Gent e paziente Professor Rosaci posso permettermi di disturbarla ancora? A quanto sembra, questa nostra corrispondenza ha il merito di catalizzare l'interesse di molti lettori e perciò mi perdoni se insisto nel sottoporle un contributo al quale spero vivamente possa e voglia dedicare qualche riga di commento , possibilmente nello spazio apposito sul blog , ma anche via mail, se preferisce.
Il post pone questioni che , sono sicuro, non avrà difficoltà a padroneggiare nella maniera che ci affascina e ci avvicina sensibilmente ai temi che solo Lei ha saputo affrontare in misura tanto limpida e precisa. Vorrei ringraziarLa anche a nome dei più affezionati lettori di questo blog. Se potrà e vorrà replicare ci farà un grande regalo, altrimenti nulla cambia nella stima per il suo lavoro
f.a,
Gentile Fabio
Non mi disturba affatto con le sue domande, semplicemente sui quesiti che pone non trovo molto altro da aggiungere rispetto a quanto le ho già detto.
Che gli uomini arcaici si interessassero al Cielo e ai suoi fenomeni è indiscutibile, così come è altrettanto indiscutibile che molti archetipi fondamentali di Homo Sapiens, come ad esempio quello dell'Eterno Ritorno, si siano formati osservando il Cielo e i suoi fenomeni periodici.
Ciò non può però affatto farci credere che Homo Sapiens, in epoca preistorica, conducesse osservazioni scientifiche. La Scienza, nel senso del misurare, creare modelli e fare esperimenti, è nata in epoca storica,non ai tempi di Gobleki Tepe e nemmeno in quelli dell'Antico Egitto. Ciò non vuol dire, si badi bene, che in quelle epoche remote gli uomini non possedessero conoscenze astronomiche. E' dimostrato invece che ne possedessero diverse, quali ad esempio quelle relative agli equinozi e ai solstizi, alla periodicità solare e lunare, ai cicli dei pianeti visibili, e molte rappresentazioni simboliche erano legate proprio a queste conoscenze, come ad esempio il significato dei numeri 12 (numero di lune nuove contenute nell'anno solare) e 13 (mese aggiuntivo per far quadrare la ciclicità).
Ma anzitutto queste conoscenze non erano da considerarsi "scientifiche", perché è assodato che gli antichi non elaborassero alcun modello per spiegare meccanicisticamente i fenomeni, né che facessero esperimenti per validare modelli. Si trattava di conoscenze empiriche che venivano simbolizzate e sacralizzate e non, come facciamo noi moderni, matematizzate.
Perciò non esiste alcuna possibilità che all'epoca di Gobleki Tepe, 11.000 anni or sono, ma nemmeno all'epoca della Bibbia Ebraica, si possedesse conoscenza di fenomeni astronomici sofisticati come quello della precessione degli equinozi, che sarà scoperto successivamente, con lo sviluppo di una mentalità scientifica.
Tenga poi conto che non si possono mettere in un unico calderone culturale epoche tra loro lontanissime come quella in cui fu costruita Gobleki Tepe e quella in cui fu scritta la Bibbia Ebraica, distanti tra loro quasi 10 millenni. L'epoca in cui si scrisse il Tanakh è un'epoca storica, non preistorica, e la mentalità scientifica all'epoca stava già sorgendo in varie parti del mondo, tra cui in quella Mesopotamia della cultura babilonese con la quale gli Ebrei vennero in contatto ai tempi in cui redassero il Tanakh.
Non si stupisca quindi di trovare qualche riferimento astronomico in testi come il Tanakh o l'Avesta, ma non ci veda ciò che non esiste, cioè l'anticipazione di conoscenze scientifiche sofisticate supportate da una mentalità scientifica che all'epoca era appena in formazione nel mondo ebraico. Meno che meno, non veda nello zoomorfismo della religione egizia l'ispirazione a "figure celesti", semmai fu l'esatto opposto: gli antichi osservatori dei cieli, guardando le costellazioni, immaginarono di vederci quelle figure animali che già avevano adottato come archetipi.
La rappresentazione che gli uomini arcaici avevano del mondo non era scientifica, finalizzata alla comprensione dei fenomeni materiali, ma era puramente immaginifica e sacrale, e ciò che i miti raccontano non si riferisce a eventi storicamente accaduti o a fenomeni misurati, ma a ciò che quegli uomini avevano e provavano "dentro" e non "fuori". Loro semplicemente pensavano che "fuori" è come "dentro", che la Natura è Una sola e quindi non si ponevano proprio il problema di misurare un "fuori" che per loro nemmeno esisteva. La distinzione tra fuori e dentro si sviluppò solo gradualmente, iniziò 40.000 anni fa ma noi abbiamo la prova che si sia evoluta in una mentalità scientifica non prima del VI-V secolo a.C. , epoca in cui apparve in qualche parte del mondo qualche esempio di "razionalità scientifica". Ciò non vuol dire, si badi bene, che non fossero state già sviluppate in epoche precedenti conoscenze propedeutiche allo sviluppo di una mentalità scientifica. I Sumeri sapevano certamente far di conto già nel 4000 a.c. e nel papiro Rhind, che risale al 1500 a.C. , troviamo esempi di ragionamenti matematici e geometrici. Ma da nessuna parte troviamo prove, prima del VI secolo a.C. , di una visione "scientifica" del mondo, di un tentativo di comprenderne "meccanicamente" il funzionamento.
Papiro RhindI numeri che appaiono nei testi sacri, che si ripetano o meno, non significano scientificamente nulla. la conoscenza scientifica appare solo quando ci troviamo di fronte a ragionamenti logici, deduzioni causali, non quando troviamo numeri che ci sembrano "prove" di qualcosa a cui semplicemente vorremmo credere ma a cui dovremmo renderci conto che non abbiamo nessun motivo di credere. Non solo non esiste alcun fondamento di credere che in epoca arcaica si usassero i numeri per rappresentare fenomeni fisici sofisticati come la precessione degli equinozi, ma non esiste nessun motivo per crederlo, che non sia il nostro Ego. Gli esseri umani arcaici avevano una psiche diversa dalla nostra, molto meno dotata di egoicità, e ciò impediva loro di sentirsi distinti e separati dagli enti fisici. E se non ti senti separato dalla Natura, egoicamente, non puoi provare il desiderio di misurarla e di considerarla un fenomeno meccanico. Non è proprio possibile.
Un caro saluto.
Domenico Rosaci.
Mi permetto di far notare come l'ultima affermazione del competentissimo professore Rosaci possa avere due teste, nel senso che essa può esser valutata e interpretata in modo diametralmente opposto. Difatti l'uomo integrato nella natura deve pur mangiare e vivere in essa. Ma per farlo, cioè per cacciare, così come per coltivare la terra l'uomo deve aver cominciato a misurare e analizzare quella natura di cui pur facendone parte, doveva cibarsi. Io credo infatti che l'uomo integrato con la natura abbia cominciato a vederla come un fenomeno prevedibile, perché doveva pur mangiare e se non prevedeva, cioè , se non misurava non mangiava . Egli era obbligato a seguire i cicli migratori degli animali, studiare scientificamente i loro comportamenti per prevenirli e poterli cacciare, quindi nutrirsene. Stesso dicasi per la natura agricola o quella dei frutti spontanei, anche essi dipendenti dal cielo dal sole che quindi dovevano , anch'essi essere misurati. Insomma caro Painnet Blade, credo che l'affermazione del valente professore non confermi nulla, sarebbe benissimo possibile un inizio della fase scientifico-misuratoria dell'umanità e quindi anche quella della misurazione dei cieli, in un periodo ben precedente al 600- 700 o forse già 2 o tremila anni prima di Cristo furono effettuate le prime rilevazioni.
RispondiEliminaConcludo questo mio intervento con tanti auguri di buon Natale a tutti.
Buono il tuo ragionamento, Anonimo. Sul piano logico regge. Però, per eventuali datazioni bisogna attenersi anche ai reperti. Auguroni anche a te.
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