriti fin dalla prima infanzia; come ha spiegato Thomas Kuhn, Aristotele non ricorre mai alle formule o ad alcun tipo di quantificazione.

Continua - la terza ed ultima parte verrà pubblicata fra due settimane. 

2 commenti:

  1. Chiedo scusa per l'off-topic. Tornando però alle questioni sollevate sull'Apocalisse (E' sparito il commentario?) credo si debba prendere in considerazione le sette chiese non solo come i sette tempi , ma anche come i sette pianeti. Che ne pensi?

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  2. Sì, scusa il ritardo della replica: cause di forze influenzali.
    Ho eliminato il post e il suo commentario, congelando tutto in attesa di ulteriori sviluppi sul concetto delle chiese come i pianeti (Cinque + Sole e Luna). Ho elaborato una mia interpretazione ma aspetto mi ponga tu di fronte a qualcosa di ben meditato.

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