domenica 27 ottobre 2024

 


 a ringrazio Prof. Domenico Rosaci, per la Sua cortese e paziente disponibilità. Forse non è molto interessato alle mie argomentazioni, La vedo infatti molto convinto nell'affermare che i significati di questi numeri (quelli presenti in gran quantità nei testi biblici) "non hanno nulla a che fare con fenomeni fisici complessi come la precessione degli equinozi". Mi permetta , gentile Professore, di motivare il mio dissenso.

    Lei dice anche che l'uomo antico ' non aveva ancora sviluppato il bisogno di possedere  la natura , ovvero, egli  non si avvicinava  alla Natura   per carpire i segreti   della realtà. Piuttosto - afferma ancora - , l'uomo antico elaborava immagini'. 

 Immagini archetipiche, della caccia, dei temporali (che ispirano terrore) , dell'amore, possedute dalla collettività proprio perché la sopravvivenza stessa delle comunità umane ancora grossolanamente organizzate, dipendeva  dal comune senso di intendere il mondo, la vita. Eppure, ad un preciso  punto della storia umana, specie in epoca ellenica, sembra che una casta di eruditi avesse cominciato  a esprimere e calcolare  misure dei fenomeni fisici  naturali  e la conseguente osservazione codificata delle dinamiche della realtà, delle dinamiche degli astri, in particolar modo.

     Di certo non sbaglia quando sostiene che già ai tempi del sito di Gobleki Tepe, l'umanità utilizzasse il mito come rappresentazione di immagini archetipiche; non si può ignorare tuttavia come, proprio su quel sito, sono stati rinvenuti  graffiti che gli studiosi concordano unanimemente nel riconoscere come raffigurazioni della stella Deneb, astro della costellazione del Cigno. Strana coincidenza ! Fra migliaia di possibilità quelle popolazioni sembravano infatti preferenzialmente ed intimamente affezionati a un astro che appariva nel cielo meno mobile di tutti gli altri , ed anzi che intorno ad esso ruotassero addirittura tutti gli altri corpi luminosi, l'intero cielo  si potrebbe dire. Allora l'umanità, già dieci-undicimila anni fa, qualche rapporto con l'astronomia doveva avercelo. E questo rapporto doveva già essere bello stretto, irrinunciabile.

   Altrettanto curioso è ritrovare nelle rappresentazioni di svariate culture, il bestiario  di  un giardino zoologico stellare che comprendesse nomi di animali appartenuti da tempi remoti a costellazioni. Si pensi all' Apocalisse di Giovanni, o ai reperti dei culti mitraici, dove compaiono scene che raffigurano animali particolarmente significativi, ma  solo come costellazioni. 

    E lo stesso si può dire del pantheon egizio, coi suoi tori, i suoi sciacalli (cani), le  pantere e i falchi , tutti ed in egual misura riconoscibili come figure astrali. Talvolta come costellazioni importanti, solo perché centrali/assiali. Ma su ciò è stato scritto tanto, non vorrei soffermarmi ulteriormente, anche perché in questo nostro scambio io ho parlato più specificatamente di numeri. A quanto sembra, Lei nega  che tali numeri avessero un rapporto diretto con l'astronomia, e forse ha ragione, ma solo fino ad un certo punto, ad una certa e lontana epoca; in seguito le cose debbono essere cambiate nel modo di intendere la conoscenza, o forse questa conoscenza (come mappatura celeste) ha comportato un qualche vantaggio sul piano del potere, del mantenimento del potere. Non entriamo in queste speculazioni, però. Ci sarà modo, eventualmente più avanti e se le farà piacere, di proseguire questa chiacchierata. 

Dicevamo dunque, e vado a concludere, che secondo Lei non vi sono prove che gli antichi misurassero i movimenti del cielo notturno; bene. Ma se trovasse in più libri della Bibbia gli stessi identici numeri (molti numeri, in realtà) , e se, in virtù della loro sorprendente approssimazione con quelli rilevati attualmente, tali numeri fossero riconducibili senza dubbio (in virtù della loro ripetizione e precisione, si è detto) a complessi fenomeni astrali, (come il moto di precessione degli equinozi),  sarebbe disposto a rivedere questa sua ferma convinzione? Vede, queste evidenti correlazioni, potrebbero estendere e ricollegarsi coerentemente alle sue osservazioni molto pertinenti sul significato del mito. Potrebbero in fondo fornire delle risposte a quel bagaglio non indifferente di rapporti cifrati presenti non solo nei libri biblici, ma nei testi sacri di molte culture, a cominciare da quella di Gobleki Tepe (Ad oggi mi sembra siano stati scoperti altri siti altrettanto antichi). 

     In conclusione, chiedendole perdono per la prolissità di questo mio intervento, ritiene che le età dei patriarchi antidiluviani vogliano favoleggiare su una razza umana particolarmente longeva o può spingersi a pensare che dietro quelle cifre , anziché di età si parlasse nientemeno che dell' universo? La sorprenderebbe pensare che le stesse cifre siano perfettamente sovrapponibili a quelle rilevate nel  Libro dei Numeri?

 E infine: ha mai provato a comporre come un'equazione il semplice testo del Salmo 90? Quello dei 'mille anni come un giorno e (quella 'e' starebbe magnificamente come un +) un turno di guardia (In certi testi di 'veglia': sempre quantità uguale a quattro ore solari) nella notte.?' La sorprenderebbe rilevare ancora una volta che la  soluzione riporta inequivocabilmente al ciclo della precessione degli equinozi?

     Le ho rammentato solo tre fra i numerosi casi da noi rilevati. Non so se ho intaccato la sua iniziale affermazione, Gentile Professor Rosaci, o se queste mie chiacchiere non smuoveranno di un pelo le sue idee, tuttavia, qualora rimanesse perfettamente stabile sulla sua tesi, dovrebbe ammettere che , stando a quanto scrive, tutti i numeri della Bibbia, sarebbero soltanto inutili complicazioni di autori farneticanti che non sapevano come passare il tempo. Viceversa, io credo che le sue corrette considerazioni sul significato del mito arcaico trovassero decisa e inconfutabile conferma nei numeri e  nell'astronomia fisica appannaggio di quelle popolazioni e che attraverso di essa costoro cercassero di fornire un preciso avallo, diciamo un aggancio solido, a questioni altrimenti manipolabili e facilmente interpretabili a seconda della convenienza.  Proprio come sta avvenendo in questo frangente storico (Interpretazioni senza senso, scrive giustamente).  Timeo, maestro di saggezza, non era forse astronomo? Perché nell'Epimonide, in riferimento alla conoscenza e alla saggezza ,  si parla ancora di numero e astronomia/astrologia, anziché di valori morali e 'santità'? POi c'è il discorso sulla Conoscenza, profondo , antichissimo e perfettamente coerente ovunque lo si voglia applicare. Ok, ma è possibile che questo codice e indirizzo morale trovasse, da un certo momento in poi, la necessità di essere ben ancorato a qualcosa di non interpretabile, a qualcosa di fisicamente immutabile come i cicli degli astri, dei pianeti (stelle erranti) del sole e della luna? 


                                                                                     - continua 


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